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A Sciambere del Piazzale De Laugier

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 20 maggio 2010

Piazzale de Laugier in uno dei rari giorni sereni di questa primavera 2010 “bacata”: va in scena uno spettacolare tramonto per pochi intimi: Noemi della Cooperativa Beniamino che ha tenuto aperto il “Caffè degli Artisti”, Sabrina di Hallocinema che accoglie i visitatori della (bella) mostra nella Sala San Salvatore con gli ultimi “clienti” della giornata catturati dalla struggente bellezza di quella “piazza pensile” di calcare lucente collocata quasi in volo sul centro storico di Cosmopoli; c’è il tempo per un pigro bicchiere di vino e per riflettere sul silenzio che si stende dalla piazza alle scalinate sottostanti alle strette vie che la circondano. E ci ritroviamo a raccontare di un tempo che pare lontanissimo, ma che in realtà storicamente non lo è, nel quale alla stessa ora quel piazzale identicamente si svuotava sì, ma dopo aver ospitato interminabili partite a calcetto (tre corner = rigore), e di una inesauribile “bastardaia” di ragazzi che sciamava per la cena verso le case vive, con le persiane schiuse, di quella che non era ancora la spenta e triste Mortoferraio imbalsamata, gigantesco residence estivo che si imbelletta alla meglio per la stagione: il vuoto assediato da ex ubertose campagne diventate quartieri dormitorio e centri commerciali di stile padano da conato di vomito, in attesa dell’ultimo assalto alle coste mentre già la Gattaia postmoderna si appiccica oscena alle Fortezze, dopo che è stata giustiziata con il capannone ex-ATL una delle ultime testimonianze architettoniche della Portoferraio industriale. Parafrasando quel che in Roma si diceva per stigmatizzare la disinvoltura urbanistica di una famiglia papale “Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini” forse tra qualche decennio si potrà dire “Quod non fecit Kair ed Din fecit Lutetia gens”, in un latino un po’ maccheronico (quello che non fece il Barbarossa lo fecero i Parigini) ma efficace, e a Mortoferraio sempre più spappolata urbanisticamente e trapassata, neanche ci saranno dei goliardi beffardi a cantare qualcosa che somigli a “fondata dagli avi, difesa con lotta, straziata dea Ailotta, col suo grattaciel”. Ma sì, vendiamoci tutto, dal Palazzo Coppedè a prezzo di realizzo ai residui di fierezza ferajese, anzi mettiamo all’incanto pure la De Laugier col suo piazzale svuotato, si troverà certamente qualche ladro di stato, qualche riciclatore, qualche ipermafioso, qualche esportatore di capitali, qualche pidduista o qualche altro tipo di danaroso pezzo di merda che la rilevi, ne faccia esclusivo uso ereditando pure i quarti di nobiltà del luogo. Noi residui della Città di Cosimo, dopo aver incassato, potremo trasferirci in massa sul Water Front, mescolandoci con i magnati russi prossimi venturi allo Yachting Club di San Giovanni, sorseggiando un Martini nel quale, in luogo dell’olivetta, sarà servita un’acciuga fresca proveniente dal sottostante mercato del pèsce (con la “è” aperta, come si conviene a chi intende rinnegare tra le sue radici perfino quelle linguistiche)


de laugier

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