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Usura ed estortsione all'Elba: i Carabinieri arrestano 4 persone

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 21 marzo 2010

Un noto costruttore elbano era finito nelle mani degli usurai: questa l’informazione con cui i Carabinieri dell’Aliquota Operativa della Compagnia Carabinieri di Portoferraio hanno iniziato le loro indagini, arrivando, il 18 gennaio 2010, a denunciare in stato d’arresto per usura ed estorsione, un altro impresario edile di origine napoletane da anni insediatosi all’Isola d’Elba e che attualmente si trova sottoposto al regime di custodia cautelare in carcere a Livorno. Ieri, la svolta decisiva che ha posto fine all’attività d’indagine dei Carabinieri elbani. I militari dell’Aliquota Operativa dell’Isola d’Elba, in collaborazione con i Carabinieri della Tenenza Carabinieri di Cercola, hanno infatti eseguito 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere, disposte per tre soggetti che vivono nell’area del napoletano, oltre ad un’ordinanza di misura cautelare degli arresti domiciliari, per il figlio dell’imprenditore/usuraio. Tutto era cominciato a seguito di un momento di difficoltà economica della sua azienda edile, legato anche al momento di crisi che pure all’isola d’Elba è stato avvertito, e che ha portato il titolare di una delle più grosse aziende elbane di costruzione edile a doversi rivolgere al mercato nero del denaro per tentare di mantenere a galla i propri affari. Il dramma del commercio, diviso tra pagamenti effettuati sempre in ritardo con notevoli difficoltà ad incassare le somme dovute per lavori già conclusi e dall’altra parte il bisogno di pagare i fornitori, che chiedevano garanzie per i materiali consegnati e i dipendenti, che a fine mese volevano vedere, giustamente, corrisposto lo stipendio, ha costretto l’imprenditore a rivolgersi a quello che credeva essere un amico e collega, chiedendo un aiuto concreto per avere alla svelta circa 200.000 Euro e risolvere così tante situazioni problematiche. I patti però erano chiari sin dall’inizio: il prestito sarebbe stato accordato, ma a condizione che fino a quando il debitore non sarebbe stato in grado di restituire in un’unica soluzione l’intera somma di denaro, avrebbe dovuto versare poco meno di 15.000 Euro al mese, che a tutti gli effetti venivano considerati solo come interessi mensili. Il calcolo è presto fatto: alla fine di due anni di “pagamenti” la somma restituita ha praticamente raddoppiato il capitale ricevuto, ma tale esorbitante quantità di soldi non azzerava il debito iniziale, che restava ancora completamente sulle spalle della vittima. L’unico modo per liberarsi da questo incubo era quello di trovare il modo per restituire in un’unica soluzione quanto preteso, ma la fine sembrava non arrivare mai, anche perché con tali ingenti uscite di denaro le difficoltà economiche aumentavano di giorno in giorno e il destino dell’azienda era sempre più segnato. Anche l’usuraio aveva però percepito i problemi che la sua vittima stava incontrando, vedendo infatti arrivare il pagamento degli interessi sempre più in ritardo: per tale ragione erano cominciate a fioccare le prime intimidazioni. Che hanno assunto un tono più cupo quando il flusso di denaro si è interrotto definitivamente, non potendo più l’imprenditore far fronte agli onerosi e iniqui impegni. La paventata presenza di gruppi di persone del sud Italia che sarebbero state all’origine del “prestito” e che volevano indietro i loro soldi, nonostante le cifre già ricevute quale interesse, era la costante pressione esercitata sull’imprenditore elbano, che vedeva minacciata la sua famiglia e i suoi beni. Fortunatamente i Carabinieri dell’Aliquota Operativa di Portoferraio avevano già avviato un’intensa attività informativa per scongiurare la veridicità delle voci che ormai si erano sparse nel settore, ovvero che qualcuno era “finito sotto usura” per opera di un gruppo meridionale. I militari hanno infatti avvicinato la vittima, che dopo un primo momento di paura ed imbarazzo, non ha potuto fare altro che accettare l’aiuto dell’Arma. Sono a quel punto bastati un paio di incontri tra la vittima e l’usuraio, monitorati dai Carabinieri e immortalati da un piccolo registratore portatile, per fornire gli elementi necessari a far scattare la trappola finale. Al successivo incontro l’imprenditore ha, infatti, consegnato al suo “creditore” un assegno in restituzione della somma originariamente prestata e mentre quest’ultimo si recava in banca per porlo all’incasso, sono intervenuti i Carabinieri dell’Aliquota Operativa che lo hanno arrestato di fronte all’istituto di credito. Le indagini non si sono comunque interrotte a quel punto. Dopo aver arrestato l’usuraio, il passo successivo era quello di bloccare i soggetti che orbitavano attorno ad esso. Per questo motivo, i Carabinieri di Portoferraio hanno proseguito i propri accertamenti, approfondendo quindi l’esame dei legami sussistenti tra il principale autore del reato e le persone a lui vicine. Si è arrivati a capire, anche con accertamenti bancari, che esisteva un legame importante con un gruppo di 3 napoletani, domiciliati nel comune di POLLENA Trocchia (NA), la cui attività principale era il commercio di piastrelle. La grossa rivendita di ceramiche era infatti una fonte di reddito sufficiente per garantire a quei napoletani una disponibilità di capitale tale da poter fungere da credito per chi ne avesse bisogno. Il legame professionale e di origine tra l’usuraio elbano, ma di provenienza napoletana, e il gruppo di commercianti partenopei, padre e due figli, ha consentito perciò di far arrivare all’Isola d’Elba il capitale necessario a porre in essere il reato, facendo così iniziare il rapporto debitorio. I contatti tra i “proprietari del capitale” e il loro contatto elbano erano sporadici, ma sufficienti a tenere sotto controllo la situazione ed in alcuni casi si tramutavano in trasferte all’Isola d’Elba per constatare di persona quale fosse la situazione. L’usuraio elbano non era però l’unico che gestiva i contatti con i 3 napoletani, in quanto era agevolato in ciò anche dall’opera del figlio, che seguiva anch’esso gli sviluppi della situazione. Dopo che i Carabinieri di Portoferraio hanno ricostruito i ruoli e le diverse partecipazioni dei personaggi alla vicenda, il Giudice del Tribunale di Livorno ha disposto nei confronti del gruppo dei tre napoletani la misura restrittiva della custodia cautelare in carcere, proprio in virtù del loro ruolo preminente all’interno del rapporto usuraio, e nei confronti del figlio dell’usuraio, la misura cautelare degli arresti domiciliari, per la sua funzione di supporto al padre nel mantenere il contatto con i “proprietari del credito”. I provvedimenti restrittivi sono stati quindi eseguiti sia all’isola d’Elba sia el Comune di Pollena Trocchia dai Carabinieri della Compagnia di Portoferraio, collaborati dai militari della Tenenza Carabinieri di Cercola, e già nella tarda mattinata di ieri i 3 imprenditori dei Paesi Vesuviani erano ristretti presso il carcere di Poggioreale.


caserma carabinieri portoferraio

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