Con il nubifragio del 4 settembre 2002, pensavamo si fosse conclusa, nel modo peggiore, una stagione irripetibile nella sua negatività. Ora, dopo gli incredibili fatti di quest’estate, a cui ha fatto da tragico epilogo la scomparsa della giovane donna di Trento, dobbiamo ammettere che ci eravamo sbagliati: la stagione 2003, infatti, si è caratterizzata per un frenetico susseguirsi di incendi dolosi di gravità inaudita, scandali politici, casi di presunta corruzione e di cronaca nera che davvero non hanno precedenti nella nostra isola. Per quanto riguarda l’andamento della stagione turistica, non c’è davvero da essere soddisfatti: sino al 30 giugno poteva anche andare, ma poi luglio è stato deludente (com’è consuetudine ormai da diversi anni); il “pienone”, il tutto esaurito d’agosto è durato sì e no una settimana ed è mancato, dopo ferragosto, il tradizionale ricambio degli italiani, quello che ci consentiva di fare il pieno sino a quasi la fine del mese. I tedeschi sono mancati in modo preoccupante, sono mancati dappertutto, ma da noi forse si è visto un po’ più che da altre parti, dato che il nostro turismo straniero è solo di lingua tedesca. Sarà forse il caso di cominciare a fare un po’ di autocritica, tutti insieme, non tanto per la mancanza dei tedeschi (che hanno i loro problemi e che, come abbiamo detto, sono stati assenti ovunque), quanto per il fatto di non essere riusciti ad attenuare, in tutti questi anni, la nostra dipendenza dal mercato tedesco. Questo, in verità, anche per l’assenza di infrastrutture essenziali, come l’aeroporto, che consentirebbe di aprire l’Elba anche al mercato inglese e magari anche a quelli di altri paesi del nord Europa (decine di migliaia di scandinavi, ad esempio, ogni anno volano a godersi il sole della Spagna o dell’isola di Cipro). Ma dell’aeroporto, ormai, si parla da decenni senza riuscire a fare un solo passo in avanti. Sarebbe interessante anche capire perché sono scomparsi del tutto i francesi (eppure la Francia è vicina e i francesi vanno comunque a visitare le città d’arte) e sarebbe anche opportuno, probabilmente, rivolgere le dovute attenzioni al mercato olandese e a quello dell’est europeo, come altri già da tempo stanno facendo. Dovremmo anche cercare di capire perché luglio è diventato un periodo così difficile per le nostre attività e che cosa possiamo fare per risolvere questo problema. Come interpretare i fatti di quest’estate, a cui accennavamo all’inizio? Diciamo che quella a cui abbiamo assistito è una vera e propria “corsa all’oro” (dove l’oro, naturalmente, è il nostro ambiente e il nostro turismo) da parte di personaggi senza scrupoli piovuti qui dal continente. E questa “corsa all’oro” è di certo favorita dalla nota inadeguatezza e dai limiti della nostra classe dirigente (da noi ripetutamente denunciati), oltre che dal sostegno ricevuto da qualche locale interessato. Per quanto riguarda certi fatti di cronaca nera, dobbiamo purtroppo ammettere che l’Elba non è più un’isola, anche se determinati comportamenti non fanno davvero parte della nostra cultura e del nostro modo di essere. Così come dopo il nubifragio, sta ora prendendo piede, con forza, un’altra campagna contro una presunta eccessiva “cementificazione” dell’Elba. E’ singolare: certi personaggi, certi gruppi economici, certe “bande” vengono da noi a fare i loro esclusivi interessi, sfruttando l’Elba e fregandosene di coloro che ci vivono, e poi qualcuno approfitta di questo per programmare, a livello nazionale, campagne che prevedono addirittura l’istituzione di vere e proprie commissioni d’inchiesta regionali e provinciali sull’Elba, campagne che, ancora una volta, si ripercuoteranno però sugli elbani stessi: impedendo di costruirsi la prima casa a chi ne ha bisogno, impedendo alle nostre aziende di ristrutturarsi e di adeguarsi alle richieste del mercato e alla concorrenza, impedendo o osteggiando la costruzione di infrastrutture fondamentali per la nostra economia turistica, ecc.. Una pletora di predicatori piove dal continente ad insegnarci come si deve vivere su un’isola: ci bacchettano le mani perché abbiamo invaso l’isola di cemento, quando gran parte dei nostri ospiti non lo pensa affatto (come hanno testimoniato anche alcune interviste comparse sul Tirreno di qualche giorno fa) e quando i prezzi delle case sono andati alle stelle esattamente per il motivo opposto: non si costruisce più, da anni, perché l’istituzione del parco ha di fatto dimezzato le aree edificabili e perché i nuovi piani di fabbricazione non sono ancora in vigore. E poi dov’erano questi gran paladini dell’ambiente, quando venne costruito il gassificatore del Buraccio (costato decine di miliardi di vecchie lire e poi chiuso perché inquinava ed era pericoloso per la salute pubblica), e quando si pensava di sversare i fanghi velenosi di Piombino a pochi km dalle nostre coste, e perché ora non dicono una parola sull’ultima colata di cemento nel porto di Portoferraio? Noi siamo per uno sviluppo sostenibile: pretendiamo il rispetto dell’ambiente, ma vogliamo anche che le nostre aziende abbiano la possibilità di sopravvivere, di crescere, continuando a produrre ricchezza e posti di lavoro. Altrimenti, se qualcuno ha deciso che la nostra industria turistica deve chiudere, che abbia almeno il coraggio di dircelo, in faccia.
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