Non era suonata la mezza ora fatale per il settantatreenne Luigi Fascetti, coriaceo pensionato caduto nelle acque del porto cavese rese gelide dal gennaio. Lo ha deciso lui medesimo resistendo attaccato alla vita ed alla cima della sua barca per trenta interminabili minuti. In acqua c'era finito alle 18.30 di martedì, dopo aver ormeggiato il natante mentre di raggiungere la banchina con l'usuale piccolo salto dal natante, risultato questa volta però troppo corto, questione di centimetri che potevano comunque misurare la distanza tra il tranquillo ritorno a casa dalla ennesima pescata di totani e una tragedia. Sì perchè, appena piombato in mare, i vestiti gli si inzuppavano, gli stivali che calzava gli si riempivano d'acqua, tutto congiurava per impacciargli i movimenti e tirarlo verso il fondale, ma Fascetti non mollava, beveva (acqua e gasolio avrebbe detto in seguito) ma riusciva a riemergere e ad attaccarsi alla sua barca, a urlare sperando che qualcuno nella poco frequentata Cavo in versione invernina lo sentisse. Finalmente alle 19 a trenta minuti dall'inizio della gelida tortura le ripetute richieste di aiuto erano udite da una signora che si trovava casualmente a passare che lo vedeva nell'incomoda posizione e dava l'allarme. Il primo ad accorrere era l'addetto al distributore di carburante, lo stesso che Fascetti aveva ripetutamente senza esito chiamato in quei minuti poi altri e finalmente l'anziano pescatore veniva issato in banchina. Affidato alle cure dei volontari della Croce Azzurra il resistentissimo Fascetti si faceva convincere (non dopo avere per un po' recalcitrato) a raggiungere Portoferraio in autoambulanza, per il primo ricovero ospedaliero della sua vita, perché fossero adeguatamente curati i postumi della bevuta d'acqua portuale e il principio di assideramento che lo aveva colto. Le sue condizioni generali sono buone.
cavo porticciolo