A Firenze venerdì e sabato si terrà il congresso nazionale di Legautonomie e la discussione non riguarderà tanto il ruolo di questa o quella ‘categoria’ istituzionale (comuni, provincie, comunità montane) quanto il sistema istituzionale nel suo complesso. I temi insomma del Federalismo tanto inneggiato che impronteranno anche il confronto elettorale prossimo. E il punto di partenza specie in una situazione di crisi quale quella che sta attraversando il paese non può non essere – e vale anche per la Toscana- chi fa cosa. Le alluvioni si susseguono, fanno danni e costano; basta Bertolaso con nuovi incarichi o dovremo finalmente decidere come gestire il suolo, far funzionare le leggi che ci sono ( magari manomesse) a cominciare dalla 183, dalle autorità di bacino senza soldi e legate a filo doppio ad un ministero che alla pianificazione dei bacini idrici manco ci pensa? Per uscire dalla crisi non solo Obama deve avviare finalmente una politica ambientale che dia spazio e respiro alla green-economy e specilamnete alle energie rinnovabili come viene detto e ripetuto in tanti convegni. Come e chi deve gestire questi interventi che sono già regolati da centinaia di circolari, norme, leggi ( c’è un libro di oltre 1000 pagine che le raccoglie) e che presentano profili e problemi in rapporto al paesaggio, alla agricoltura, alla gestione delle acque e alla tutela ambientale. Sono politiche che possono restare facilmente impigliate in un centralismo burocratico ottuso ma anche – come dice Enrico Rossi- in un localismo miope che va superato e non solo in Toscana. Chi dunque deve decidere e a quali livelli. Devono decidere in ‘leale collaborazione’ stato, regioni ed enti locali ma devono e possono farlo efficacemente solo se i livelli di intervento e di gestione sono –come dice la legge – ‘adeguati’. Il che significa che il livello comunale come quello provinciale o regionale non solo sempre i livelli giusti a appunto non rispondono a quel principio di adeguatezza che vale per un bacino idrografico, come per un parco che possono riguardare anche più regioni o in altri casi più paesi mediterranei o alpini. E al chi si affianca subito il come. Il paesaggio è stato ripetuto enfaticamente in questi giorni è ‘tornato pienamente allo stato che per la verità non era mai stato espropriato. Ma come deve gestirlo lo stato visto che esso è strettamente intrecciato con l’ambiente ( anche questa competenza esclusiva dello stato) come dice la Convenzione europea del paesaggio. Se la legge aveva stabilito, ad esempio, che il piano del parco comprende anche il paesaggio e ora la si modifica per tornare a separare i due profili a chi gioverà e parco e sopraintendenza cosa ne guadegneranno? Sono solo alcuni esempi che confermano che un governo efficace del territorio e specialmente delle politiche ambientali non può essere racchiuso né nelle normative urbanistiche e i suoi vari piani casa e simili né nel triangolo regione, provincia, comune che per troppe cose non rispondono a quei criteri di ‘adeguatezza’ richiamati. Se non si prenderà atto di questa situazione anche in Toscana sarà difficile programmare seriamente e superare quel localismo giustamente denunciato come un ostacolo a politiche adeguate e dinamiche. A Firenze dovremo discutere del fatto che i documenti e i discorsi sul federalismo su questo dicono poco o niente il che ridimensiona la troppa retorica in circolazione. Ecco perché dovremo parlarne senza peli sulla lingua. Se non lo faremo la fregatura è dietro l’angolo.
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