Premettiamo che chiediamo ai nostri lettori determinati a capire realmente "la vicenda dei Container" che secondo l'ultima consolatoria versione ufficiosa non starebbero sui nostri fondali, di armarsi di pazienza e del tempo necessario a scorrere alcuni articoli che abbiamo riprodotto. La rassegna che si apre con un intervista a Umberto Mazzantini apparsa ieri su Elbareport (e ripresa oggi dal Manifesto) è presentata in ordine cronologico inverso e termina con le parole ufficiali di una circostanziata lucidissima denuncia di un fatto di una gravità inaudita anzi di due: l'affondamento di container contenenti non si sa cosa nel nostro mare ed il reiterato tentativo di speronamento di una imbarcazione presente sul teatro dell'affondamento dei container da parte della portacontainer "pescata" a sbarazzarsi in maniera spiccia di cosa ancora non sappiamo (e temiamo a questo punto non sapremo) Rimandiamo al termine di questa figurata immersione nei fondali di una cronaca molto fangosa le nostre considerazioni finali Mazzantini: troppe stranezze nella storia dei containers "scomparsi" INTERVISTA di www.elbareport.it 6/1/2010 Umberto Mazzantini è portavoce di Legambiente Arcipelago Toscano, l’associazione alla quale si è rivolto l’equipaggio tedesco della Thales per segnalare nel luglio 2009 l’episodio di scarico a mare di almeno tre oggetti che sembravano con tutta evidenza contaimers al largo delle coste livornesi ed elbane, Mazzantini è anche uno dei redattori di Greenreport, il quotidiano on-line che per primo ha rilanciato l’allarme degli ambientalisti tedeschi e che, ancora una volta per primo, ha dato notizia che secondo la Capitaneria e la motovedetta Scaialoja quei containers non esistono. Gli chiediamo cosa ne pensa di questa vicenda. “La cosa non convince affatto – dice Mazzantini – Intanto non si capisce perché un equipaggio di un’imbarcazione tedesca, formato da esperti di scienze ambientali, e i suoi passeggeri dovrebbero essersi “inventati” (però fornendo documentazione fotografica) che una nave battente maltese, ma di un noto e potententissimo armatore tedesco, stava scaricando materiale a mare. Perché avrebbero dovuto segnalare, con tanto di testimonianze giurate anche di passeggeri e diario di bordo, con il nome della nave e le coordinate precise, l’episodio alle autorità competenti (che inizialmente sembra non gli abbiano dato molto peso) e perché avrebbero poi accettato di deporre sul caso, denunciando anche il tentativo di acquisire il materiale fotografico in loro possesso e le successive minacce”. Ma lo avrebbero potuto fare per farsi pubblicità, oppure perché complici di un complotto ordito da Legambiente e dai tedeschi contro l’Elba, come dice qualcuno… “Lasciamo perdere le fesserie. Io ho parlato con il dottor Robert Groitl di Green Ocean solo una volta per telefono, e l’ho trovato molto prudente e preciso. Non lo conosco personalmente, ma so che l’associazione tedesca, che svolge attività scientifiche e di eco-turismo in varie parti del mondo, non ha nessun interesse a “sputtanare” il nostro mare, visto che hanno la loro base italiana a Marina di Pisa ed il loro campo di azione è tra l’Arcipelago Toscano e la Corsica, con basi di appoggio anche all’Elba. L’unica cosa che li ha spinti a fare quella denuncia, con teutonica precisione e molto coraggio, visto che la nave appartiene ad un grosso armatore tedesco, è solo il loro impegno ambientalista. Per il resto mi è sembrato che non sapessero assolutamente nulla delle vicende italiane delle “ navi dei veleni” ed il contatto con Legambiente Arcipelago Toscano è avvenuto in maniera assolutamente casuale, attraverso amici comuni». E le altre stranezze quali sono? «Se uno guarda le date dei traffici della nave maltese qualcosa non torna. La nave proveniva dal Perù e non si capisce se stesse entrando o stesse uscendo dal porto di Livorno e soprattutto cosa ci stesse a fare in quella zona, all’imbrunire, con le gru di bordo in attività. Poi non si capisce come mai, se tutto era in ordine, prima si sia tentato di speronare l’imbarcazione dei tedeschi, poi ci sia stato il tentativo di blandirli e poi si sia passati alle minacce, ma soprattutto perché quelli della Thales avrebbero denunciato tutto, visto che la cosa è probabilmente riscontrabile con il semplice controllo del traffico telefonico. Inoltre non si capisce perché l’armatore della nave maltese non abbia denunciato i tedeschi della Thales se le loro gravi accuse erano un’invenzione». Ma i container alla fine non si sono trovati.. «Non metto certo in dubbio quanto fatto dalle Capitanerie e dalla Scialoja, ma anche qui la cosa è strana: prima circolano voci insistenti, poi ufficialmente confermate, che la Scialoja avrebbe trovato alcuni “bersagli” compatibili con la presenza di containers, poi i giornalisti vengono caricati sull’imbarcazione per una crociera alla ricerca dei bersagli, ma l’attrezzatura della Scajola si rompe e ci vorranno settimane per ripararla… Intanto inizia una campagna stampa che dice che è più che normale, anzi è facile, trovare containers in fondo al mare toscano perché tutti sanno che cadono in acqua a bizzeffe dalle navi e i fondali davanti a Livorno e lungo le rotte commerciali ne sarebbero pieni. Una campagna minimizzatrice che ha il suo culmine quando l’attrezzatissima nave della Nato “Alliance” (non il panfiletto dei tedeschi) trova e documenta con le immagini della Rai una cosa che ha tutto l’aspetto e le dimensioni di un container, esattamente sul basso fondale fangoso dove dicevano di averlo visto gettare in mare i tedeschi. Ora ci viene detto che non è vero, la Nato, con le sue sofisticate ed ipermoderne attrezzature che vengono usate a Pianosa per studiare nei minimi dettagli i fondali, capaci di contare le foglie di posidonia, ha preso una cantonata, probabilmente si tratta di una rifrazione di uno scoglio stranamente cubico… ma lo scoglio non si trova.(NDR e si insinua che la nave NATO priva di commesse (!!!) a "trovare" il container poteva pure guadagnarci) Forse è il primo miraggio sonar sottomarino della Nato della storia. Intanto spariscono dai sonar e dai giornali anche tutti i molti containers che qualche giornalista e diversi politici ci assicuravano che cadono accidentalmente dalle navi, quelli che i minimizzatori della vicenda ci assicuravano che infestavano i fondali… Nel Tirreno Livornese sembra passata una grossa impresa di pulizie. E’ evidente che la vicenda ha, forse ancora più di prima, molte incongruenze da chiarire, speriamo che la Magistratura lo faccia». www.greenreport.it [ 5 gennaio 2010 ] Inquinamenti | Rifiuti e bonifiche Container affondati, chiuse le indagini della Capitaneria di Livorno: nessuna traccia dopo tre mesi di ricerche Claudio Passiatore LIVORNO. La Guardia costiera li ha cercati in un lungo e in largo, seguendo le coordinate fornite dai testimoni del presunto atto illecito, utilizzando prima un sonar e poi, a fine dicembre, il Rov del nucleo sommozzatori di San Benedetto Del Tronto. Ma dei container che sarebbero stati gettati in mare dalla "Toscana" la sera del 5 luglio, episodio denunciato dal comandante delle nave dell'associazione ambientalista Ms Thales Robert Groitl, neanche l'ombra. Dopo tre mesi di "uscite" a singhiozzo (a causa del maltempo), la Scialoja, la motovedetta della Capitaneria di porto specializzata in missioni ambientali, torna in banchina senza tracce e indizi che possano far pensare a rifiuti buttati nei fondali marini. Un risultato che smentisce il ritrovamento del presunto container dell'Alliance del Nurc, che a il 3 novembre, tra l'Elba e San Vincenzo, per conto del Parco dell'Arcipelago, ha trovato un oggetto dalle dimensioni molto vicine a quelle di un container. «E' stato un giudizio affrettato», hanno sentenziato dalla Capitaneria che fin dall'inizio di tutta la vicenda avevano posto come condizione per un annuncio ufficiale, un'ulteriore e definitiva verifica. Che c'è stata. I due-tre "obiettivi interessanti", di cui era stata riferito alla procura che sul caso ha aperto un fascicolo, non sono container. Per accertarlo, nelle due settimane dall'8 dicembre fino al 24, gli uomini della Guardia Costiera, hanno terminato la perlustrazione dell'area interessata dalla denuncia della nave Thales. Nei rilievi con il sonar (che si guastato nel corso di un'uscita a fine ottobre) in dotazione alla Scialoja, non è stato riscontrato alcun elemento estraneo ai fondali, cioè nessun "obiettivo interessante", come viene definito in gergo dai militari. Dopo questa prima fase, è scattata l'operazione di indagine con il Rov, il robot in grado di fare riprese sottomarine. Favorito dalle buone condizioni meteo senza le quali non può lavorare, il mezzo ha perlustrato la zona indicata come possibile discarica. Di più. Ha controllato il rilievo fatto dall'Alliance. Ebbene, la macchia scura lunga 6 metri e larga 3 evidenziata dallo scanner della nave inviata dal Parco, non è un container. Le immagini del Rov parlano chiaro: lì sotto non c'è niente. Ma di cosa di trattava allora? «Possibile che si fosse trattato di uno scoglio o una rifrazione non perfettamente definita dal sonar - hanno spiegato a greenreport.it dalla Guardia costiera. Il computer fornisce degli echi, delle ombre che poi vanno investigate, approfondite con un ulteriore controllo». In poche parole sarebbe tutto un abbaglio, sia quello del comandante Robert Groitl, che per primo ha fatto la denuncia, sia quello dell'Alliance che sulle coordinate fornite da Groitl, ha trovato tracce sospette. Le indagini non sono comunque ancora terminate e il fascicolo della Procura rimane aperto. Per i militari sono "formalmente sospese" in attesa dell'ultima verifica, quella della comunicazione dei risultati delle analisi dei campioni di acqua e di sabbia dei fondali. Poi tutta la vicenda si potrà dire chiusa. Rimane invece aperto l'altro fascicolo della procura livornese che ha sentito il pentito Francesco Fonti. L'esponente dell''ndrangheta, lo scorso settembre, aveva riferito al settimanale l'"Espresso" di aver saputo di affondamenti di navi cariche di rifiuti provenienti da industrie farmaceutiche del nord Italia davanti alla costa livornese. Una versione poi riconfermata al procuratore capo di Livorno Francesco De Leo e al sostituto Massimo Mannucci, titolare dell'inchiesta sul caso dei container. Davanti ai magistrati livornesi, Fonti ha confermato quanto già dichiarato al settimanale senza però dare ulteriori informazioni sugli affondamenti. Una vicenda che a questo punto, sembra definitivamente chiusa. www.greenreport.it [5 gennaio 2010] Inquinamenti | Rifiuti e bonifiche Container affondati: ma si è fatto davvero il possibile per fare luce sulla vicenda? Claudio Passiatore LIVORNO. Le certezze sul caso dei container affondati sono molte, ma a questo punto della storia è forse il caso di fare anche un bilancio completo della vicenda, includendo nel ragionamento, anche i dubbi, le perplessità e i punti rimasti oscuri. Un'analisi che facciamo a indagini praticamente concluse - abbiamo atteso i risultati delle ricerche della Guardia Costiera - con la quale si vuole solo contribuire a dare una spiegazione di quanto avvenuto e fare un'ipotesi su quanto sarebbe potuto succedere se alcuni condizioni fossero state diverse. Partiamo da ciò che sappiamo con sicurezza. Il 5 luglio scorso l'equipaggio della "MsThales", imbarcazione dell'associazione ambientalista Green-Ocean, avvista a largo dell'isola d'Elba la nave "Toscana" mentre scarica in mare alcuni container. Partita da Panama e dopo una sosta nel porto di Coronel in Cile, qualche ora prima di fare sosta a Livorno, la "Toscana" si sarebbe fermata a dieci miglia dalla costa per compiere l'operazione illecita. Le indagini per accertare i fatti denunciati, iniziano a fine settembre - dopo le rivelazioni del pentito Fonti - e si concludono a fine dicembre. Per perlustrare l'area, viene utilizzata la Scialoja, mezzo della Guardia Costiera dotato di sonar e di Rov. La procura di Livorno, intanto, apre due fascicoli, uno sul "caso dei contenitori", un altro sulle rivelazioni del già citato pentito di 'ngrangheta Francesco Fonti. Il 3 novembre, nel punto indicato da Groitl, a 120 metri di profondità, l'Alliance trova un oggetto lungo sei metri e largo 3. Dopo tre mesi, la Guardia comunica che non è stato trovato alcun container. E qui finiscono le certezze. Dopo la prima denuncia del 5 luglio, alcuni punti non sono stati chiariti. Secondo alcune indiscrezioni provenienti dagli uffici della Capitaneria, gli stessi uomini della Capitaneria di porto, ritengono da subito il compito affidato loro dalla procura non adeguato ai loro mezzi. In sostanza, i militari pensano che la Scialoja, motovedetta di appena 30 metri, costretta a fermarsi non appena un po' di libeccio increspa il mare, non sia adatta per questo tipo di ricerche. Anche per il sonar allestito sulla motovedetta, qualche problema c'è stato: a fine ottobre, nel bel mezzo di un'uscita con mare calmo e in assenza di vento, il piccolo siluro si rompe. La Scialoja si ferma per alcuni giorni. E poi arriva, per la gran parte del mese di novembre, anche il maltempo che blocca le operazioni. La domanda è questa. Per evitare tutto ciò e rendere più veloci le verifiche, ma soprattutto, visti i dubbi degli stessi militari, non sarebbe stato meglio utilizzare una nave delle Marina militare, meglio attrezzata e non così soggetta alla prima brezza di maestrale? Passiamo alla denuncia del comandante della nave ambientalista Thales, Robert Groitl. Sui fatti raccontati dall'uomo, testimone del presunto scarico a mare dei container, sembra che la procura abbia avuto quantomeno dei dubbi. I magistrati livornesi, oltre ad aver sentito l'uomo, hanno chiesto alla stessa Capitaneria di fare delle ricerche e delle verifiche sulla sua attendibilità. Nel porto di Marciana Marina, dove la scorsa estate la Thales è rimasta ormeggiata per alcuni giorni, sono stati sentite alcune persone che hanno conosciuto Groitl. L'obiettivo è stato quello di controllare la serietà delle persona. Passiamo al capitolo Alliance. La nave del Nurc (Nato Undersea Research Center), sempre secondo alcune indiscrezioni, pare non abbia più commesse e sia vicina alla chiusura. Secondo alcuni, addirittura, avrebbe tratto un vantaggio dalla scoperta, il 3 novembre, di un oggetto con misure simili a quelle di un container. Non sappiamo se questo sia vero o meno, di certo un tempestivo intervento del ministero avrebbe impedito che alla già complicata storia, si sommassero altri elementi di incertezza. Un "pasticciaccio" brutto insomma. Non vogliamo, quindi, arrivare a quelle che rischiano di essere delle elucubrazioni prive di fondamento, ma di certo possiamo dire che in tutta la vicenda dei contenitori i tempi esageratemente dilatati, i mezzi non adeguati e soprattutto i metodi poco coerenti non hanno contribuito a fare chiarezza. Elbareport mercoledì 06 gennaio 2010 - 10:04 La Guardia Costiera: "Non ci sono container dei veleni sui fondali" Elbani, Capraiesi ed abitanti della costa livornese possono dormire sonni tranquilli: secondo la Guardia Costiera e secondo lo stesso prestigioso organo d’informazione ambientale che lanciò (unitamente ad Elbareport) l’allarme raccogliendo la denuncia degli ambientalisti tedeschi della “Thales” il caso dei container gettati fuori bordo il 5 Luglio dal “Toscana” semplicemente non esiste anzi, come si legge su un dovizioso articolo di Claudio Passatore pubblicato da Greenreport (!), si è trattato di un “abbaglio”. Evidentemente il dott. Groitl non si era accorto, unitamente al comandante della “Thales” che la portacontainer stava del tutto innocentemente con le gru di bordo sganciate, il materiale che sette persone avevano visto deliberatamente affondare era un altro abbaglio o forse quelli della nave maltese stavano “ciuttando” in mare le mutande del nostromo. Le foto scattate il filmato girato che alla fine (dai picchia e mena) dopo tre mesi hanno fatto il giro del mondo, erano frutto di un altro abbaglio, e si sa come sono talvolta emotivi gli ambientalisti (specie tedeschi), il pacifico e innocuo portacontainer del tutto casualmente ha indirizzato la sua prua in rotta di collisione con il natante dei curiosi che hanno nel caso preso un abbaglio di tentato speronamento quelli della Thales. Un altro abbaglio, o forse frutto della smania di protagonismo teutonica, la riferita (dal Dott. Groitl) richiesta di comprare quel materiale documentativo da parte di stranissimi collezionisti, e forse le telefonate minatorie di bruciare le barche della Green Ocean al dott. Groitl se insisteva a non farsi i cazzi suoi le ha fatte qualche buontempone , oppure sono state il frutto di un abbaglio acustico. Di un clamoroso “abbaglio elettronico” è stato poi vittima l’equipaggio della “Alliance” gioiello ipertecnologico navigante (e monitorante) del NURC-NATO, quel “coso”, quel parallelepipedo poggiato sul fondale e perfettamente compatibile per dimensioni e forma con un container poteva essere uno scoglio emergente da un fondale fangoso che la natura bizzarra aveva collocato là a bella posta per abbagliare il sonar a scansione laterale della Alliance, o altro ancora chissà … e, abbaglio chiama abbaglio, anche i primi “bersagli” compatibili individuati dalla Nave Scialoja, che così aveva dimostrato di non essere da meno della Alliance, ad un più attento esame si son rivelati oggetti diversi da container, sparito poi del tutto, par di capire dalla prosa di Passiatore, per la Scialoja quello che la Alliance aveva individuato. Quindi tutti tranquilli e contenti: il caso non esiste, non è mai esistito, ed a noi corre l’obbligo di chiedere scusa per aver contribuito non poco alla apprensione che si è generata, con le nostre domande con l’insistente chiedere perché in ambito del Ministero dell’Ambiente a Settembre ed oltre nessuno pareva sapere nulla di una circostanziatissima denuncia presentata il 9 luglio a Marina di Pisa. Così parlò la Guardia Costiera, così Passatore riferì. Ci attendiamo ora che dagli sviluppi dell’inchiesta della Magistratura (che sussiste) si riesca a capire almeno perché, con che scopo i tedeschi si sarebbero inventati una tale serie di gigantesche panzane. Che tutto sia frutto di uno (sventato) complotto internazionale teso a screditare l’immagine turistica tirrenica a favore della frequentazione degli arenili del Mar Baltico? Comunque vada “Tutto va ben madama la marchesa” in particolare per gli inossidabili amministratori elbani che non avendo aperto bocca sui supposti pericoli, non si debbono neppure preoccupare di aprirla per esprimere il loro sollievo. Chissà perché invece noi siamo ancora un bel po’ preoccupati, come quei pazienti a cui il medico inizia un discorso con: “Non ti preoccupare eh, ma …” sergio rossi Il Tirreno 6 gennaio 2010-01-06 (da un lancio ANSA) Navi dei veleni, nessun container sui fondali al largo dell’Elba PORTOFERRAIO. Nessuna traccia di container in fondo al mare al largo dell’Isola d’Elba. E’ l’esito delle ricerche condotte dalla guardia costiera sul presunto scarico di materiali da parte di una portacontainer, tra la costa livornese e l’Elba, denunciato nel luglio scorso dai volontari dell’associazione ambientalista Ms Thales. La notizia è apparsa sul sito internet specializzato www.greenreport.it ed è stata riportata dalle agenzia di stampa nazionali. La capitaneria di porto livornese per tre mesi ha fatto ricerche sui fondali utilizzando prima il sonar della motovedetta Scialoja e poi, a fine dicembre, impiegando il nucleo sommozzatori di San Benedetto Del Tronto. «E’ possibile che si fosse trattato di uno scoglio o una rifrazione non perfettamente definita dal sonar» hanno spiegato a greenreport.it gli uomini della guardia costiera riferendosi a quanto rilevato nei mesi scorsi dalla nave oceanica’Alliance’ del Nurc che individuò «un manufatto di 3 metri, per 3 per 6, di fattezze e dimensioni simili a un container». Il fascicolo dalla procura resta comunque aperto. Greenreport (20 novembre 2009) Rifiuti e bonifiche Container di rifiuti in mare, il pentito di 'ndrangheta Fonti sentito anche dalla Procura di Livorno di Claudio Passiatore LIVORNO. Il pentito di 'ndrangheta Francesco Fonti è stato sentito dal pm livornese Massimo Mannucci e dal procuratore capo Francesco De Leo nell'ambito dell'inchiesta sulle navi dei veleni. Nelle sue dichiarazioni rilasciate nel mese di settembre, Fonti aveva parlato di affondamenti di rifiuti pericolosi nel Mar Tirreno e della presenza di una nave carica di materiali inquinanti fatta colare a picco a largo della costa livornese. Proprio per questo, dopo l'apertura di un fascicolo, nei gironi scorsi il pm titolare dell'inchiesta Massimo Mannucci ha voluto indagare e verificare la validità delle dichiarazioni dell'uomo. «Non abbiamo nessun elemento di novità e non ci sono riscontri oggettivi rispetto alla segnalazione già emersa» si è limitato a dire il procuratore capo De Leo. Ma le indagini sembrano tutt'altro che terminate e altre verifiche sono già in programma. La motovedetta della Guardia Costiera Scialoja dotata di un sonar capace di leggere i fondali fino a 150 metri, ha individuato alcuni "obiettivi" che potrebbero far pensare a container. Dalla Capitaneria non arrivano conferme ma la vicenda delle cosiddette "navi a perdere", sulla quale la procura ha aperto due fascicoli (uno sulle dichiarazioni di Fonti, uno per la segnalazione di un'associazione ambientalista tedesca) sembra solo all'inizio. Secondo alcune indiscrezioni, Fonti potrebbe essere sentito ancora una volta dai pm livornesi. Proseguono anche le indagini della Capitaneria di porto davanti alla costa livornese. La motovedetta Scialoja attrezzata per missioni ambientali continua le ricerche del container che sarebbe stato buttato in mare la scorsa estate. La segnalazione del presunto affondamento è arrivata dalla nave Thales dell'associazione ambientalista Green-Ocean che avrebbe avvistato una portacontainer scaricare in mare un oggetto di grosse dimensioni molto simile a un container. Una testimonianza fondamentale sulla quale gli uomini della Guardia Costiera, su mandato della procura che ha aperto un fascicolo, sta lavorando da circa un mese. Con un sonar arrivato direttamente dagli Stati Uniti sono stati scandagliati i fondali del tratto di mare tra San Vincenzo e Marciana Marina. I militari devono "decriptare" le ombre apparse sul personal computer di bordo per capire la vera natura degli "obiettivi". Una traccia del container sarebbe apparsa lo scorso 4 novembre dai rilevamenti della Alliance, nave dell'Onu che per conto del Parco dell'Arcipelago, a 120 metri di profondità, ha trovato un oggetto lungo sei metri e alto due. Misure che fanno pensare a un container. Che ce ne siano altri nei fondali davanti alla costa livornese? E' quello che dovranno stabilire i militari della Capitaneria che nei prossimi giorni torneranno sui luoghi dei ritrovamenti (definiti per il momento solo "bersagli") per fare altri rilievi. Elbareport 5/11/09 L’equipaggio della Thales di Green Ocean dopo il ritrovamento del container» Sul ritrovamento del container al largo delle coste elbane da parte della nave della nave del Nurc-Nato “Alliance” intervengono anche quelli che ne sono stati i principali (e ignorati, quando non sminuiti ed accusati di essere dei provocatori allarmisti) i veri protagonisti l’equipaggio della imbarcazione ambientalista Thales che il 5 luglio scorso intorno alle ore 21,00 si imbatterono nella nave “Toscana”, battente bandiera maltese, mentre era stranamente ferma in mezzo al mare, ma con segni inequivocabili di attività di scarico di materiale utilizzando le gru di bordo, a nord dell’’isola d’Elba, in pieno Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos ( Italia, Francia, Principato di Monaco) in posizione nella posizione 43° 07,893’N, 10° 15,026’E. Che l’attività oltre che ad essere strana fosse anche molto sospetta lo dimostrò anche il successivo tentativo di speronamento messo in atto dalla nave per intimidire l’equipaggio della “Thales”. La MS Thales che svolge crociere nell’ambito del progetto internazionale Green Ocean (http://www.green-ocean.de) ed ha con Legambiente una collaborazione all’interno del progetto “Plastic from the sea” (http://www.plastic-sea.com/?language=italian) scattò alcune foto che dimostravano la strana attività lavorativa in alto mare della “Toscana” proveniente da La Valletta. Poi, dopo aver presentato regolare denuncia di quanto ha accaduto la “Thales” ha inviato a Legambiente il resoconto dell’accaduto. Ora l’equipaggio ambientalista tedesco in una e-mali inviata a Legambiente Arcipelago Toscano fa un bilancio di questa sua avventura: ecco cosa dicono: «Informazioni sulla nostra segnalazione del 5 luglio 2009 – Affondamento di container davanti alla costa della Toscana. Il primo container affondato é stato trovato ad una profondità di 120 m. La nave da ricerca della Guardia Costiera italiana lo ha scoperto ad una distanza di soli 900 metri da quella della posizione indicata dal comandante della MS Thales. Ora nulla sbarra la strada al recupero del container è ed è solo una questione di tempo per poter esaminare il suo contenuto. E'importante ora ad esaminare quale sia il contenuto che dovrebbe essere stato smaltito illecitamente, e se ci sia un collegamento con la moria di pesci nelle acque davanti alla costa, abbiamo già comunicato che sono stati ritrovati spesso nelle ultime settimane più pesci morti nelle reti dei pescatori. Il vostro aiuto e il vostro sostegno alle nostre attività ci ha permesso di dare un valido contributo alla protezione ambientale. Gli ufficiali e l'equipaggio della nave interessata saranno ritenuti responsabili. Tuttavia, più importante di tutto è che abbiamo dimostrato che si può impunemente e inosservatamente affondare rifiuti in mare! Nemmeno di notte e con la nebbia! Ringraziamo tutti i partecipanti del programma Green Ocean Explorer perché ci hanno dato la possibilità di svolgere il nostro lavoro». Legambiente Greenreport (5 novembre 2009) Rifiuti e bonifiche Navi dei veleni e container affondati: incongruenze e cattivi pensieri GROSSETO. Nonostante le precisazioni arrivate questo pomeriggio dal Ministero dell'Ambiente di cui diamo notizia nell'articolo successivo, qualche cattivo pensiero resta: stiamo forse pagando per affossare le indagini? Pare quasi un paradosso infatti la vicenda delle navi dei veleni, che sulle coste calabresi si è conclusa con un niente di fatto. «Quel relitto non è il Cunski, ma una nave passeggeri affondata nel 1917, di nome Catania, silurata il 16 marzo 1917, nel corso della prima guerra mondiale, da un sommergibile tedesco» ha dichiarato il ministro Prestigiacomo, decretando con queste affermazioni anche la fine delle indagini in Calabria. E ci sposta adesso a Maratea, dove viene a questo punto il dubbio che l'esito sia analogo. Quindi se non si trovano vuol dire che non ci sono. Come per i rifiuti speciali le cui quote smaltite o portate a trattamento non corrispondono a quelle che si stima vengano prodotte. Non ci sono e il problema è chiuso, dove sono andate a finire e perché poco importa. In Toscana intanto almeno i container si trovano. La notizia data a luglio da greenreport della denuncia da parte degli ambientalisti di Green Ocean che a bordo della Thales avevano avvistato una nave portacontainer con una delle gru in funzione in mezzo al mare, ha svelato infatti ieri tutta la sua fondatezza. La nave Alliance, una delle imbarcazioni della Nurc (Nato Undersea Research Center), una delle tre organizzazioni di ricerca della Nato a sostegno delle 28 nazioni aderenti, ha infatti individuato attraverso l'utilizzo di un sonar ad alta definizione un oggetto inabissato nella stessa area di mare che gli ambientalisti avevano segnalato come area di manovre da parte della portacontainer, che ha le caratteristiche di un container: un oggetto a forma di parallelipedo di 20 piedi e posto a circa 120metri di profondità. L'intervento dell'Alliance è avvenuto per conto del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano, in maniera del tutto gratuita, grazie ai rapporti di collaborazione scientifica già in corso per il progetto di ricerca Argomarine. Una sorta di scambio di piaceri dato che l'area in cui è stato trovato l'oggetto che potrebbe essere il container rilasciato a luglio o qualche altro scaricato in chissà quale altra occasione è anche fuori dai confini di pertinenza dell'Ente: quindi il Parco è intervenuto partendo dalla segnalazione raccolta e divulgata da Legambiente e ha chiesto al Nurc di mettere a disposizione le sue attrezzature scientifiche per verificare se davvero il nostro mare è utilizzato come discarica, come pare ormai in maniera incontrovertibile. Allo stesso risultato ci sarebbe magari arrivata anche la Scialoja, dove pare avessero già avuto segnali postivi dal sonar nella stessa area, ma di cui avrebbero dovuto accertare la natura. Solo che lo strumento si è guastato, impedendo di fare ulteriori accertamenti. Viene allora da chiedersi il motivo per il quale le navi super attrezzate per fare ricerche in mare, quali sono quelle del Nurc- visto che nascono proprio per questo scopo- non siano state contattate prima da gli altri organi istituzionali per verificare la possibilità di effettuare queste indagini. A partire dal ministero dell'Ambiente. Oltretutto se si considera che la Leonardo, anch'essa nave da ricerca inserita nel Nurc, è di stazza alla marina militare italiana e batte bandiera tricolore e al pari dell'Alliance dotata di strumentazione più che adeguata a svolgere ricerche nei fondali marini. Perché allora non chiedere alla Marina l'uso di queste navi per fare accertamenti sulle navi a perdere, per verificare le dichiarazioni del pentito Fonti e le altre notizie accertate in copiosi rapporti di svariate commissioni d'inchiesta parlamentari che si sono succedute in altrettanto svariate legislature? Invece le ricerche delle navi dei veleni, che fino ad ora hanno dato risultati più che discutibili, sono state affidate dal Ministero dell'Ambiente ad una nave oceanografica, la Mare Oceano della Geolab, cui risulta che lo stato paghi un compenso pari a 47mila euro al giorno. Una nave dotata senza dubbio di attrezzature adeguate ma che sino ad ora sono servite a mettere in evidenza quello che già si sapeva, ovvero che nei fondali di Cetraro non c'è solo la nave segnalata dal pentito Fonti, ma anche altre affondate in periodo bellico. La Mare Oceano viene segnalata ora già sulla rotta di altre indagini da portare a termine sempre per conto del ministero Ambiente: questa volta sulla costa lucana, a largo di Maratea, alla ricerca di un'altra nave fantasma, sempre citata, come quella di Cetraro, dal pentito della 'ndrangheta Francesco Fonti. Sarà interessante vedere cosa emergerà in questo caso e se le ricerche porteranno a stabilire anche stavolta la presenza di qualche altra nave mercantile inabissata nel periodo della guerra. Sta di fatto che come appaiono incongruenti le immagini della nave avvistata dall'Oceano rispetto a quella fotografata dalla Cooperativa che ha lavorato per conto della regione Calabria, altrettanto incongruenti paiono le modalità con cui il ministero dell'Ambiente a nome del governo sta portando avanti le ricerche, che fanno pensare che assieme alle navi debbano andare a perdersi anche quelle. Elbareport Martedì 21 luglio 2009 Una grossa nave fotografata mentre scarica container in mare a nord dell’Isola d'Elba Sorpresi ad affondare il carico avrebbero tentato di speronare gli scomodi testimoni Denunciato il gravissimo episodio alle competenti autorità marittime Oggi il quotidiano online Greenreport ha pubblicato la notizia di un episodio avvenuto il 9 luglio scorso, a circa 10 miglia a nord del porto di Marciana Marina, all’isola d’Elba, quando l’equipaggio dell’imbarcazione tedesca MS Thales ha incrociato una nave portacontainer stranamente ferma in mezzo al mare con segni inequivocabili di attività di scarico di materiale utilizzando le gru di bordo. Il tutto in pieno Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos ( Italia, Francia, Principato di Monaco). La MS Thales che svolge crociere nell’ambito del progetto internazionale GreenOcean (http://www.green-ocean.de) ed ha con Legambiente una collaborazione all’interno del progetto “Plastic from the sea” (http://www.plastic-sea.com/?language=italian) ha scattato alcune foto che dimostrano la strana attività lavorativa in alto mare della porta-container “Toscana” proveniente da La Valletta, Malta. Che l’attività oltre che ad essere strana fosse anche molto sospetta lo dimostrano anche il successivo tentativo di speronamento messo in atto dalla nave per intimidire l’equipaggio della “Thales”. Dopo aver presentato regolare denuncia di quanto ha accaduto la “Thales” ha inviato a Legambiente il resoconto dell’accaduto. Eccolo tradotto dall’inglese: «Il 5 Luglio 2009 la MS Thales era in navigazione dal porto (porto di provenienza) di Marina di Pisa all’Isola d’Elba. Alle 21,00 h abbiamo osservato la nave porta-container “Toscana”, il cui (porto di provenienza) è La Valetta, nella posizione 43° 07,893’N, 10° 15,026’E (la posizione è stata presa con l’aiuto del GPS e del sistema radar di bordo). La nave “Toscana” era ferma e non si muoveva. Non c’era segno di lavaggio della cisterna. Non c’era segno di ancoraggio o che fosse disabilitata. Ad una osservazione più vicina con l’aiuto di binocoli (8x40) abbiamo scoperto l’equipaggio della nave mentre lavorava sulle gru di bordo, gettando alcuni oggetti fuori bordo. Gli oggetti sembravano essere container da 16ft. Al momento dell’osservazione eravamo alla distanza di 1NM, dalla parte del porto rispetto alla “Toscana”. Immediatamente abbiamo cambiato rotta, a 210°, in direzione della Toscana per osservare meglio il processo. La nuova rotta era 180°. L’equipaggio della Toscana ha notato il nostro cambio di rota. Abbiamo osservato membri dell’equipaggio guardare nella nostra direzione con dei binocoli. Improvvisamente tutte le attività sul ponte della Toscana si sono fermate. Dopo poco tempo – circa 2 minuti – la nave “Toscana” ha aumentato la propria velocità (I fumi esausti erano chiaramente visibili) e preso una rotta di collisione con la nostra imbarcazione. Abbiamo subito usato il VHF, canale 16 e 13, per contattare la “Toscana” per capire le loro intenzioni. Le nostre chiamate non hanno avuto risposta. Durante le manovre della Toscana, la nostra imbarcazione, la MS Thales, era in assetto totale di navigazione, e lo aveva segnalato attraverso le appropriate luci. La MS Thales aveva senza dubbio, essendo un’imbarcazione in navigazione segnalata, diritto a passare. Invece, la Toscana ha continuato sulla sua rotta di collisione, e la MS Thales ha dovuto fare una manovra di emergenza girando di 45° ad est. Dopo alcuni minuti la “Toscana” ha cambiato nuovamente rotta ed era di nuovo in rotta di collisione. La MS Thales ha cambiato per una nuova rotta di 90° e così ha evitato una collisione diretta con la “Toscana”. Per colpa delle azioni della “Toscana” ogni vita a bordo della “MS Thales” è stata messa volontariamente in pericolo. Durante questo tempo l’equipaggio della “Toscana” aveva messo di nuovo le gru nelle loro posizioni, a parte la prima, guardando dal ponte – questa mostrava, passando, sempre la direzione del ponte e un gancio non assicurato che era sempre giù al livello del ponte. Probabilmente per gettare fuori bordo altri containers, quando fossimo stati fuori vista. Di questo evento abbiamo fatto foto e l’appropriata registrazione nel libro di bordo. Seguono le firme dell’equipaggio della MS Thales Noi, le persone sottoscritte, dichiariamo di aver fatto questa dichiarazione veritiera e in accordo con le regole della Marina Mercantile Britannica». Ecco il resoconto di un testimone a bordo: «Il 9.05.09 alle ore 21,00 abbiamo osservato durante il viaggio verso l’Elba, come la nave container “Toscana” con porto di provenienza La Valetta stesse gettando container fuori bordo con le sue gru. Immediatamente abbiamo cambiato rotta in direzione della “Toscana” per osservare il procedimento in modo più certo. L’equipaggio della “Toscana” lo ha notato e ha preso una rotta in nostra direzione e ha messo di nuovo le gru nella loro posizione tranne una – la prima guardando dal ponte – questa si è mostrata passando sempre in direzione del ponte e il gancio era sempre giù. Probabilmente, volevano gettare un ultimo container fuori bordo, quando fossimo stati fuori vista. Di questo evento abbiamo fatto foto». Legambiente Arcipelago Toscano Considerazioni Finali Chi ci conosce sa che amiamo parlare e pure scrivere fuori dai denti e non si sorprenderà se affermiamo che non ci piacciono affatto le ultime mosse (o quelle che si presume siano tali) della Capitaneria Livornese. Lascia basiti il fatto che si sia scelta la via della chiacchiera, del si dice, della voce dal sen fuggita (affidata ad un giornalista che collabora con la stessa testata che caparbiamente per mesi ha continuato a sollevare un problema che nessuno pareva voler affrontare) per una clamorosa marcia indietro, per affermare non solo SIGNORI CI SIAMO SBAGLIATI ma pure E SI SONO SBAGLIATI QUELLI DEL NURC-NATO. Lascia basiti un passaggio dell'articolo di Passiatore "La nave del Nurc (Nato Undersea Research Center), sempre secondo alcune indiscrezioni, pare non abbia più commesse e sia vicina alla chiusura. Secondo alcuni, addirittura, avrebbe tratto un vantaggio dalla scoperta, il 3 novembre, di un oggetto con misure simili a quelle di un container". A parte l'amenità del "chiudere una nave" ci pare di una gravità inaudita affermare o insinuare che la presenza o meno di un container o di un "rifrangente scoglio cubico nel fango" sugli schermi sonar della Alliance possa essere stata influenzata dalle commesse di ricerca che ha o non ha. Pensiamo a questo punto che quelli della Alliance abbiano sostanzialmente di che incazzarsi. Ci sarebbero altri ameni passaggi nella ricostruzione proposta come quelli sulla serietà e sull'attendibilità di Groitl e della sua organizzazione verificata a Marciana Marina (e perchè non a Capraia a Pianosa e sullo scoglio d'Africa?) assai accurata perché durata due o tre mesi buoni, ma stendiamo un pietoso velo. Dopo aver organizzato conferenze stampa naviganti nelle quali la Scialoja doveva mostrare quello che aveva trovato (abortite per la rottura di un cavo) dopo che la RAI aveva "in esclusiva" documentato l'individuazione di una sagoma container-compatibile esattamente dove dicevano i tedeschi, ripetiamo per dare "macchine indietro" si chiacchiera con un singolo giornalista? E lo scoglio cubico che fine a fatto? è sfuggito pure alle prospezioni dei sub della Marina (di cui si è appreso sempre nello stesso articolo) è affondato nel fango insieme alle decine di container che secondo qualcuno vengono distrattamente persi dai naviganti ogni anno, nello stesso tratto di mare che ha probabilmente il record di sversamenti oleosi impuniti (mai preso nemmeno mezzo) del Mediterraneo? Domande oziose si dirà alla luce di quella che presto sarà definita come la verità ufficiale: che viviamo nel migliore dei mondi subacquei possibili e che a denunciare che ci sono delle schifezze sui nostri fondali ci sono solo pentiti di 'ndrangheta, ambientalisti tedeschi, scienziati che devono guadagnarsi la pagnotta, giornalisti allarmisti poco ossequiosi delle sacre istituzioni ... tutta inaffidabile gentaccia!
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