Esimio Direttore Rossi, leggo solo oggi il Suo “a sciambere” della vigilia di Natale, causa vacanze in continente. Pezzo che ha destato il mio disappunto per la Sua affermazione finale “p.s.: il sushi mi fa schifo”. Qui dobbiamo intenderci, perché il sushi non piace neanche a me. Per chi non lo sapesse, il sushi è quella strana ed ormai diffusa pietanza giapponese consistente in un rotolino di riso bollito e alga che avvolge un pezzetto di pesce crudo al centro, da degustare freddo con salsa di soia; un condimento forte che “copre” ogni sapore di mare. A me piace invece mangiare il pesce appena pescato, crudo, affettato sottilmente e condito con olio extravergine e limone o capperi tritati; un salmoriglio delicato che esalta il sapore di mare del pesce “vivo” servito a mo’ di carpaccio, per l’appunto. Mi fido a mangiarlo così solo all’Elba, dove venni iniziato da ragazzino a tale pratica un po’ “primitiva” al “caloncino” di Fetovaia – metropoli dove abito all’Elba e periodicamente mi è stato consigliato di ritirarmi per creare con i numerosi abitanti rispettivamente: a) dei club di Forza Italia, b) nuovi movimenti nazionali, c) nuove province o regioni. Lì un povero polpetto “oglierino” si avviluppò al piede in acqua dell’amico Adriano, che senza troppi riguardi lo uccise mordendolo tra gli occhi e poi ne addentò una granfia, invitandomi a fare altrettanto. Un sapore di mare mi si diffuse in bocca e da allora tale pratica non mi ha più abbandonato, ohibò. Sono consapevole del rischio di scatenare le ire di qualche ambientalista alla Tozzi, quello del Parco, con affermazioni di tale gravità, però Lei non sa cosa perde, tanto più da elbano “verace”. Per porre rimedio alla Sua “ignoranza” – da ignorare, non essere a conoscenza di - ancora sotto i benefici influssi natalizi, anche alcoolici, La inviterei a degustare con me il carpaccio di pesce all’elbana – crudo dunque - nel noto ristorante portoferraiese dove sono stato avvistato con il commissario leghista Buratti Volponi. L’occasione sarebbe propizia, oltre che per prendere Lei confidenza con una pratica alimentare “di mare” che diversi elbani “doc” mi confermano essere antica, anche per convincersi che la Provincia dell’Elba Arcipelago non è una “palla geneticamente modificata”, ma può essere realtà. Se si prende un po’ di consapevolezza del tema e lo si affronta con serietà. Le andasse di traverso il pranzo potremmo sempre rimediare a merenda con una padellata di acciughe sotto sale saltate col cavolo nero annaffiate da abbondante procanico, come da ricetta tratta dal libro “Zuppe e Stornelli” Suo e dell’amico Alvaro Claudi, che volentieri invito al nostro tavolo. Mi faccia sapere. Cordialmente Suo, Stefano Martinenghi p.s. “capodoglio” mi garba, mi ricorda “Moby Dick” di Melville, anche se non gliel’auguro. Caro Lei che mi vorrebbe introdurre alle ittiche crudité, sappia che poveri (vabbé diciamo di modeste origini)si nasce ed io modestamente lo nacqui. Quando frugolo scorrazzavo per le strade di Mortoferraio allora zipillante di vita la merenda che mi portavo al seguito, da consumarsi tra una partita a pallone sgonfio sul piazzale de laugier o una sbraciolante a "passaggi" sul breccino di piazza ai giardinetti alias della repubblica, era costituita da un panino a scelta con olio e sale o con vino e zucchero. Ma c'era pure la variante estiva delle lampade delle quali ero assai ghiotto, le lampade da staccare dagli scogli e da mangiare crude estraendo il mollusco con un'altra lampada come cucchiaio e identico trattamento veniva riservato ai muscoli "nativi" di quelle acque più salubri delle odierne. Vieppiù io imparai a portarmi in spiaggia del pane per mangiare pane e lampade (il fiasco del vino comparve molto tempob dopo). Tutto ciò premesso il "carpaccio di pesce" non lo reggo, pure perché il sapore del limone mi fa schifo più del riporto di capelli di Paolo Bonaiuti. Quindi non datur per il "carpaccio di pèsce", sono irremovibile. Idem per quanto riguarda la provincia elbana; non fui io a definirla "palla geneticamente modificata" ma trovo la definizione calzante anzichennò e le formulo i migliori auguri di un anno che le faccia finalmente prendere coscienza e ravvedersi
patella cerulea lampada