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Il dopo alluvione e le politiche ambientali

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 02 gennaio 2010

Sulle cause, responsabilità e danni delle recenti esondazioni le polemiche naturalmente si sprecano e continueranno. Su un punto l’accordo è pressoché totale; i finanziamenti sono da tempo del tutto inadeguati. Quando l’assessore provinciale pisano Valter Picchi dice che c’era un progetto pronto da 4 anni per una delle zone colpite ma i soldi no, si capisce quanto ciò sia vero. Quando sentiamo il presidente Martini dire che la regione toscana per intervenire subito nelle zone sott’acqua dovrà stornare anche risorse destinate all’Arno è facile capire tra quali difficoltà sono costretti ad operare le amministrazioni locali e le regioni. E tuttavia sebbene sia questa chiaramente una delle cause del ripetersi di tanti disastri annunciati ve ne sono altre sulle quali non sembra esservi altrettanta consapevolezza e attenzione. Hanno certo ragione coloro che parlano di cemento facile che si abbatte pesantemente su un territorio idreologicamente fragile ed esposto come il nostro. Ma anche qui non basta rifarsela con le strade ‘spaccamaremma’ come torna a denunciare Furio Colombo. Perché -e per di più nel momento in cui si parla e si straparla di riforme, di funzionamento delle nostre istituzioni, di federalismo- sono così rari e sfuggenti i riferimenti a quell’assetto idrogeologico al quale abbiamo dedicato a suo tempo una legge importante e innovativa affidando alle autorità di bacino compiti di pianificazione e non si semplice manutenzione e controllo. L’Arno, il Serchio, il Magra hanno tutti delle autorità preposte alla gestione degli ambienti fluviali in ambiti intercomunali, interprovinciali e interregionali. Una scala di intervento che come si vede va bel al di là di quelle comunali ed anche provinciali. L’idea della pianificazione ambientale di bacino scaturiva da questa semplice ma spesso dimenticata ragione. La loro –ripeto- pianificazione, è preposta non solo a mettere in sicurezza i fiumi ma a gestirli sulla base di una tutela ambientale effettiva e complessiva come stabiliscono anche non nuove disposizioni comunitarie causa spesso di sanzioni al nostro paese. Qualcuno in questi giorni polemicamente ha detto che prima di metter mano alle piste ciclabili sarebbe stato opportuno valutare la condizione degli argini. Anche per l’Arno quando si è annunciata una lunghissima pista ciclabile (non sappiamo se l’autorità di bacino ne sa qualcosa) si è detto che prima bisognerebbe valutare i possibili effetti che essa potrebbe avere. Una gestione seria degli ambiti fluviali ha bisogno certo di soldi ma anche di idee, di una capacità di mettere in rete diverse e varie competenze in materia ambientale più e prima ancora che urbanistica. A questo mirava d’altronde la legge 183 manomessa alcuni anni fa nel silenzio pressoché generale e non solo di Bertolaso. L’intento fu semplicemente e colpevolmente di ricondurre il più possibile il volano di comando al ministero come poi è avvenuto anche per il paesaggio. Per le chiacchere il federalismo va bene ma quando si tratta di gestire il territorio le regioni e il resto contano poco. La finanziaria da poco approvata al comma 240 dice che per il risanamento ambientale sono destinati 1000 milioni di euro che saranno utilizzati sentite le autorità di bacino. Sentite e non d’intesa è la formula che piace tanto al governo in barba al decantato federalismo. Sono previsti anche accordi di programma con le regioni ma evidentemente vale sempre la formula del sentito. Ora il cemento facile che si è tornati giustamente a denunciare è anche il frutto di questa mortificazione degli strumenti di pianificazione messi da parte o lesionati per lasciare campo libero a gestioni urbanistiche che dell’ambiente se ne infischiano. Vale per la 183 ma anche per il paesaggio, per i parchi. Ecco perché anche la Toscana che come dice Settis ha sicuramente le carte più in regola di altri deve sapere ricondurre –più di quanto finora è accaduto- i suoi strumenti e progetti urbanistici a quel complesso di ‘invarianti ambientali’ a cominciare proprio dall’assetto idrogeologico che a differenza del regime urbanistico va ricondotto a dimensione e scale diverse e soprattutto a finalità diverse appunto ambientali. E questo non dipende da Copenaghen.


alluvione in toscana fiume

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