Il 22-23 gennaio si terrà a Firenze il Congresso nazionale di Legautonomie appuntamento cade in un momento di grande turbolenza politico-istituzionale. Mai come in questo momento, infatti, abbiamo registrato una situazione tanto paradossale nel dibattito sulle riforme dell’assetto costituzionale. In nessuna precedente stagione che ha segnato il pur tribolato processo di riforma delle nostre istituzioni è stato così marcato il divorzio tra i ‘titoli’ –oggi addirittura il federalismo- e quel che concretamente accade o si preannuncia anche in documenti che dovrebbero tracciarne il percorso e l’approdo. C’è innanzitutto una connotazione che sembra essere venuta meno quasi totalmente. Allora il dibattito e il confronto riguardò soprattutto come assicurare allo stato una rinnovata capacità di governo complessivo coinvolgendo e responsabilizzando maggiormente le regioni e gli enti locali. Questo processo con le sue luci e ombre permise comunque per la prima volta –la cosa risultò di particolare rilevanza in Toscana- alle province e ai comuni grazie anche alle regioni di ricondurre aspetti e materie specie in campo ambientale e di programmazione del territorio a quella gestione pubblica che fino a quel momento non era prevista (inquinamento, protezione del suolo e della natura), o era affidata unicamente alle burocrazie ministeriali come il paesaggio. Si chiudeva la stagione in cui i sindaci –come si disse – dovevano recarsi a Roma con il cappello in mano- e si aprì quella in cui gli enti locali e le regioni diventavano protagonisti di quel nuovo governo del territorio e delle politiche di pianificazione che fino a quel momento non erano previste o comunque escludevano le autonomie confinate in un ruolo subalterno soggetto alle tutele prefettizie. Rispetto a tutto ciò la nuova stagione così tanto conclamata e declamata del federalismo dovrebbe –stando ai titoli- far fare a questo processo quel salto ulteriore idoneo a coinvolgere regioni e enti locali nella gestione anche delle risorse finanziarie su quel piano di pari dignità previsto dal titolo V della Costituzione. Ma se si va a vedere innanzitutto cosa succede in concreto ed anche cosa si preannuncia nei testi in circolazione che rimandano ad altri testi e deleghe sempre o quasi foriere peraltro di brutte sorprese-ci si accorge senza troppa fatica- come giustamente ripete Oriano Giovanelli presidente del Legautonomie dall’incontro di Viareggio in poi- che ben altra è l’aria che tira. Altro che nuova responsabilizzazione delle regioni e degli enti locali in chiave federalista, ma una raffica di tagli, di potature destinate solo a depotenziarne e burocratizzarne il ruolo ed accrescerne la già diffusa e perniciosa conflittualità che fa somigliare troppo spesso le autonomie ai polli di Renzo. Taluni capitoli e titoli sembrano gli stessi di altre stagioni perché sono sicuramente tutt’altro che nuove le discussioni –tanto per fare un esempio-sul ruolo delle provincie, dei piccoli comuni, delle forme di collaborazione tra enti locali, consorzi etc, solo che allora il disegno era rivolto a ridefinirne i ruoli attraverso nuovi compiti di governo e di programmazione che oggi sono tutti più o meno rimessi in discussione o in lista d’attesa per l’ abrogazione come le comunità montane, consigli di quartiere e di circoscrizione o a ruoli ‘precari’ e comunque ridimensionati; giunte, consigli o per molti versi ricondotti a tutele ministeriali che con il federalismo c’entrano quanto i cavoli a merenda. E tutto questo mentre non si riesce a mettere insieme il desinare con la cena ed alcune delle leggi che specialmente in campo ambientale avevano segnato una conquista importante dalla legge 183 sul suolo alla 394 sui parchi proprio nel momento in cui la partita sull’ambiente diventa decisiva sul piano mondiale, sono state negli ultimi anni ridimensionate e manomesse nel silenzio o quasi delle istituzioni e delle forze politiche nessuna esclusa. Anche in realtà come la Toscana che sul governo di questi problemi aveva costruito un vero e proprio ‘modello’ di riferimento nazionale non si è brillato. Insomma anziché discutere su come le istituzioni possono meglio rispondere alle nuove sfide del governo del territorio per improntarlo alla ecosostenibilità e non al consumo dissennato, qui si cerca di azzoppare le autonomie in nome della riduzione dei costi della politica cercando pretestuosamente e impudicamente un capro espiatorio proprio negli enti locali. E il tutto mentre i soliti furbetti ministeriali in nome dei costi della politica da ridurre tagliano rappresentanti di qua e là ma mettono sempre al sicuro quelli del ministero e in qualche caso ne aggiungono di nuovi. Che si ripropongano in brutta copia temi già affrontati ed anche risolti a suo tempo- penso alle province che videro impegnati da La Malfa a Berlinguer e che nessuno ricorda neppure in Toscana dove pure sperimentammo allora le associazioni intercomunali in cui qualcuno intravide addirittura il futuro comune senza più campanilismi a cui si è tanto affezionati nella nostra regione, dovendosene quasi subito però ricredere faticando poi non poco per rimediare- non ci avvantaggia davvero un questo confronto dove a condurre il gioco sembrano altri. In una recente iniziativa a Pisa abbiamo discusso,ad esempio, del governo del territorio di cui non c’è traccia nel testo Calderoli e dove si accenna soltanto e in termini poco chiari alla gestione urbanistica. Eppure su cosa significa e vuol dire governo del territorio c’è un voto parlamentare che non lascia dubbi sul fatto che esso spazia in ambiti ben più ampi e complessi dell’urbanistica di cui peraltro non si è riusciti neppure in parlamento a innovare niente e del cui ‘fallimento’ discute oggi il mondo della cultura. E qui si trova anche una spiegazione di quei silenzi che hanno accompagnato i provvedimenti che ho ricordato e che hanno mazzolato alcune delle leggi più importanti per una pianificazione vera. ( vedi anche l’attualità la legge 183) E’ l’idea cioè che ritroviamo anche in Toscana che la filiera regione, province comuni sia in grado di rispondere interamente a quei problemi che in quel triangolo non trovano invece risposte adeguate perché mancano proprio quegli ambiti dai parchi ai bacini che non sono riconducibili a confini amministrativi ma appunto ambientali e non angustamente settoriali e che operano su adeguate scale e dimensioni ambientali come avviene in quasi tutta europa. Ecco perché il Congresso nazionale di Legautonomie alla vigilia del prossimo confronto elettorale per il rinnovo dei consigli regionali non potrà eludere questi nodi. E per farlo dobbiamo uscire dall’angolo dove la irresponsabile stretta governativa nei confronti degli enti locali rischia di isolarli facendo delle vittime un capro espiatorio.
sindaci