Stiamo assistendo, in questi giorni che hanno proiettato l’Isola d’Elba all’attenzione nazionale per deprecabili fatti che se giudiziariamente accertati avrebbero natura tutt’altro che promozionale, al contemporaneo gioco di certa stampa locale –che più che organo di informazione sembra svolgere una schierata azione fiancheggiatrice per le ormai prossime consultazioni elettorali– nell’insinuare, con un insolito utilizzo del manuale “Cencelli”, la sussistenza di maggiore colpevolezza ascrivibile al governo di una individuabile parte politica piuttosto che dell’altra. Si evidenzia a più riprese che attualmente la maggioranza dei centri decisionali elbani è retta da coalizioni di centro-destra, quasi come un terreno di coltura, favorevole incubatore di fenomeni affaristici. Attenta ad evitare però un diretto confronto con altrettanto poco chiari affari attuali, recenti ed anche meno recenti a livello provinciale e regionale, ove il terreno risulta da sempre coltivato da ben diverse coalizioni. A parte l’episodio del sorvolo dell’elicottero sull’Isola di Pianosa, che per come si sono svolti i fatti e per il falso “scoop” sulla presenza di costruttori edili qualcuno sarà pur chiamato a rispondere, quello che intendo dire è che qualora le ipotesi di reato di cui alle indagini in corso in questi giorni risultassero malauguratamente fondate, le relative deplorevoli azioni resterebbero ascrivibili ad esclusivi disonorevoli comportamenti umani, indistintamente assunti e politicamente incolore. Ciò che comunque conforta, in questo pur innegabilmente negativo frangente, è la constatazione che il territorio elbano non ha comunque subito finora rilevanti stravolgimenti ambientali dovuti a fenomeni di cementificazione di massa (tanto da essere inserito fra i parchi nazionali), oltre al giudizio dei villeggianti abituali ed occasionali che attestano l’esistenza di tanto verde e che parlano di costruzioni ancora in sintonia con l’ambiente. E sulla persistenza di tale giudizio qualche merito, negli ultimi tempi, è ascrivibile anche all’azione del Parco che ha evitato il sorgere di qualche insanabile sfregio ambientale e qualche altro impattante intervento in zone di rilevante pregio naturale. Ma in tali occasioni si è potuto intervenire in quanto le aree interessate ricadevano nell’ambito del perimetro soggetto alla giurisdizione dell’Ente Parco; in altre zone ciò non risulta possibile. Ci si trova quindi, pur di fronte ad un contesto unitario e circoscritto come può essere considerata l’Elba nel suo complesso e dove qualsiasi azione svolta in un sito interagisce sugli ambiti territoriali limitrofi, nell’impossibilità però di svolgere una coerente unitaria azione di tutela ambientale. E ciò che è più incongruente è che tale azione, per il territorio al di fuori del perimetro del Parco, non possa essere svolta neanche in concomitanza della fase programmatoria. E quale migliore opportunità di questa in cui i Comuni stanno portando all’approvazione i propri strumenti urbanistici per una programmazione che interesserà il territorio per i prossimi vent’anni? Tale necessità di coordinamento complessivo è stata dal Parco sottoposta da tempo ed a più riprese all’esame dei competenti organi istituzionali regionali, ma finora nessun effetto ne è sortito; si spera che finalmente qualcosa possa muoversi. E, se il silenzio sulla proposta di coordinamento da parte del Parco anche al di fuori dell’area protetta fosse per caso dovuto alla circostanza del commissariamento dell’Ente Parco, ritengo che il problema possa essere risolto con l’istituzione di apposito tavolo di concertazione con la Comunità del Parco. Un’ulteriore proposta, atta a superare la frammentarietà di una perimetrazione del Parco fatta da lontano ed a tavolino da soggetti privi della necessaria conoscenza dei luoghi, ritengo di dover ancora una volta rappresentare alla stessa Regione: iniziamo il percorso procedurale per una modifica della perimetrazione e contemporanea istituzione delle aree contigue! Sono queste due proposte, una più immediata e l’altra compatibile con i necessari tempi procedurali, che possono sopperire all’esigenza –ormai irrimandabile– di un accorto coordinamento finalizzato ad una più consona azione di politica ambientale. Un’azione che, in una visione comunque antropocentrica di conservazione sostenibile, preservi un territorio –oggi ancora pregevolmente godibile– da una sorta di ferite poi difficilmente sanabili.
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