Se dopo aver finito di declamare una qualsiasi strofa ti senti scuotere dentro, allora forse lo puoi esclamare: è poesia. Mettendola sotto questo punto di vista, una delle più belle in assoluto è stata magistralmente scritta, contro tutto e tutti, da Enzo Bearzot nell’estate del 1982 e va recitata così, come si usava una volta, ai bei tempi che furono dei terzini e delle ali, degli stopper e dei centravanti, dei mediani e del libero: Zoff Gentile Cabrini, Oriali Collovati Scirea, Conti Tardelli Rossi Antognoni Graziani. E poi chi è che non la conosce? Chi è che quando rievoca questa leggendaria formazione non si emoziona di nuovo, magari soffermandosi sui flash, che so: all’urlo di Tardelli nella finale? O al miracolo di Zoff allo scadere contro il Brasile? Oppure a Gentile che si sbrana a coppiola Zico e tal Diego Armando Maradona? Alzi la mano infine chi si è scordato il nome di colui che indossava la maglia numero 20….. Questa impareggiabile poesia, oserei dire magia – una su tutte: il coinvolgimento emotivo del Presidente Pertini - in questi lunghi anni è sempre stata lì, immortalata nel poster dell’Intrepido affisso in alto sulla destra, dentro al piccolo negozio di alimentari, al 6 (praticamente all’inizio) di Via Carducci a Portoferraio. E ci rimarrà fino al prossimo sabato, poi non più. Perché sabato 28 Novembre quella bottega, custode di tanti ricordi di svariate generazioni, sarà aperta al pubblico per l’ultimo giorno. Gli storici titolari, i coniugi Bacci, hanno detto stop, fine delle trasmissioni: si chiude i battenti e si va in pensione. Ed andare a scovare una piccola attività commerciale, di quel genere, che in 40 (quaranta!) anni non ha mai cambiato non soltanto gestione, ma neanche più di tanto forma e arredamento, rimanendo immune a perenni chiari di luna ed alla dura legge del (super) mercato, non è cosa da poco, anzi è un misterioso evento raro. Arriviamo dritti al punto: la magia di quel negozio, proprio come del poster lassù in cima, era quella di fermare il tempo. L’ho scrutata per l’ultima volta l’altro giorno quella poesia affissa al muro, ipnotizzato come al solito, ed ho notato che la carta non si è ingiallita, neanche un po’. Altre riprove? Nel linguaggio comune non è mai esistita una dicitura specifica per quella bottega - a parte un farfugliato “dal Bacci” - ed anche se formalmente c’era il nome sull’insegna all’esterno (che ad onor del vero ogni tanto cambiava) nessuno ci faceva minimamente caso. Una volta varcata la soglia di ingresso poi, ti ci ritrovavi al volo, perché tutti, ma proprio tutti gli oggetti, da quelli sugli scaffali ai cibi nel banco frigo, erano in ordine e disposti come il giorno, il mese, l’anno prima. Potevi stare anche mesi senza metterci piede, ma quando accadeva avevi la sensazione che dall’ultima volta fossero passati appena tre/quattro giorni, al massimo una settimana. Ed infine venivi chiamato affettuosamente col solito nomignolo, a prescindere da quanto fosse passato dal cambio dei denti di latte. Ma il tocco finale, il segreto, l’ingrediente magico, o se vogliamo l’incantesimo, era tutt’altro: chi stava dietro al banco ti catturava sempre con quell’avvolgente e genuino sorriso. Perché quando uscivi da lì dentro, dopo esserti immancabilmente intrattenuto a conversare (sia del più e del meno che di argomenti seri, dipendeva dalle circostanze), lo facevi di buonumore tutte le sante volte, venivi contagiato senza nemmeno rendertene conto. E hai detto scansati! Ci correva (e ci correrà) infatti un abisso tra quello speciale sorriso e quello standard del mondo esterno, troppo spesso (quest’ultimo purtroppo) di plastica, preconfezionato ed infiocchettato. Eh sì, non era un posto come un altro quello, ed hai voglia di cercare di spiegarne i motivi… Era magia la loro! Nell’essere persone per bene prima di tutto, e poi cortesi, gentili, gioviali, con una semplicità ed una dignità professionale senza eguali. Quella dignità soltanto una volta brutalmente scalfita, peraltro di recente (l’anno scorso), dallo sciagurato di turno che ha osato forzare la saracinesca e derubare il negozio, di pochissime cose per fortuna. Dopo una vita trascorsa a lavorare sodo dietro a quel banco – talvolta in condizioni di salute a dir poco precarie e con pressoché zero ferie - non se la meritavano per niente quella sorpresina al risveglio Carla e Franco, anche se in sostanza “non era successo nulla” ed hanno tirato di lungo col sorriso di sempre, fino al (per certi aspetti indesiderato) capolinea. Già, il capolinea, raggiunto sì in disinvoltura, ma è impossibile rendere l’idea del mal di pancia delle ultime settimane (prendeva ai clienti abituali, figurarsi a loro) nel veder andare lentamente ed inesorabilmente, a ordini di fornitura quasi tutti bloccati, quella stanza svuotarsi. Chissà chi rileverà quel negozio ora, chissà in che cosa sarà eventualmente trasformato, ma la domanda vera è una sola: quell’alone di magia resterà ancora dentro quelle quattro mura? Forse sarà meglio di no, perché alla resa dei conti è giusto sgomberare il campo da tutto e lasciare che sia. Lasciare cioè che quel magico incantesimo se ne vada via da lì, per sempre, indisturbato, finalmente libero di entrare nella storia di uno dei più storici ed affascinanti quartieri di Portoferraio, il Ponticello. Passando ovviamente dalla porta principale (e ci mancherebbe altro), ma senza tanti squilli di tromba né prepotenza alcuna, bensì con il solito, impeccabile stile: sottovoce, in punta di piedi. Soltanto allora, a sipario definitivamente calato, si scoprirà che un profondo ed eterno solco sarà stato scavato. Perché quelle due inossidabili presenze e quel meraviglioso modo di stare lì, tra la gente, nessuno potrà mai rimuoverle dalla propria memoria. E poi chissà, magari qualcuno se le custodirà, avvolte in un sottile velo malinconico, nello scrigno dei dolci ricordi. Nel frattempo, ed è sempre stato un mio desiderio sin da bambino, mi sa che io a Franco quell’immortale poster stavolta glielo chiedo davvero. Tante volte avesse a darmelo (guarda caso è il mio compleanno)… Ci credo poco, però non si sa mai.
Coniugi bacci