LIVORNO. Sul Sole 24 Ore di ieri, annegato in un articolo generale sulla politica “taglia-enti” del duo Tremonti-Brunetta (ed ancor più in una infinita tabella riassuntiva) c’era la spiegazione di cosa sia il riordino degli Enti parco nazionale contenuto nel Dpr di riordino presentato dal ministro dell’ambiente Stafania Prestigiacomo. La “taglia enti” modifica l’assetto di tutti i consigli direttivi dei Parchi nazionali che dovranno essere sciolti e ricostituiti per passare dagli attuali 12 a 8 membri. La cosa non riguarda il presidente del parco (che la legge 394/91 indica come un organo dell’ente a sé stante). Il risparmio che si ottiene tagliando 128 posti nei direttivi dei 23 parchi nazionali italiani è di ben 144.556 euro all’anno, cioè 1.129 euro a testa tagliata, praticamente nulla, visto che i componenti dei direttivi dei parchi nazionali non sono retribuiti e che si tratta di miserrimi gettoni di presenza e magrissimi rimborsi. Allora perché la Prestigiacomo procede ad un riordino pesante ma praticamente inutile? La spiegazione è tutta politica, clamorosamente politica, e in maniera del tutto inaspettata rispetto a quel che proclamano localmente il centrodestra ed i suoi amministratori, e sta tutta nei numeri che svela un recente comunicato del Wwf: «Poiché i consigli sono imposti in modo da rappresentare varie componenti della società civile e delle comunità locali, il governo ha ridotto proporzionalmente i membri lasciando inalterato il meccanismo di rappresentanza previsto dalla legge quadro sulle aree protette. In particolare passano da 5 a 3 i consiglieri in rappresentanza degli enti locali, da 2 a 1 quelli in rappresentanza delle associazioni ambientaliste, da 2 a 1 quelli in rappresentanza del mondo scientifico ed accademico. Rimangono invece inalterate la rappresentanze ministeriali in capo all’Ambiente (2) e Politiche Agricole (1)». Vi ricordate la recente visita all’Isola de Giglio del presidente leghista della Commissione ambiente della Camera Angelo Alessandri (con annesso incidente diplomatico con il presidente del parco nazionale Mario Tozzi) che annunciava una svolta federalista per i parchi? Vi ricordate i proclami del sindaco gigliese di centrodestra Sergio Ortelli che chiedeva addirittura che i parchi nazionali fossero gestiti dai comuni? Beh, scordatevi tutto, la Prestigiacomo è andata in direzione contraria, rimpastando i direttivi dei parchi nazionali secondo un modello che è proprio quello che il centro-destra dell’Arcipelago toscano (e altrove, praticamente dappertutto) accusava di voler mettere in piedi agli ambientalisti ed alla sinistra: più potere a “Roma ladrona” e diminuzione della presenza degli enti locali e delle rappresentanze della società civile (a dire la verità non molto amate dai politici locali). Ma il Dpr di riordino porta con sé altre conseguenze immediate che rischiano di essere localmente politicamente devastanti. Prendiamo il caso del tormentato Parco dell’Arcipelago toscano: la battaglia a colpi bassi che ha portato alla recente nomina dei 4 nuovi rappresentanti della Comunità del Parco all’interno del direttivo dell’Ente parco, finita con una disfatta di un poco sveglio centro-sinistra e con tutte le poltrone locali occupate da Pdl-Lega Nord, è stata una cosa virtuale, quei 4 nel direttivo del parco non ci entreranno. Tutto azzerato e si ricomincia da capo, con una complicazione in più per il centrodestra: con 3 poltrone disponibili il giochino del voto disgiunto non funziona, alla minoranza di centro-sinistra toccherà almeno un consigliere. Ma la ferita più grave inferta (anche dai ministri leghisti che hanno approvato senza battere ciglio) alla sicumera del presidente della Commissione ambiente della Camera ed al sindaco autonomista del Giglio è il mantenimento inalterato del numero dei componenti di nomina ministeriale che, con il presidente, l’ambientalista e il rappresentante delle università (anch’essi nominati dal ministro dopo consultazione) avranno una ancor più schiacciante maggioranza nel direttivo del parco. Il sogno proto-leghista della destra insulare si è trasformato nel concretissimo incubo centralista ed accentratore delle scelte del loro governo che, per paradosso e contrappasso, avviene attraverso l’applicazione dell’osannata politica “taglia-enti” e “taglia-sprechi” tremontiana e brunettiana e con un vero e proprio colpo di mano di un ministro, la Prestigiacomo, al quale la Lega Nord dell’Elba aveva dato l’avviso di sfratto solo qualche mese fa e di un ministero, quello dell’ambiente, del quale il leghista Gigliese Mattera (uno dei prematuramente trombati ancor prima di poter aprire la porta del Consiglio direttivo dell’Ente parco) aveva annunciato la prossima abolizione, non solo a livello nazionale, ma anche europeo. Venendo alle cose serie, il Wwf spiega di sostenere da tempo «la necessità di una semplificazione degli enti parco e di un alleggerimento anche dei consigli. L’esperienza dimostra che in molti casi i parchi operano tramite la giunta esecutiva, composta da soli 5 membri, più che tramite i consigli, spesso faticosi non solo nella gestione ma anche nella convocazione» ma pur condividendo l’obiettivo del governo è perplesso rispetto al metodo seguito: «Modificare una legge nazionale che prevede complessi meccanismi di partecipazione e rappresentanza avrebbe dovuto implicare una serie di passaggi preventivi di condivisione che non ci sono stati. E’ vero che oggi il Dpr di modifica della legge è previsto da una norma specifica e dovrà avere un passaggio obbligatorio nella conferenza Stato-Regioni, ma è altrettanto vero che la legge quadro sulle aree protette, che regolamenta il meccanismo consigliare dei parchi, è stata frutto di estenuanti confronti e mediazioni che hanno coinvolto non solo il Parlamento ma anche molti protagonisti del mondo dei parchi, degli enti locali e del mondo universitario. Non convince infine lo scioglimento anticipato degli enti e, se questo verrà confermato, le conseguenti nuove nomine. In una situazione di rinnovo degli organi delle regioni, i cui pareri sono obbligatori al fine di qualsiasi nomina negli enti parco, il rischio che si corre è di rallentare il processo di gestione e pianificazione attualmente in corso. Inoltre, essendo il presidente dell’ente un organo diverso dal consiglio, nel caso questo mantenesse le proprie funzioni anche a consigli sciolti, si avrebbe un disallineamento delle nomine che potrebbe portare uno stesso presidente ad avere due consigli diversi o un consiglio ad avere due presidenti diversi, a seconda dell’incastro delle scadenze degli uni e degli altri». Tanto per capirsi e ritornando alla paradigmatica situazione del turbolento Arcipelago toscano: il presidente Mario Tozzi, inviso a leghisti e destra isolana, si trasformerà così davvero in un “presidente-dittatore” con i poteri del consiglio e la cosa durerà a lungo (probabilmente molto a lungo) in attesa dell’invio delle candidature al ministro da parte delle associazioni ambientaliste ed università, delle nuove nomine ministeriali, delle elezioni regionali, della nomina della nuova giunta regionale, della concertazione con il ministero, dell’approvazione delle nomine ministeriali da parte delle Commissioni ambiente di Camera e Senato… Non a caso il presidente della Federparchi, Giampiero Sammuri, non si era mostrato per nulla entusiasta già prima dei dettagli svelati dal Sole 24 Ore: «Avevamo chiesto che la volontà di procedere ad un riordino degli Enti Parco nazionali si accompagnasse ad una volontà di confrontarsi con i Parchi stessi, con la loro associazione e con tutte le componenti interessate, per coinvolgerle in una efficace azione di rilancio del sistema. Ora apprendiamo, anche se il testo preparato ancora non si conosce, che tutto si ridurrebbe ad una diminuzione del numero dei membri dei Consigli direttivi. E di una diminuzione senza criteri flessibili, ma uguale per tutti i Parchi, per quelli di ottanta Comuni come per quelli di un Comune solo. In realtà un contenimento di poche migliaia di euro che potrebbe portarsi dietro danni assai maggiori, dovuti a paralisi e contenziosi, se il provvedimento non metterà al riparo gli Enti da improvvidi e intempestivi scioglimenti degli organi e se esso non seguirà la via della concertazione, utile in ogni caso e soprattutto dovuta per il tipo di legge, la legge quadro 394, che si intende modificare». Dal federalismo proclamato localmente si è passato ad un centralismo senza concertazione: «Si potrebbe cambiare la legge sugli Enti locali senza consultare l'Anci?» si chiede Sammuri. Eppure è quel che è successo con Federparchi e con gli stessi Enti locali ed Enti parco. Ma Prestigiacomo, Tremonti e Brunetta contano su un riflesso condizionato che è sempre scattato in qualsiasi occasione di contrasto politico che ha coinvolto i Parchi: se una cosa la propone il centro-sinistra scoppia una rivolta (spesso capeggiata localmente anche dal Pd) se le stesse cose o “peggio” le propone il centrodestra, tutti zitti, anche gli indipendentisti antiparco gigliesi ed elbani. C’è da giurarci che succederà anche questa volta.
Umberto Mazzantini n.