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Controcopertina: Le anonime proposte di modifica della legge quadro sui parchi

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 11 novembre 2009

Forse il ricorso ai Dossier di anonima provenienza sta prendendo piede anche in campo normativo almeno a giudicare dal testo che sta circolando con una serie di proposte di modifica della legge 394. Si tratta infatti di un testo mancante anche di un titolo oltre che di una qualche firma e messo in circolazione non si sa da chi. Certo sulla paternità specie dopo la lettera del Ministro Prestigiacomo al Presidente Errani che annunciava un ampia riforma della legge sui parchi si può anche azzardare qualche ipotesi e l’anonimato potrebbe costituire anche la conferma che a Roma si esita persino ad assumersi dirette responsabilità viste le figuracce di precedenti sortite alla Calderoli. Ma nell’attesa di far ‘luce’ su queste strane e sconcertanti modalità di cui tutto si può dire tranne che questo sia un modo serio di governare oltre che di fare le leggi è giusto –anzi doveroso- dire subito che se il buongiorno si vede dal mattino è meglio aprire l’ombrello. Sapevamo peraltro che un gruppo aveva iniziato al Senato a predisporre talune proposte di modifica della legge che avevano riguardato principalmente le aree protette marine. Anche questo testo pur muovendo –come vedremo- da altri aspetti si cimenta soprattutto su questo fronte con approdi coerenti con l’altro testo ma se possibile ancor più sconcertanti in quanto più puntuali. Richiamo subito questo aspetto perché non v’è dubbio che quello delle aree protette marine a distanza di 18 anni dalla entrata in vigore della legge quadro è il comparto che ha fatto più acqua e richiede perciò le maggiori ‘correzioni’ per renderlo –ecco il punto- più coerente e conforme allo spirito oltre che alla lettera della legge 394. Invece le proposte qui avanzate vanno in direzione opposta divaricando ulteriormente le aree marine dal contesto generale con tanti saluti a qualsiasi possibilità di ‘integrazione’ che resta il problema di fondo anche in rapporto alle politiche e disposizioni comunitarie. Sul piano dei ‘Principi generali’ poche variazioni dove –tanto per fare un esempio- valori ambientali e naturali lasciano il posto a valori naturalistico ambientali. Si fa ovviamente riferimento in materia di operazione al nuovo art 117 della Costituzione successivo al 91. Ma dove si comincia ad avvertire la poca -.anzi nessuna- voglia di tener conto delle novità istituzionali è l’art 8. Qui il rapporto con le regioni ordinarie resta affidato al sentite mentre per le altre rimane l’intesa. In tempo di federalismo più conclamato che praticato qui avvertiamo da un lato la conferma di un rapporto privilegiato con le regioni e province speciali che da tempo suscita legittime perplessità e dall’altra la pretesa ministeriale di confinare il ruolo delle regioni in uno spazio ancellare che spariranno del tutto- ma lo vedremo più avanti- in organi di gestione delle aree protette marine. Del resto nell’altro testo a cui abbiamo fatto riferimento una delle modifiche previste è proprio la cancellazione di qualsiasi ruolo delle regioni nella istituzione di aree protette marine in quei tratti di mare prospicienti a cui fa riferimento la legge quadro. Dopo questa partenza il testo passa ad occuparsi degli organi del parco e del presidente che sarebbe non più nominato d’intesa con le regioni interessate ( anche qui siamo senza ritegno ad un ‘fatti più in là’) così pure il direttore tecnico che non sarebbe più scelto dal ministero sulla base di una terna ma a proprio comodo. Ora se c’è una cosa che in questi anni è emersa in maniera incontrovertibile alla luce soprattutto delle esperienze regionali è che il direttore deve sceglierselo l’ente che è il solo in gradi di valutare concretamente le sue esigenze. Anche qui insomma prevale una vocazione burocratica e accentratrice che trova conferma nel silenzio sulla vigilanza nei parchi nazionali. Nei 18 anni trascorsi non si contano i casi e gli episodi che hanno al di là di ogni ragionevole dubbio che la vigilanza di un parco deve dipendere a tutti gli effetti dal parco stesso e non da mezzadrie fasulle con il ministero dell’agricoltura e foreste. Ma evidentemente non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Si passa poi a quei tagli che ormai dilagano nel sistema istituzionale che in questo caso prevedono il passaggio da 12 a 8 i componenti dell’ente parco. Resta però inalterato il criterio balordo che questa misura come quella precedente si applica al parco con un solo comune come al parco che di comuni ne ha molte decine. Eppure anche qui l’esperienza regionale avrebbe dovuto insegnare qualcosa e cioè che è ragionevole adeguare il numero dei membri del consiglio dell’ente alla dimensione del parco. La Maremma e san Rossore hanno dimensioni diverse e diversa è la composizione dell’ente gestore. In compenso i tagli previsti non riguardano –ma sarà un caso naturalmente- solo i rappresentanti del ministero dell’ambiente. I pareri della Comunità del parco se non ci siamo sbagliati da obbligatori diventano obbligatori non vincolanti. D’altronde se per il piano del parco in caso di inadempienza la legge quadro parlava di ricerca di una soluzione concordata ora si passa subito ad un commissario ad acta del ministero. Sembra la marcia trionfale dell’Aida per sgombrare il più possibile il campo da quei contrappesi che evidentemente al ministero stanno sullo stomaco. Ma dove questo fastidio ministeriale verso tutto ciò che implica e richiede una gestione unitaria e integrata dei parchi e quella ‘leale collaborazione’ che pure è principio costituzionale tocca sfrontatamente il suo apice è proprio sulle aree protette marine. Qui bisogna ricordare innanzitutto che finora le aree protette marine nonostante la legge quadro non sono state gestite sulla base della legge che è stata ignorata e aggirata in maniera anche fraudolenta sia per quanto riguarda la loro gestione da parte dei parchi terrestri quando confinanti sia sulla base degli stessi strumenti; enti e piani. Sul promo fronte Portofino segnò l’avvio di questa separazione pretestuosa con avrebbe poi riconosciuto la Corte dei conti smentendo l’assunto che solo ai parchi nazionali poteva essere affidata la gestione di un’area marina ancorchè con l’aggiunta di quel derelitto che erano le commissioni di riserva previste dalla legge 979 dell’82. Ma anche dove non si poneva il problema dell’affidamento il tipo di gestione prevista e attuata per le altre aree protette marine se ne infischiò della legge quadro ricorrendo alle più svariate e precarie gestioni purchè dipendessero solamente dal ministero. Su questa base si è riusciti persino a far naufragare l’esperienza di Ustica. Data questa situazione tanto assurda che in 18 anni non si è riusciti neppure a istituire una anagrafe cosicchè le aree protette marine risultano praticamente clandestine sarebbe l’ora di uscire. E se si decide di mettere mano alla legge la prima cosa da fare dovrebbe essere quella di rimediare finalmente a questo inconcepibile situazione. Ma qui la lettura del testo ( ma già il prima tracciava significativamente il solco) lascia basiti. L’art XX abroga l’art 25 della 979 e poi passa a configurarne la gestione. Non vi è alcun tentativo di configurarne il carattere e la tipologia per individuare –tanto per dirne una- in quali casi è bene fare riferimento ai parchi terrestri esistenti. Eppure vi sono aree protette marine di cui si parla dalla notte dei tempi dal Conero alla Meloria dove operano due importanti parchi regionali, oppure alla telenovela delle aree marine da includere nei parchi nazionali come quello dell’Arcipelago. Oppure si legge che un senatore vorrebbe farne una in Sicilia a carattere serpentizio nel trapanese per piantare finalmente una bandiera nazionale in Sicilia facendo sbarcare dopo Garibaldi lo stato. Qui il testo è di manica larga perché avanza ben due ipotesi. La prima; il consiglio direttivo è composto da 5 membri da individuarsi d’intesa con le regioni. La seconda porta i componenti a 7 (una cabina di coordinamento) da cui sono esclusi gli enti inadempienti. Il decreto istitutivo elenca i divieti che possono essere rimossi solo da ministero. Né nel primo né nel secondo caso lente di gestione deve fare il piano previsto dalla legge quadro per tutti i parchi nazionali o regionali che siano. Senza il piano viene meno qualsiasi obbligo a quella gestione integrata di cui il ministero si è sempre altamente infischiato. La cosa buffa è che dal presidente il ministero pretende una relazione annuale che a Roma dovrebbero fare per legge e che snobbano da non sappiamo quanti anni. E perché siano chiare fino in fondo le intenzioni del ministero è prevista la istituzione a Roma di una ‘Cabina di coordinamento costituita dal presidente, 6 nominati dal ministero, 1 dalle accademia, 1 dalle associazioni di categoria, 1 dalla capitanerie di porto, 2 esperti provenienti da tecnici delle aree protette marine. No, non abbiamo dimenticato qualcuno perché delle istituzioni non c’è alcun rappresentante. Ora di cabile di coordinamento o di pilotaggio abbiamo già conosciuto quella sul santuario dei cetacei di cui si stanno ancora cercando le tracce


parco arcipelago stand festambiente

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