"Nonno ma come erano i Computer quand’eri piccolo?" La divertente domanda postami da Matteo mi servì per dargli una rappresentazione di quel lontanissimo mondo senza auto per le strade del centro storico (del senso potevano passare ore prima che ne transitasse una interrompendo i nostri giochi sulle lastre di granito di via di Porta a Terra (o Guerrazzi)) senza TV, senza frigoriferi , dentro le case dove non c’era acqua calda perché lo scaldabagno con la vasca da bagno segnava uno stato di decisa agiatezza, nelle scuole dove si rimaneva vestiti anzi infagottati quando faceva freddo e ciò che spuntava dai “fagotti” (mani piedi e orecchie) restava “diaccio marmato”. Matteo era impressionato ma la cosa che più stimolò la sua fantasia fu quando gli parlai delle navi che non arrivavano dove ora, ma proprio in darsena, davanti a Porta a Mare dove c’è l’orologio, e erano più piccole di quelle di oggi e soprattutto caricavano e scaricavano le auto imbracate in grandi reti tirate su con i paranchi della nave. “Come se fossero pescioni” disse Matteo. Sarà accaduto un anno fa ma mi è capitato stamani di perdermi in questo ricordo, e da là ho rimesso in ordine una filza di avvenimenti della mia vita segnati dalle navi che mi portavano in continente che mi riportavano a casa. Mi sono stupito di ricordare i nomi di tutti o quasi i traghetti che hanno incrociato le rotte del canale, alcuni proprio comici come il Rio Marina che fu ribattezzato “il Mucchino” per via dello strano suono bovino della sirena ma prima ancora l’indimenticabile Aethalia (la prima) che con le sue 800 tonnellatucce di stazza ci parve un gigante quando la vedemmo arrivare pavesata a festa nel ’57. Incredibile .. una nave che si apriva, sollevava il portellone di prua, e le macchine uscivano in moto, poi quella bocca aperta incominciò a “mangiare” le auto in partenza, “… a Piombino le caca dalla poppa” disse un nostro amichetto che aveva capito come funzionava il giochino del traghetto. E via, mentre la nostra vita ruzzolava le navi si facevano più belle, più confortevoli, più stabili con un po’ di beccheggio e di rollio passavano con certe ponentate che a bordo a una gotazzola come il Mucchino avrebbero causato il lancio multiplo di spaghetto. Tutto ciò fino ad un certo punto perché (senza addentrarci nella complessa questione del “libero mercato senza concorrenza di fatto”, ovverosia dell’evidentemente vantaggioso per molti ossimoro marittimo-elban-piombinese) si cessò di fare investimenti commisurati al progredire della tecnica navale ed alle aspirazioni di comodità, rapidità ed economicità dell’utenza, il privato operante si arricchì, Tirrenia si coprì di debiti e Toremar rimase con una flotta mediamente vecchia ed inadeguata. Bene con l’aria che tira, e non credendo alla filantropia armatoriale, non vorremmo che al contrario di noi Matteo raccontasse ai suoi nipoti di una specie di età dell’oro del trasporto marittimo riferendosi a questi anni, perché come si usa dire a Sud: il peggio non è mai morto
aethalia vecchia