Oggi viviamo in un'epoca in cui l'intera umanità si trova a un bivio: la scelta fra la distruzione del pianeta e la sua conservazione. Quella che negli anni '70 sembrava il delirio disfattista dei primi pazzi ambientalisti, è oggi una realtà riconosciuta ufficialmente nel mondo politico e in quello scientifico: l'effetto serra, la deforestazione, il buco nell'ozono, ecc., sono drammi paragonabili alla guerra nucleare di cui ormai (fortunatamente) hanno sentito parlare tutti, perfino i bambini delle elementari e anche i più ignoranti fra gli adulti. Purtroppo di fronte a questa realtà non è ancora accaduta l'unica cosa ragionevole: il cambiamento radicale del modello di sviluppo. O meglio, questo concetto è entrato nella mente solo di una minoranza di persone e di governanti. Il protocollo di Kyoto, che si può dire rappresenti l'inizio dell'inversione di tendenza dell' autodistruzione umana, è ancora largamente inapplicato. Grandi speranze sono riposte in Barack Obama, che potrebbe essere colui che condurrà anche l'indolente popolo americano sulla via del cambiamento. Dicevo all'inizio che ci troviamo davanti a un bivio: o continuare sulla via della distruzione dell'ambiente o cambiare strada. Ma si può ugualmente affermare, date le implicazioni sociali, politiche e culturali dei due opposti modi di vedere lo sviluppo, che quella che si pone è la scelta fra vecchi e nuovi modi di pensare, fra vecchi e nuovi atteggiamenti e punti di vista riguardo a una serie di questioni: l'uso dell'energia e del territorio, il fenomeno dell' immigrazione di massa dai paesi poveri all'Europa, la stessa impostazione della nostra vita quotidiana in termini biecamente materialistici VS spirituali, le nostre abitudini come produttori e consumatori di merci, in una parola la questione se vivere e pensare in modo vecchio e distruttivo o in modo nuovo e costruttivo. Questa scelta, sempre meno rimandabile e sempre più attuale e pressante, non riguarda soltanto i presidenti del consiglio, i ministri dell'ambiente, gli industriali e altre persone molto importanti e potenti: riguarda invece ognuno di noi in ogni momento della nostra giornata. Ma a un livello intermedio, riguarda anche chi amministra oggi l' Isola d'Elba. La nostra piccola isola è un microcosmo in cui si svolge, in piccolo, la stessa lotta planetaria di cui parlavo prima: due modelli di sviluppo, due modi di pensare e agire, due filosofie di vita. Pensare in termini di Waterfront, di espansione edilizia a Portoferraio (nuove case ad Albereto) e negli altri comuni, cacciare gli homeless dalle baracche, cementificare 35 metri di mare per favorire lo sbarco di migliaia di auto su un territorio che non le sopporta, assecondare e favorire la pratica paleolitica della caccia, continuare a identificare lo sviluppo economico con il fenomeno neolitico del più bieco turismo balneare... Mettere in pratica tutto ciò, e anche solo concepirlo, appartiene alla stessa matrice filosofica dell' abbattimento delle foreste pluviali, dell' imperialismo e delle guerre, dell' energia nucleare e petrolifera, dell'agricoltura intensiva e “chimica”, della scienza medica asservita agli interessi delle multinazionali produttrici di farmaci, ecc. In altre parole, chi promuove all' Elba il Waterfront e altre oscenità del genere, si assume l'ingrato compito di rappresentare all' Elba lo spirito di Chernobyl e del delta del Niger, di portare il suo piccolo contributo a nutrire il Mostro che divora il Pianeta. Viceversa, pensare in termini di turismo ecologico, di barche a vela più che a motore, di valorizzazione del patrimonio edile già largamente presente, di bioagricoltura e bioarchitettura, di costruzione di un'identità isolana di tipo culturale, spirituale e artistica, tendere verso la prospettiva di una riduzione dell'afflusso di auto in favore di una rete di trasporti pubblici via terra e via mare, rinunciare a strappare ulteriore spazio di mare a una baia fra le più pittoresche del mondo, scommettere sul Parco come caposaldo dello sviluppo economico, essere al passo con i movimenti di avanguardia come quello animalista, tutto questo, e solo questo, significa contribuire, nel nostro piccolo, alla salvezza della Madre Terra e dei suoi abitanti. Qualche piccolo germe della Nuova Era è talvolta possibile intravedere nelle attuali amministrazioni elbane, come nel caso dei progetti sugli eco-alberghi e sul turismo congressuale. Ma purtroppo la maggior parte delle scelte dei governanti (di destra come di sinistra), sono ancora improntate all' arretratezza filosofica, al vecchio modo di pensare del petrolio e del cemento (sommo esempio ne è il progetto Waterfront). Sarà interessante vedere il ruolo che nel prossimo futuro svolgerà l'area politica di Sinistra e Libertà, quella che teoricamente doveva unire in sé le istanze ambientaliste e quelle sociali ereditando l'esperienza di precedenti partiti. Se tale area però rinucierà (ma purtroppo è più preciso dire “continuerà a rinuciare”) a tale ruolo, è auspicabile che qualche altro movimento, organizzazione o partito, si ponga come avamposto all' Elba della Nuova Era, quella dello Sviluppo Sostenibile, della Consapevolezza, della riconciliazione fra l'Uomo e il suo Pianeta, del superamento della disuguaglianza socioeconomica, ecc.
Giovanni Gay