Gli amministratori elbani dell’area di centrodestra hanno chiesto al governo l’istituzione della provincia dell'Arcipelago Toscano per sfuggire alla tutela continentale. Elba 2000, il movimento che ha teorizzato il piano della nuova colonizzazione da parte dei potentati economici continentali e da cui è poi è nato l'autonomismo elbano, si interroga sul significato di questa iniziativa. Fin dall'inizio era per noi auspicabile che l'idea autonomista non fosse un'idea contro i partiti o contro alcuni partiti, bensì una presa di coscienza trasversale nelle teste di coloro che fanno politica all'Elba, affinché cessasse la sudditanza psicologica nei confronti delle segreterie continentali; affinché chi ci rappresenta, ad ogni livello, si battesse alla pari con coloro che stanno al di là del “canale” e cessasse la pretesa dei continentali di tutelarci come dei bimbi scemi; affinché cessasse lo smantellamento dei centri di servizio all'Elba, ecc. La richiesta di una provincia dell'Arcipelago, se non altro, apre un dibattito utile. Ma, se si realizzasse, avremmo una popolazione di 30.000 persone, quella di un grosso quartiere di una grande città, amministrata da otto comuni, una comunità montana, un parco nazionale,una provincia. Allora, il problema della selezione della classe dirigente, che Elba 2000 ha posto sin dagli albori del movimento, il problema, cioè, di selezionare persone serie e preparate, diverrebbe ancora più acuto. Il rapporto tra numero di amministratori e di amministrati risulterebbe fra i più alti del mondo. Certo, non ci devono spaventare i primati. Se queste forze politiche credono di trovare nella provincia il modo più razionale di sganciarsi dalla tutela continentale, che ci provino pure. E’ chiaro che l’autonomia non dovrebbe essere fine a se stessa e nemmeno dovrebbe risultare un mero espediente per aumentare le poltrone, ma dovrebbe invece essere un modello organizzativo e di approccio più efficace, oltre che più democratico, per la soluzione dei problemi. Se l'obiettivo è difficile o velleitario, è però legittima l'aspirazione, anche alla luce degli atteggiamenti assunti dalla regione, dalla provincia e dallo stesso governo in occasione del nubifragio del 4 settembre. Atteggiamenti da bullismo politico amministrativo, sfociato nei vincoli istituiti dopo l’alluvione del 4 settembre, inflitti ad una popolazione con i piedi nel fango e che attendeva invece aiuti per la ricostruzione. Vincoli poi clamorosamente ritirati, poco prima che i comuni facessero ricorso, e che avrebbero avuto l'effetto di bloccare qualsiasi attività edilizia sull'isola. Atteggiamento sbagliato e ingiusto indotto dalla campagna orchestrata da Legambiente nazionale, spalleggiata dai mass media e dal folto manipolo di ascari locali, sulle presunte responsabilità degli isolani negli eventi del 4 settembre. Legambiente, poi, in virtù del Parco, ritiene di avere sul territorio elbano un diritto prevalente rispetto a quello degli stessi elbani. Mezza Italia, in questi giorni, viene trascinata a valle e invasa dalla acque e i giornali attribuiscono questi disastrosi fenomeni al cambiamento del clima, alla insufficiente pulizia dei fossi, ecc.. Solo per l'Elba, grazie alla martellante propaganda di Legambiente, le responsabilità vengono attribuite alle popolazioni locali. La Regione, è vero, sta tentando un nuovo approccio con gli elbani. Ma non serve neanche l'affinamento delle tecniche di tutela e di seduzione degli indigeni, aggiornate ad un paternalismo di stampo gesuitico. Gli isolani, per loro natura, accettano meglio un legittimo, laico e responsabile controllo istituzionale. Essendo un popolo di marinai, contadini e minatori, ma non di minchioni. Minchioni o peggio sono invece coloro che vorrebbero sperimentare sul territorio elbano nuove tecniche utili a stabilire un corretto rapporto fra sviluppo e protezione ambientale. Così, dopo averci fatto prediche sulla fragilità e unicità e sul valore del nostro territorio (al punto che non ci potremo costruire neanche la prima casa) loro verrebbero a sperimentare su di noi e sui nostri figli delle nuove tecniche, come fossimo delle cavie, in modo che, quando queste tecniche saranno trasferite a casa loro (Firenze o Livorno) siano ormai affinate e non possano provocare danni. La regione e la provincia non possono continuare in questo modo senza contribuire ad approfondire ulteriormente il solco che separa gli amministratori dagli amministrati. Il parco, ignorato dai sindaci nei piani strutturali, e l'utilissima iniziativa sullo sportello unico, andata deserta, sono il segnale che la misura è colma. Regione e Provincia devono cambiare strada Elba 2000 Movimento in tutela degli interessi elbani Abbiamo pubblicato per intero la nota di Elba 2000 perché, per scelta redazionale, noi non sunteggiamo e non tagliamo alcunché, crediamo però che chi è riuscito ad arrivare al termine di questo articolo, per scelta (noi dovevamo farlo per mestiere) sia una specie di eroe, un mostro di concentrazione o un esegeta professionista dell’autonomismo d’Isola. La prossima volta un po’ più di sintesi amici (nel vostro interesse)