RIO MARINA. Legambiente Arcipelago Toscano inizia le sue osservazioni al Regolamento urbanistico del Comune di Rio Marina con un appello alla regione Toscana ed al difensore civioco della Toscana chiedendo che non si permetta anche in occasione dell’approvazione di questo nuovo strumento urbanistico quel che accadde con il Piano strutturale, quando l’amministrazione comunale non esaminò nemmeno le osservazioni degli ambientalisti ritenendole “politiche”, «adottando così – dice Legambiente - un’ingiustificabile decisione discriminatoria nei confronti della nostra Associazione ed in violazione di quanto previsto dalla Legge regionale 3 gennaio 2005» che prevede espressamente che chiunque possa presentare “le osservazioni che ritenga opportune e che garantisce “la partecipazione dei cittadini in ogni fase del procedimento». In effetti le osservazioni degli ambientalisti risultarono allora molto scomode e il sindaco di Rio Marina, il deputato dell’Udc Francesco Bosi, le respinse in toto, senza nemmeno darne lettura e senza una qualsiasi giustificazione tecnica. Secondo Legambiente questo «Giudizio discriminatorio, questo sì, frutto di un pregiudizio politico, inficia il percorso approvativo e sarebbe ancora più grave se venisse reiterato in occasione delle presenti osservazioni al RU». Il Cigno verde comunque non demorde e ripropone la realtà di strumenti urbanistici che forzano le stesse previsioni delle leggi regionali rispetto ai vincoli rappresentati dalla disponibilità reale delle risorse ambientali «In un territorio comunale nel quale i limiti ambientali, di occupazione del territorio e delle risorse sono già stati sfruttati ben al di sopra della sostenibilità». Legambiente riporta i dati del censimento 2001: Rio Marina, con meno di 2.000 abitanti aveva 1.645 seconde case, un trend continuato negli ultimi 8 anni e il più forte incremento : (+ 547,64% ) in tutta l’Elba di abitazioni non occupate dai residenti tra il 1971 ed il 2.001, il tutto in assenza «di una reale e diffusa emergenza abitativa che possa in qualche modo giustificare la necessità di nuove costruzioni che andranno, nella stragrande maggioranza, a rimpinguare il mercato delle case vacanza che mostra preoccupanti segni di crisi in tutta l’Elba» e in un comune in calo demografico negli ultimi 20 anni. Le osservazioni fanno notare la scarsa attenzione del RU alle energie rinnovabili e l’assenza di qualsiasi (obbligatoria) Valutazione di incidenza riguardo alla Zona di protezione speciale dell’Elba Orientale istituita dopo l’approvazione del Piano strutturale. Inoltre, secondo glia ambientalisti, il nubifragio dello scorso 16 settembre ha rivelato sia nel capoluogo e che nella frazione di Cavo, «condizioni ben diverse ed ancora peggiori di quanto descritto e che la più volte asserita messa in sicurezza non è avvenuta, permanendo condizioni di abusivismo e cattiva gestione idrogeologica che hanno causato allagamenti e danni anche in aree interessate dalle previsioni del R.U. Inoltre è evidente che la “messa in sicurezza” a cui si pensa non è quella del territorio, ma quella a fini edificatori, e che si fa riferimento, fin dal Piano Strutturale a dati “storici” di precipitazioni (e ad una situazione territoriale, insediativa e infrastrutturale) che le mutate condizioni climatiche e il presentarsi sempre più frequentemente di eventi meteorologici prima considerati eccezionali, mettono in dubbio ed in crisi. E’ evidente che l’intero Titolo III andrebbe rivisto alla luce di questi fatti bloccando ogni previsione edilizia nelle aree a rischio che si sonno rivelate soggette ad un rischio idraulico molto più ampio di quelle che si credeva di aver reso “sicure” con le opere del post-nubifragio del 2002, arrivando perfino a parlare nel R.U. di possibile assenza di condizioni di rischio in aree già esondate e ponendo l’ormai superato (e mai davvero osservato) spazio temporale degli “eventi di piena con tempi di ritorno di 200 anni” ormai diventati una vecchia concezione a causa degli effetti del cambiamento climatico, come dimostrano i fenomeni meteorologici e gli allagamenti sempre più frequenti all’Elba e a Rio Marina». Un giudizio pesante che diventa pesantissimo quando le osservazioni arrivano all’allegato C – Dimensionamento, dal quale risulterebbe un ridimensionamento delle previsioni del Piano Struttuale. «Rimane il fatto, però, che alcuni grossi interventi non risultano previsti dal Regolamento Urbanistico perché con degli escamotage (ritardo dell’Adozione del Regolamento Urbanistico e definizione ambigua di “interventi in via di realizzazione”) sono stati fatti rientrare come previsioni del vecchio PRG con lavori già iniziati, dei quali se ne deve solo prendere atto nel RU – scrivono gli ambientalisti - Ci pare si sia utilizzato una sorta di “artificio” per far risultare come “già realizzati” alcuni Piani di Lottizzazione e Piani Particolareggiati che invece dovevano essere inseriti nuovamente nel Regolamento Urbanistico (incrementando così notevolmente la volumetria da realizzare e rendendolo insostenibile ambientalmente). E’ evidente che in diversi casi i lavori non sono stati già effettivamente iniziati (con cantieri realmente allestiti e cartelli esposti con data dell’inizio lavori), come abbiamo potuto verificare facendo sopralluoghi in alcune aree oggetto di intervento». Legambiente cita 8 di questi Piani per i quali avrebbe verificato che «non esiste alcun cantiere predisposto né cartello con inizio lavori» e che quindi non potrebbero essere definiti in “via di realizzazione”. Piano di Lottizzazione “Piè d’Ammone”, approvato un mese prima dell’adozione del RU; Piano Attuativo “Villaggio Paese”, approvato nel 2005, «Si tratta del progetto di una colossale speculazione da 47.550 mc su terreno demaniale che lo Stato non è riuscito a “vendere” nonostante ben tre “aste”. Quello che è contenuto nel “pacchetto di vendita” è un mero progetto di massima»; Piano Attuativo “Vigneria PEEP e Caserma dei Carabinieri”; Piano Particolareggiato “D6/2”, in loc. San Bennato – Cavo), che consentirà di realizzare una struttura turistico-ricettiva vicino ad una lottizzazione in corso di realizzazione all’entrata di Cavo; Piano di Recupero “SO.CO.MA.”, alle Paffe (Cavo) dove Goletta verde ha fatto un blitz a luglio per contrastare la trasformazione delle tramogge di una cava di calcare in una struttura ricettiva su una costa in erosione, e che secondo Legambiente «presenta aspetti e meccanismi amministrativi significativi e comuni ad altri Piani»; Piano di Recupero “Costa dei Barbari” che riguarda un’area già al centro di vicende giudiziarie e alla quale è stata data una destinazione residenziale presenterebbe forti dubbi di legittimità visto che rientra nella stessa area delle Paffe e la stessa destinazione legata alla realizzazione del Porto Turistico, mai realizzato; Piano Particolareggiato Ce/8, approvato 4 o 5 anni fa, qui i lavori sono iniziati solo nell’estate 2009 (in concomitanza con l’adozione del RU), all’entrata di Cavo con un forte impatto ambientale e paesaggistico per lo sventramento di un ripido versante boscato con lecci secolari per realizzare una strada per costruire una lottizzazione e posti auto interrati; Piano Attuativo “Capo d’Arco”, approvato dopo molte vicissitudini nel 2008, inizialmente era un Piano particolareggiato di iniziativa privata, poi (di fronte ad un ricorso al Tar) trasformato in Piano di iniziativa pubblica addirittura con 3 comparti in più del Piano originale, uno dei quali cassato dal Parco Nazionale perché prospettava la realizzazione di costruzioni sulla scogliera in piena Area Protetta. La Valutazione ambientale del Piano però riguardava i vecchi compartio non quelli nuovi. Sull’intera vicenda, rispondendo ad interrogazioni parlamentari, ha espresso opinioni di illegittimità, basate su pareri del Corpo Forestale e del suo Ufficio Legale, il ministro delle Politiche agricole e forestali, anche riguardo alla disponibilità reale di costa balneabile; «L’area – scrive Legambiente - è nota per la presenza di abusi edilizi e di strutture abusive sulla costa e oggetto di vari ricorsi e contenziosi tra privati. Inoltre le autorizzazioni chieste per altri interventi edilizi hanno prodotto ulteriori abusi sanzionati dal CTA-CFS del Parco Nazionale e sono fermi per la negazione di nulla-osta relativi agli scarichi fognari». Legambiente solleva infine il caso di previsioni del RU «in palese contrasto con la normativa vigente in materia di tutela del bosco», le Aree di Trasformazione previste sempre a Cavo sulle pendici di Monte Lentisco e destinate a strutture miste residenziale- turistico-ricettiva. «La TR06, di superficie territoriale pari a mq. 69.654, prevede una volumetria di mc. 4000 (2000 residenziale e 2000 turistico-ricettiva) e, come afferma la relativa scheda degli Indirizzi e Prescrizioni “L’area di trasformazione si trova in una zona prevalentemente boscata con elementi vegetazionali di leccio e macchia alta di sclerofille”. La TR07 invece, di superficie territoriale pari a mq. 12.342, prevede una volumetria di mc. 3000 (2000 residenziale e 1000 turistico-ricettiva) e, come afferma la relativa scheda degli Indirizzi e Prescrizioni “L’area di trasformazione è posta in adiacenza alla strada di Frugoso e all’edificato esistente di recente realizzazione e prospiciente al mare. L’area di trasformazione si trova in una zona boscata a macchia mediterranea intersecata con formazioni a macchia in evoluzione.”». Secondo Legambiente non si capisce come sia stato possibile indicare queste nuove aree edificabili in zone densamente boscate, ricoperte da vegetazione definita habitat di interesse comunitario dalla Direttiva CEE 92/43 e nell’Appendice I della L.R. 56/2000 (codice Natura 2000 – 9340; Codice Corine 45 3 , Foreste dense con Quercux ilex), soggette ad una normativa rigidissima di tutela ambientale (richiamata anche dallo stesso ministro delle Politiche forestali nelle sue risposte ad interrogazioni parlamentari) e che vieta tassativamente la trasformazione dei boschi per scopi edificatori speculativi, consentendola solamente in casi eccezionali legati a situazioni particolari di utilità pubblica e ad attività agricolo-produttive ed agrituristiche».
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