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CRISTIANESIMO: S. MAMILIANO E GLI EREMITI

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 27 ottobre 2009

Brano tratto dal capitolo V del libro "Montecristo.Isola del tesoro" pubblicato da Aracne editore scritto da Marcello Camici Tra il I e il II secolo dopo Cristo l’immenso impero romano cominciò a scricchiolare: ai confini premevano sempre più i popoli chiamati “barbari”. Nel III secolo d.C.,a Pianosa (Planasia) arrivò gente,vittima di persecuzione, lì deportata e messa a lavorare nelle cave di tufo. Erano cristiani che lasciarono nella pietra insieme con la vita i segni della loro incrollabile fede.Nella darsena pianosina di Augusto scavarono cunicoli sotterranei per circa 200 metri e nelle pareti di questi cunicoli ricavarono loculi in tre o quattro file. Qui furono seppelliti oltre 500 morti: resti di teschi e ossa con croci graffite sulla roccia sono lì a ricordare questi primi cristiani. Queste catacombe sono il più antico segno del cristianesimo nell’arcipelago toscano e sono sono state recuperate ad opera del Vaticano. Dopo poco più di un secolo l’isola vicina a Planasia, Montecristo, con S. Mamiliano diveniva faro del cristianesimo insulare. Una grande incertezza dovuta alle contraddittorie notizie delle fonti regna su questo santo.Due sono le fonti letterarie. Lo scritto più antico che parla del Santo è la “passio Sentii” composta non prima del secolo VII-VIII e riportata dai Bollandisti. Un’altra redazione è del secolo XII ed è conservata nel cod.Vat.lat. 6453. Le due fonti sono molto contraddittorie nel senso che parlano della vita di Mamiliano in modo del tutto differente e anche sulle reliquie del Santo le notizie sono incerte. Dalle poche e incerte notizie che rimangono di S. Mamiliano,possiamo trarne una sola sicura: il Santo fu un eremita, vissuto e morto a Montecristo. Le altre notizie variano e possono riassumersi così: Mamiliano nel V secolo d.C. sarebbe stato vescovo di Palermo. Genserico re dei Vandali,dopo aver saccheggiato Roma nel 455 d.C.,si sarebbe recato in Sicilia e vi avrebbe fatto prigionieri Mamiliano vescovo,Senzio presbitero e tre monaci da alcuni chiamati Lustro,Vindemio e Aurelio e da altri Cuvoldo,Eustochio e Infante. Questi cinque uomini furono deportati in Africa da dove fuggirono.Sbarcarono in Sardegna dove iniziarono vita eremitica,da qui poi arrivarono a Piombino e poi all’Elba continuando a vivere come eremiti. Montecristo,disabitata, vicino all’Elba, si prestava meglio alla vita eremitica e qui andarono. Narra la leggenda che l’isola era infestata da un drago che S. Mamiliano uccise e gettò in mare: è il mito del culto pagano poi vinto e sostituito dal culto cristiano.La prima volta che l’isola nella storia viene ricordata col nome Mons Christi fu al tempo di S.Gregorio Magno.( 540-604 d.C. ) Questo Pontefice aveva saputo che a Montecristo vivevano dei monaci senza una regola e con loro danno spirituale. Per porvi rimedio,dette incarico all’Abate Orosio e scrisse ai monaci dell’isola affinché lo accogliessero benevomente e si sottomettessero alle sue decisioni”…ho saputo –scrive il Pontefice- che voi non osservate alcuna regola monastica. Sono quindi costretto ad inviarvi,come interprete del mio comando, l’Abate Orosio, perché esamini attentamente ogni vostra azione , dia delle norme secondo la rettitudine, e mi riferisca poi quanto vi ho ordinato. Vi ammonisco perciò di prestargli obbedienza e di osservare ogni sua prescrizione con la dovuta riverenza, come se dettata da me…” Da allora comincia ad essere ricordato nei documenti il Monastero di Montecristo,prima sotto il titolo del SS. Salvatore e poi di S. Mamiliano. Il Santo scelse per sua dimora quella che ancora oggi si chiama la Grotta del Santo: una grotta posta a 200 mteri s.l.m.. Vi si sale dalla Cala Maestra attraversando pendici tutte in granito e segnate nei punti più scoscesi con larghe impronte che la leggenda ritiene opera del Santo. E’ una grande grotta naturale dentro il granito. Fin dai tempi più antichi fu inclusa in una Chiesa con l’abside posto nella cavità della grotta. Dall’abside si scende tramite alcuni gradini in un incavo più interno che raccoglie l’acqua della sorgente del Santo che è potabile. Fuori dalla grotta la piccola chiesa doveva essere preceduta da un portico di cui rimangono intatti due archi a sesto acuto. Poco distante i sono i resti di un altro immobile, chiamato “Il Mulino”. L’edifico della Grotta del Santo,tutto in granito, nella parte esterna è del XII secolo ma la parte più interna (l’abside) è certamente di epoca anteriore. In questa grotta il Santo dopo aver condotto alcuni anni di vita eremitica e di penitenza,morì. Come sono incerte le notizie sulla vita del Santo così sono incerte le vicende delle sue reliquie. Sembra che in modo leggendario il cadavere del Santo sarebbe arrivato all’isola del Giglio dove sarebbe stato conservato fino al 1100.Per difenderlo dalle incursioni piratesche sarebbe poi stato tarsportato a Civitavecchia.Di qui nel 1179 un sacerdote tentò di trasportarlo a Firenze. La tradizione vuole che la barca contente le reliquie giunta risalendo l’Arno a Pisa si arrestò davanti alla Chiesa di S. Matteo,lasciando intendere che era in questa chiesa che dovevano essere conservate le reliquie: e qui si trovano ad eccezione di due bracci. Uno di questi è conservato all’isola del Giglio. Il culto di S.Mamiliano si diffuse all’isola del Giglio-di cui è patrono e all’Elba specie a Capoliveri e a campo dove esistono chiese dedicate al santo da una bolla di Leone X del 1513 risulta che il Monastero possedeva all’Elba un eremo che serviva da ospizio per i monaci durante i viaggi e per quelli ammalati..la festa si celebra il 15 settembre. E’ santo protettore dei naviganti dell’arcipelago. Molti ex-voto si trovano dentro la Grotta del Santo. Dopo la morte di S.Mamiliano i suoi confratelli continuarono la vita eremitica di preghiera e di penitenza anche se non fu sempre così,come pare dal richiamo di S. Gregorio Magno sopra ricordato. Col tempo accanto alla Grotta del Santo sorse una vera e propria abbazia con convento: il Monastero di Montecristo. Nel 907 è Silverio il primo abate di cui si abbia memoria e l’ultimo fu Federico de Bellis nel 1555. La regola inizialmente fu benedettina sostituita poi verso la metà del 1200 da quella camaldolese. Il Monastero divenne ricco e potente per le molteplici donazioni ricevute soprattutto dai principi di Corsica. Nel 1100 fu occupata dai Saraceni che distrussero il con vento. Nel 1220 i Pisani ristabilirono il monastero dotandolo di grandi rendite: fu questa l’epoca di maggiore splendore.L’isola godeva della protezione della repubblica marinara la quale stipulando trattati di pace con i vari sceicchi saraceni(Isacco Elubraim Alfanhi d’Aly,signore di Maiorca;Mico saraceno,re d’Africa;Busa,re di Tunisi) incluse Montecristo come territorio pisano da non molestare: ogni atto dei saraceni a danno delle isole e delle coste tirreniche era nociva a Pisa.”De l’Isule de li Pisani Lo quale Dominus parente disse et ricordava le confine de le terre loro,le quale messe sono in questa pace, et le quale sono in terraferma et grande,ciò este da lo Corbo in fino a Civita vecchia,et l’isule,le quale àno in mare,ciò este tucta l’Isula di Sardigna,et Castello di Castro, et l’Isule Capraia,et l’isule di Gorgonia, et l’Isule di Gilio,et l’Isula di Monte Christi”(art. 4 del trattato tra repubblica di Pisa e il re di Tunisi nel 1264). Nel periodo pisano montecristino è l’atroce episodio di Ranieri di Buondelmonte. Costui era un fiorentino di parte guelfa che dovette fuggire da Firenze quando Federico II in lotta contro il Papa venne in Toscana.Si rifugiò insieme ad altri guelfi nel castello di Capraia che fu preso d’assedio dai ghibellini.I guelfi si arresero venendo a patti.Fatti prigionieri, furono portati in Puglia,dove Federico II li fece accecare tutti e dopo li gettò in mare facendoli affogare. Ranieri di Buondelmonte fu l’unico risparmiato all’annegamento ma non all’accecamento.Dopo essere rimesso in libertà chiese ed ottenne di andare a farsi monaco camaldolese a Montecristo. Durante il periodo delle crociate l’Abbazia di Montecristo trascurava di pagare il tributo per la Terra Santa,imposto a tutti i benefici ecclesiastici dal Concilio di Vienna nel 1311. I frati compirono sull’isola opere varie ed alcuni tentativi di coltivazione: i resti del mulino lo stanno ad indicare. Una loro importante attività era l’allevamento dei falchi che poi erano dati in omaggio ai protettori feudali del convento,quale segno di ringraziamento per le donazioni ricevute ed altri benefici. Fu proprio la ridotta munificità dei principi medioevali per la nascita dell’economia comunale che influì notevolmente sulla decadenza del Monastero di cui era noto il cospicuo tesoro di arredi sacri.Sembra che per difendersi dai periodici attacchi di pirati turco-saraceni una delle armi di difesa più efficace dei monaci fosse l’acqua. Veniva raccolta in grandi fossati attorno al Monastero e rovesciata assieme all’olio bollente lungo i liscioni di granito rendendolo così sdrucciolevole sotto i piedi dei saraceni che venivano all’attacco. Montecristo finchè durò la repubblica pisana fece parte di questa. Nel 1339 Gherardo Appiani,signore di Piombino,negoziò e vendè tutto quello che era il dominio pisano di sua proprietà per un a grossa cifra al duca di Milano Giovanni Galeazzo Visconti ma tenne per sé la parte più remota di questo dominio pisano e cioè la Maremma,Suvereto,Populonia e tutte le isole dell’arcipelago,compreso Montecristo. Ma la signoria dei Pisani come quella degli Appiani su Montecristo fu solo di nome perché di fatto i veri padroni e signori erano gli abati del Monastero che era diventato uno dei principali monasteri dell’Ordine camaldolese.Nel 1553 al tempo della empia alleanza tra Francesi e Turco-Saraceni,Dragut con la sua flotta saracena solcava i mari del Tirreno.L’autore della distruzione del Monastero di Montecristo fu Dragut o un suo comandante Carà Mustafà o Mustafà Bassa poiché Dragut andò in Sicilia e Mustafà Bassa s’impadronì di Pianosa.Ritornato in Toscana,Dragut pose assedio a Cosmopoli,sbarcò a Populonia e a Piombino e poi si ritirò in Corsica. E’ molto probabile che durante questo viaggio Dragut incontrando l’isola di Montecristo mise a ferro e fuoco il Monastero portando via prigionieri i monaci che da allora non vi misero più piede. Sul territorio di Montecristo sono tante le vestigia che ricordano mille anni di vita religiosa ma anche i fondali marini hanno testimonianze archeologiche medioevali: davanti al porticciolo di Cala Maestra,alla profondità di 35 metri giace un relitto medioevale del XV secolo.