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A Sciambere della Cetra

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 20 ottobre 2009

Ci viene in mente una parafrasi idiota, di quelle da ultima noiosa ora su un banco di scuola, quando lo stomaco inizia a reclamare e si deve far fatica a reprimere gli sbadigli: “E come potevamo noi scherzare …” straziando Salvatore Quasimodo. Ammettiamolo, noi che facciamo questo non sempre gradevole mestiere, siamo forzati a farci crescere un po’ di protettivo pelo sullo stomaco, perché altrimenti non reggeremmo a confrontarci con scene raccapriccianti, o con abissi di dolore, uscendone con quel tanto di freddezza necessaria a raccontarli, a trasformare il peggiore degli eventi in comunicazione, come è accaduto ieri, come questa mattina, e scrivere anche se nell'intimo qualcosa turba. Poi però andiamo avanti ripercorrendo i versi del poeta siculo fino “all’urlo nero della madre/ che andava incontro al figlio/ crocefisso al palo del telegrafo …” Ecco l’elemento omologante sul quale possiamo intrecciare qualche parola, l’urlo nero della madre, che rimane lo stesso sia che il figlio sia il partigiano crocefisso, sia che sia il povero ragazzo-bambino caduto giù dal balcone. Un urlo animale, naturale davanti a quanto di più crudele e meno naturale può proporre la vita: sopravvivere ai propri figli. Un urlo che deve scuotere le coscienze di tutti invitarci ad essere comunità di persone pietosa e solidale ad aiutare chi è ferito nel corpo e nell’anima. Noi possiamo continuare a scorrere i versi di Quasimodo senza parafrasare: “alle fronde dei salici, per voto/ anche le nostre cetre erano appese / oscillavano lievi al triste vento". Appendiamo per un giorno alle fronde dei salici il mestiere, lasciamo che passi almeno un po' il triste vento


Salice Piangente

Salice Piangente