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Il Water Front ed il colore delle brache

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 15 agosto 2009

Pochi dubbi sussistono sul fatto che il blitz di Goletta Verde alle Saline, con la spietata bocciatura del cosiddetto WATER FRONT ferajese da parte della più credibile e prestigiosa organizzazione ambientalista italiana, rappresenti l’evento con maggiori ricadute politiche dell’agosto elbano. Un blitz che (finalmente) sembra perfino incrinare il formale monolitismo di una maggioranza che fino ad ora pareva indirizzata ad avanzare amministrativamente come un treno sul binario delle scelte urbanistiche preconfezionate “colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”, indorate con la pastella di un’attenzione all’ambiente di pura facciata, e fritte nell’olio compiacente di minoranze da una parte perfettamente allineate col sogno para-berlusconiano della Porto-Cervo de noantri, dall’altra priva di idee proprie in materia e di spina dorsale. Per altri versi ancora è curioso, anzi divertente, notare il totale spiazzamento dei furbastri boccaloni che hanno costruito le loro fortune politiche (da cantonata), col contrapporsi al Parco e a Legambiente, quelli che sono giunti persino a ritagliarsi il proprio orticello elettorale continuando a smenarla con la parzialità politica ambientalista e con i disegni, anzi i complotti, rosso-verdi. La realtà è che Legambiente è una organizzazione coerente e seria e la realtà è che questa corazzata urbanistica che è il WATER-FRONT naviga molto male sui bassi fondali della rada ferajese, non manovra per il suo gigantismo, e citando un Fratini d’altri tempi e su diversi argomenti (gli “educati” perdoneranno) la realtà è che : “Tutto ciò che è “mega” – con l’Elba non ci incastra una sega”. In un paese normale, con qualcosa che somigliasse alla sinistra al governo di un ente, ma pure senza, il WATER FRONT sarebbe fermato destrutturato e scritto di nuovo dopo aver realmente ascoltato tutti i soggetti, istituzionali e non, interessati e la sua stesura (che a nostro avviso dovrebbe partire dall’uso di termini italici, come piano costiero o simili, in luogo del WATER-FRONT che fa tanto “Oh yes!”), sarebbe il punto finale e culminante di un processo partecipativo vero. Dire che ci si apre alla partecipazione quando le linee guida (e molto di più) di una progettazione territoriale sono fissate e stabilite, sancite e benedette da una maggioranza bulgara (le astensioni della minoranza erano solo formali) in consiglio comunale, è nuovamente “fare ammuina”, un artificio scenico, non muta la sostanza delle cose. Un nostro conoscente usava dire (e gli “educati” riperdoneranno): “E inutile che, dopo che hai deciso la misura delle brache che mi strizzano le palle, tu mi chieda di scegliere il colore”. Ma questo non è un paese normale ed anche in conseguenza di quanto sopra c’è già chi ci suggerisce di fare buon viso a orrendo gioco, perché appunto le scelte sono state fatte e dovremo ineluttabilmente pupparci le conseguenze. Può darsi, e può darsi che la nostra sia pure una battaglia persa, ma inutile no, perché quantomeno far pagare il più alto prezzo politico a chi amministra su una operazione che giudichiamo (nella buona fede che speriamo vogliano concederci) inconcepibile e devastante, può almeno servire ad opporsi con maggior fortuna a “water front” prossimi venturi.


san giovanni panorama

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