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Controcopertina: La villa delle Grotte e altro

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 11 agosto 2009

Prendo spunto dall’intervento sulla Villa romana delle Grotte per chiedermi, da isolano, se siamo ancora in tempo per fermare la progressiva perdita identità che da anni affligge la comunità isolana. La risposta è “sì”, a patto che ci si muova subito. La villa delle Grotte è l’immagine emblematica di un tesoro malamente sprecato. Negli anni ’60 la villa fu oggetto di scavi archeologici condotti con metodologie poco soddisfacenti. Oggi, ma anche negli anni ’70 e ’80, sarebbero stati condotti in maniera molto più aggiornata. Ha perfettamente ragione Marcello Pacini nel sostenere che gli scavi, o meglio le ricerche conoscitive preliminari agli scavi, devono ripartire al più presto e, soprattutto, che occorre progettare una ricerca su più ampia scala, che coinvolga certamente il promontorio nel suo insieme ma anche, dico io, la pianura ai suoi piedi, in direzione di San Giovanni. Si rassicurino i lettori: nessuno ha intenzione di congelare con severi regimi vincolistici l’intera rada di Portoferraio. Il problema è, semmai, di conoscere e di far sapere a tutti come, quando e perché certi fatti si sono svolti e come era fatto nel passato il luogo nel quale viviamo e perché si è trasformato. Il ricco giardino delle Grotte, restaurato grazie alla Fondazione, aveva melograni , oleandri, cipressi, e forse anche viole e rose, e doveva essere fra i motivi di vanto del proprietario della villa, che qui trascorreva momenti di svago con la sua famiglia e con i suoi ospiti, facenti parte, come lui, della elite del tempo, il tempo di Cicerone, di Cesare e poi dell’imperatore Augusto. Fra gli ospiti vi fu, probabilmente, anche il grande poeta Ovidio. La vita della villa si svolge in un paesaggio nel quale altri prestigiosi edifici (La Linguella, Capo Castello) erano sorti obliterando il precedente paesaggio, fatto di forni per la produzione del ferro. La storia sarebbe lunga e appassionante ma la lasciamo qui per fare una serie di considerazioni più legate alle potenzialità del contesto, che potrebbero essere ulteriormente sviluppate sol che si procedesse verso forme di gestione più partecipate e condivise del patrimonio archeologico. Perché sono convinto, e non solo io, che l’archeologia possa fare moltissimo per l’isola d’Elba. Mi limito ad elencare qui una serie di punti essenziali, senza la pretesa di esaurire l’argomento. 1. Occorre riprendere la gestione associata dei tre musei archeologici elbani della Linguella, di Marciana, di Ro Elba, elaborando una strategia unica, che consenta di evitare sprechi e sovrapposizioni e di valorizzare le poche risorse disponibili. L’Elba ha bisogno di un direttore unico per i suoi tre musei archeologici che, di volta in volta, elabori appropriate proposte di aggiornamento delle esposizioni (i musei sono sottoposti a degradanti processi di invecchiamento) e di nuove mostre temporanee. 2. Va ripristinato il Deposito Archeologico di Portoferraio (potenzialmente fra i più ricchi della regione), in una sede appropriata per la conservazione dei reperti, munita di un piccolo Laboratorio di Restauro, nel quale si svolgano le attività indispensabili per mantenere i reperti stessi in buona salute. La Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana è, al tempo stesso, vigile e collaborativa da questo punto di vista. 3. Bisogna rilanciare la ricerca archeologica all’Elba, ferma, ormai, a venti anni fa, se si eccettuano le lodevoli iniziative della dott.ssa Silvia Ducci (Soprintendenza) e del dott. Marco Firmati (Museo di Rio nell’Elba). Il vicino contesto della Val di Cornia, con i suoi Parchi di livello continentale, mostra come ricerca-tutela-valorizzazione dei luoghi-comunicazione siano quattro elementi che possono procedere assieme armonicamente, l’uno aiutando l’altro a progredire e tutti insieme contribuendo ad attirare interesse (e presenze turistiche). Per far questo è però indispensabile aprirsi all’esterno, ricercare e attirare attivamente la collaborazione di enti e istituzioni diverse (Università, Consiglio Nazionale delle Ricerche…) e rifuggire dalla logica del fatto in casa. 4. Ci deve essere, per la archeologia come per gli altri settori della cultura, un sentimento condiviso. Ad essere divisa è la gestione amministrativa dell’Elba, non la storia dell’Elba, che va, invece, concepita in maniera unitaria, pur con tutte le sue specificità locali. Queste rappresentano una ricchezza da valorizzare finché restano tali, diventano una iattura quando si trasformano in localismi sterili. Gli stessi finanziamenti, per avere qualche probabilità di successo, devono essere chiesti in maniera collegiale (Comuni+Soprintendenze+Università+Musei) e non alla spicciolata o, peggio, in una sorta di gara l’uno contro l’altro. 5. Gino Brambilla, noto a tutti ed Ispettore Onorario della Soprintendenza, ha chiesto di raccogliere, ordinare in un archivio e mettere a disposizione del pubblico, tutto l’immenso patrimonio di informazioni, immagini, documenti (non solo archeologici, anche naturalistici) faticosamente accumulato in cinquanta anni di vita all’Elba. Nei prossimi mesi ci daremo da fare, come Associazione “Aithale” e con l’aiuto di alcuni studenti, per cercare di dare una risposta a questa generosa richiesta. E’ necessario, però, stimolare l’investimento nei giovani e nelle competenze che essi vanno faticosamente acquisendo. Da quanto tempo non viene più discussa una tesi di laurea su temi di archeologia elbana? In conclusione, è tempo di nuove elaborazioni. E’ tempo di riunirsi ed è tempo di riunire le energie, che ci sono, sono tante e diversificate e non aspettano altro che essere impiegate. Sono, in questo, perfettamente d’accordo con Marcello e Roberto Pacini. Insegno Archeologia in una Università toscana e, anche se, ormai, elbano di fori, non sono uno di quelli che fanno finta di niente. Se c’è bisogno, non mi tirerò indietro e sono pronto a coinvolgere molte altre persone e istituzioni. Fatemi sapere.


grotte 1

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