Uno studio sulla massoneria all’Elba, argomento estremamente pruriginoso, si pensa a misteri detti e non detti, a trame politiche, a comitati d’affari che si insinuano nella dialettica elettorale. Niente di tutto questo. Il “quaderno”, opera di Gianfranco Vanagolli sugli Itinerari massonici in Toscana nell’età napoleonica esamina le origini settecentesche della società segreta, che probabilmente non hanno niente a che vedere, nella nobiltà dei loro ideali, con la cronaca recente. Il testo dello studioso dal lungo titolo “Per una storia della Loggia des Amis de l’Honneur Francais à l’Orient de Portoferraio”, pubblicato da “Le opere e i giorni” apre un cammino che, come dichiara l’editore, intende dare un contributo alla ricerca letteraria, artistica e storica in Toscana, con particolare riguardo alle isole dell’arcipelago ed alla “marittima”. Il rigore filologico contro l’”irrazionalpopolare” è al centro del programma della collana. Vanagolli riprende, integrandolo, un suo contributo al convegno internazionale di studi: Il Mediterraneo napoleonico: Spazi, merci, idee, svoltosi a Portoferraio nel maggio 1998. Nella sua ricerca segue le orme di Carlo Francovich, che aveva indagato per primo la Loggia e “di cui ripete la condizione di profano nell’universo dei Liberi Muratori” . Lo studio parte dalla rilettura di una fonte significativa, già indagata da Francovich, i Verbali della costituzione di una Loggia Massonica durante l’occupazione francese a Portoferraio (1803-1805), comprensivi anche di un fascicolo sul biennio 1814-15, gli anni napoleonici. A questo documento si aggiungono fonti inedite provenienti da un fondo archivistico privato proveniente da Bastia, dal quale si ricavano notizie su prime iniziative massoniche a Portoferraio risalenti al 1788. Il testo non è di facilissima lettura, richiede quanto meno una base di conoscenze storiche ed è rivolto prevalentemente, come dichiara lo stesso Vanagolli “al pubblico che normalmente segue il lavoro delle società storiche.” Tuttavia anche il profano, avventurandosi nella lettura, può trarre suggestioni interessanti, ritornando con l’immaginazione, come per tutte le opere che parlano del passato, a quei tempi, che gli vengono suggeriti, forse in modo non sempre rispettoso della filologia, da messaggi dei media. E allora ci si figura i primi massoni elbani come appaiono nel rapporto dell’auditore locale ai suoi superiori di Firenze nel 1771, una combriccola di buontemponi, soprattutto occupati ad “aggregare nelle loro setta i facoltosi forestieri che qui capitano” allo scopo di spillare loro denaro per cene e crapule. Antesignani degli operatori turistici di oggi? Non facciamoci ingannare da queste accuse di facciata. L’importante è il fatto che la loggia era frequentata da stranieri, fra cui un francese, rivelando un costume aperto e cosmopolita, tipicamente illuminista. Ancora può appassionare l’ipotesi di Francovich, riferita ai primi anni dell’800, di possibili affinità della loggia elbana, (che vedeva al suo interno Briot, critico sul colpo di stato del 18 brumaio), con quelle continentali in cui gli alti gradi svilupparono posizioni autonome rispetto a quelle rivolte a fiancheggiare la politica napoleonica. Suscita curiosità la descrizione di riti, di formule, di oggetti e soprattutto la trascrizione di versi che testimoniano l’appoggio alla politica imperiale a cui la loggia si era convertita. Fatica premiata dunque quella della lettura del quaderno. Aspettiamo le prossime uscite della collana. Ci è stato annunciato qualcosa sulla Controriforma. Confidiamo nel fiuto del collega di scuola e di pensione per versanti accattivanti della storia, che riesce a farla rivivere in questo microcosmo che è l’isola d’Elba
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