Riecco Schifani. E ancora a sproposito – quell’uomo, del resto, invita allo sproposito; è lui stesso uno sproposito. Leggiamo nel comunicato del coordinamento elbano Casa delle Libertà che “la legittimazione a governare la CM nasce dal consenso popolare, che si è espresso attraverso le elezioni dei sindaci. Voler negare questa legittimazione e paralizzare l’istituzione, è atteggiamento contrario al responso delle urne ed alla volontà popolare”. Pari pari il primo dogma di fede di Schifani. Non metterebbe conto parlarne, quindi, se non perché ci si offre la possibilità di una precisazione tecnica: la legittimazione a governare la C. M. non nasce dal consenso popolare, almeno in forma diretta, perché la C. M. è organo elettivo di secondo grado: i membri dell’Assemblea, cioè, sono eletti dai Consigli Comunali e non direttamente dai cittadini. Sembra cosa da poco, ma non lo è. E infatti, un po’ furbescamente, il comunicato precisa: “consenso popolare, che si è espresso attraverso le elezioni dei sindaci”; ma poi, con il metodo/cacciucco, prosegue: “negare questa legittimazione <…> è atteggiamento contrario al responso delle urne ed alla volontà popolare”. Oplà, il gioco è fatto. Il teorema Schifani (scusate l’insistenza) ha un corollario, puntualmente riportato nel comunicato: “La maggioranza ha il diritto-dovere di governare e lo farà con grande serenità e determinazione”. Quel teorema, nella sua disarmante semplificazione, dimentica che il diritto della minoranza a partecipare alla elaborazione delle decisioni non è mera dichiarazione di ‘fair paly’, quanto piuttosto la considerazione della volontà di chi non è maggioranza, che in democrazia è volontà complementare e non vuota voce di un popolo nemico che è stato sconfitto. Poiché la democrazia non è la legge del più forte, ma il governo del popolo, di tutto il popolo, sia pure con diritti-doveri diversi fra maggioranza e opposizione Se questo è vero in generale, lo è ancora di più a livello comprensoriale. Un organo di coordinamento come la C. M. non può funzionare come gli organi a elezione diretta: nel nostro caso i cittadini dei tre comuni che sono esclusi dal governo della C. M. sono maggioranza nel proprio territorio, e non si capisce come il “diritto-dovere di governare” dei loro sindaci e delle loro maggioranze debba veder prevalere a livello comprensoriale (e quindi con importanti riflessi sulla vita delle proprie comunità) la volontà di una parte politica che nel loro territorio è stata sconfitta. Si vuol dire che gli organi elettivi di secondo grado sono, per loro natura, organi che necessitano di governi ‘istituzionali’, nei quali tutte le maggioranze locali originarie siano rappresentate, ovviamente in modo proporzionale alla loro consistenza. Solo così, ci viene da dire, una giunta di C. M. rappresenta veramente il “consenso popolare, che si è espresso attraverso le elezioni dei sindaci”. Il ragionamento è forse un po’ complicato, e per essere compreso ha bisogno di ‘uomini di buona volontà’. Il che esclude Schifani, non per il ‘buona’, ma per la volontà che prende in prestito dal suo signore e non può usare a discrezione. Per chi invece ragiona con il proprio di capo, nella ‘maggioranza’ come nell’‘opposizione’, potrebbe essere un’utile indicazione di metodo per uscire da un’‘impasse’ ormai annosa. Ci s’ha a credere?
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