LIVORNO. Dal 29 luglio è entrata in vigore la Legge comunitaria (pubblicata sulla gazzetta ufficiale del 14 luglio) che conferisce al Governo le deleghe per recepire la Direttiva dell’Unione Europea che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino e che, tra l’altro, fissa le “regole”, i tempi, gli obblighi e definisce le forme di protezione da comprendere nelle Aree marine protette (Amp) da istituire. La Direttiva 2008/56/CE punta fin dall’inizio sulla tutela ambientale: «2) È evidente che le pressioni sulle risorse marine naturali e la domanda di servizi ecosistemici marini sono spesso troppo elevate e che la Comunità ha l’esigenza di ridurre il suo impatto sulle acque marine, indipendentemente da dove si manifestino i loro effetti. 3) L’ambiente marino costituisce un patrimonio prezioso che deve essere protetto, salvaguardato e, ove possibile, ripristinato al fine ultimo di mantenere la biodiversità e preservare la diversità e la vitalità di mari ed oceani che siano puliti, sani e produttivi. A tale proposito la presente direttiva dovrebbe, fra l’altro, promuovere l’integrazione delle esigenze ambientali in tutti gli ambiti politici pertinenti e costituire il pilastro ambientale della futura politica marittima dell’Unione europea». Nei successivi paragrafi la Direttiva affronta di petto la necessità dell’istituzione di Amp: «4) In conformità della decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, è stata sviluppata una strategia tematica per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino volta a promuovere l’uso sostenibile dei mari e la conservazione degli ecosistemi marini. 5) È opportuno orientare lo sviluppo e l’attuazione della strategia tematica verso la preservazione degli ecosistemi marini. Tale approccio dovrebbe includere le aree protette e riguardare tutte le attività umane che hanno un impatto sull’ambiente marino». Ma quali saranno e quali caratteristiche dovranno avere le Amp che anche l’Italia si è impegnata a realizzare con il recepimento della Direttiva quadro? «L’istituzione di zone marine protette, comprendenti zone già designate o da designare nella direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (di seguito «direttiva Habitat»), nella direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (di seguito «direttiva Uccelli selvatici») e negli accordi internazionali o regionali di cui la Comunità europea o gli Stati membri interessati sono parti contraenti, costituisce un importante contributo al conseguimento di un buono stato ecologico nell’ambito della presente direttiva. L’istituzione di tali zone protette in virtù della presente direttiva costituirà un passo importante verso il rispetto degli impegni assunti al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile e nel contesto della convenzione sulla diversità biologica, approvata dalla decisione 93/626/CEE del Consiglio, e contribuirà alla creazione di reti coerenti e rappresentative di tali zone». Un colpo mortale per le speranze di chi all’Elba e nell’Arcipelago Toscano continua a chiedere l’abolizione del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e di non istituire un’Area marina protetta che è prevista dal 1982: tutti i vincoli, le Direttive Ue e gli impegni internazionali citati interessano le isole toscane (5 già anche a mare) e quindi il governo dovrà farli propri a cominciare dall’Arcipelago. Anche le richieste di revisione dei perimetri del Parco avanzate più volte non sembrano percorribili, visto che la Direttiva indica come territori da proteggere prioritariamente a terra e mare quelli compresi nelle direttive habitat e uccelli, cioè le Zone di protezione speciali (Zps) e Siti di importanza comunitaria (Sic) che interessano praticamente tutto il territorio dell’Arcipelago Toscano, compreso il mare già protetto e quello dell’Elba e del Giglio, le cui coste ospitano alcune delle specie di avifauna più rare e molti degli habitat più delicati compresi nelle due Direttive. I tempi fissati dalla Direttiva che il governo ha recepito sono chiarissimi: ogni Stato membro elabora, per ogni regione o sottoregione marina interessata, una strategia per l’ambiente marino per le sue acque marine in base al piano d’azione europeo. Gli Stati membri che hanno in comune una regione o una sottoregione marina cooperano per garantire che le misure necessarie a conseguire gli obiettivi della direttiva siano coerenti e coordinati, conformemente al piano d’azione «per il quale gli Stati membri interessati si sforzano di seguire un’impostazione comune». Il 2012 sarà l’anno cruciale, infatti la Direttiva prevede: entro il 15 luglio 2012: valutazione iniziale dello stato ecologico attuale delle acque considerate e dell’impatto ambientale esercitato dalle attività umane su tali acque; definizione del buono stato ecologico delle acque considerate; entro il 15 luglio 2012: definizione di una serie di traguardi ambientali e di corrispondenti indicatori. Ma già Entro il 15 luglio 2010 «gli Stati membri designano per ogni regione o sottoregione marina interessata l’autorità o le autorità competenti per l’attuazione della presente direttiva nelle loro acque marine» e «mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva». Proprio quello che ha deciso di fare l’Italia, con tanti saluti alle promesse di cancellare la legge 394/91 e alle voglie di eliminare i parchi a terra e non fare Amp a mare. Ora qualche buontempone di scoglio chiederà anche l’abolizione della Direttiva europea?
pianosa fiori e mare