Caro Ruben, non eri un mio allievo ma abbiamo vissuto nello stesso edificio, salito e sceso cento volte le stesse scale, sostato, chissà, forse insieme, qualche volta, davanti alle macchinette delle bibite a ricreazione. Ho una figlia tua coetanea, ragazze e ragazzi della tua stessa età che bazzicano casa e sono sconvolti per quello che ti è successo. Ti ho visto su Facebook e in qualche modo ti ho riconosciuto: forse sono capitata nella tua classe per qualche ora a sostituire un collega assente e abbiamo anche parlato del più e del meno: scuola, interessi, problemi, curiosità. La vita non è mai troppa e bene lo sanno i vecchi che vorrebbero protrarla il più possibile. Ma per i giovani dovrebbe essere sicura, certa, lunghissima: un rosario interminabile di giorni da vivere pienamente, nell’impegno, nel lavoro, nell’amicizia, nell’amore, nelle vittorie e nelle inevitabili sconfitte. Non dovrebbe essere MAI un tesoro da perdere su una strada, contro un guarda-rail, mentre si va al mare in una splendida giornata d’estate. Per questo i genitori non vivono quando vi sanno in giro, per questo il loro pensiero è sempre a quel motorino, a quella moto che guidate… Resterai sempre nel cuore di tutti, di chi ti ha amato ma anche di chi ha solo sfiorato la sua esistenza con la tua. Mi unisco al dolore immenso dei tuoi e dei tuoi amici insieme ad un collega, Antonio Di Giorgio, che ti ha conosciuto e che mi ha telefonato ieri da Livorno, in partenza per la Palestina… Ciao, Ruben
Papaveri fiori