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A Sciambere dell'indignazione, dei discorsi, del vento e delle biciclette

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 08 luglio 2009

Rilanciando una notizia che era apparsa sul Tirreno qualche giorno fa, Televideo ha pubblicato (facendola diventare un caso nazionale) la seguente notizia: La titolare di un bar dell'Isola d'Elba (Livorno) ha invitato un gruppo di ragazzini disabili con problemi mentali a non frequentare il suo locale durante la stagione turistica. La donna si è rivolta a un'operatrice che accompagnava i giovani,che da qualche tempo frequentavano il suo caffè, dicendole di non essere "un'assistente sociale" e invitando il gruppo a non ripresentarsi fino a settembre.L'episodio è stato reso noto solo oggi ma è avvenuto nei giorni scorsi. Nessuna denuncia è stata sporta. La vicenda è di quelle che un nostro congiunto definiva: "da tenere in mano come un riccio di mare", per le diverse ragioni che possono essere invocate dai protagonisti della storia. Diamo per scontato alcune cose che scontate non sono poi così tanto: - che i cittadini sofferenti di gravi problemi mentali siano molti più di quanti si immagini e che abbiano diritto a tutta la nostra solidarietà operosa; - che l'ambiente la società così come possono essere determinanti nell'insorgere di patologie mentali sono essenziali come strumento terapeutico; - che nessun cittadino può essere discriminato nella erogazione di servizi in quanto portatore di handicap di qualsiasi natura - che una simile notizia è una pessima notizia e costituisce un danno d'immagine rilevante; - che comunque la deontologia professionale obbliga i giornalisti a dare pure le pessime notizie, come i terapisti a curare e i baristi a fare i caffé; e se possibile ragioniamo: a rischio di imitare Monsieur De Lapalisse: a questo punto non dovevamo giungere, che sarebbe stato meglio per tutti. Un pubblico esercente non può selezionare (e non ci piove) clienti di pura razza ariana né sulla base di criteri diversi, se lo fa (se si rifiuta di erogare una normale prestazione a qualcuno) compie ci pare pure qualche reato, ma è pure vero che i pubblici esercizi non possono essere usati in maniera esclusiva da nessuno: normodotati o diversamente abili. Soprattutto un bar non può supplire a qualcosa che evidentemente non c'è. L'espressione un po' rozza "io non sono un'assistente sociale" della barista, che ha fatto gridare allo scandalo ci piacerebbe interpretarla come "facciamoci carico un po' tutti del tempo di questi ragazzi, di queste persone, del loro diritto di stare normalmente tra la gente" che crediamo scandalizzerebbe assai di meno. Quella espressione ha dato a pelle fastidio anche a noi, ma abbiamo cercato di attaccare un ragionamento all'indignazione, in sintesi: indignarsi è gratuito, non costa nulla, intervenire seriamente sul disagio mentale significa mettere mano al portafoglio. Come dire che per far crescere la cultura della tolleranza e del recupero dei cittadini gravati da handicap di qualsiasi natura servono strutture adatte, personale preparato, giustamente pagato ed in numero sufficiente, idee, politiche, investimenti. Il resto sono discorsi, e i discorsi se li porta via il vento (e le biciclette i livornesi?)


bici rettangolare

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