La testata economica ha pubblicato due lunghe interviste dedicate al Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano. A rappresentare il fronte degli oppositori (o almeno dei parco-scettici) il Sindaco di Rio Marina On. Francesco Bosi che ancora una volta esterna le sue teorie "sviluppistiche" augurandosi un allentamento dei vincoli di protezione e ponendosi come obiettivo la riperimetrazione delle aree. Gli si contrappone in maniera totale Umberto Mazzantini portavoce locale e consigliere nazionale di Legambiente: il Parco è stato uno strumento efficace per salvare l'isola dalla cementificazione, e può diventare il vero motore di una nuova economia dell'Arcipelago. Ecco il testo delle due interviste Francesco Bosi: necessario rivedere la perimetrazione Ricordo che nel '96, quando venne approvato il Decreto istitutivo del Parco nazionale dell'arcipelago toscano, proposto dall'allora Ministro Ronchi dei Verdi, si levarono proteste vivacissime da parte degli elbani che coinvolsero settori di vario orientamento politico. Talché l'esito elettorale, per il rinnovo delle amministrazioni comunali dell'isola, venne fortemente condizionato a favore del centro-destra. Le ragioni di quella protesta avevano una comprensibile motivazione dettata dalla preoccupazione che i poteri del nuovo ente, sovrapposti a quelli degli enti locali, sottraessero ruoli decisionali alle istituzioni ed ai cittadini. Dall'altro lato, i sostenitori dell'ente Parco, sicuramente minoritari, obiettavano che si trattasse di una grande opportunità per la tutela e la valorizzazione del patrimonio naturalistico, così pregiato, delle isole toscane. Dopo oltre dieci anni di vita di questo ente si può, anzi si deve, fare un bilancio dei risultati. Non vi è dubbio che, soprattutto l'Elba, sia un'isola grande, verde ma fortemente antropizzata con i suoi 30mila abitanti. Le attività economiche che vi si svolgono, i villaggi turistici, gli alberghi e le seconde case, sono tarate per un numero di presenze contemporanee di oltre 200mila persone nel periodo estivo. Come si concilia tutto questo con un Parco che tende, nell'ambito della propria vasta perimetrazione, ad "imbalsamare" l'esistente? E ancora: quali sono, oltre le inibizioni, le reali opportunità che questo ente ha creato in favore del territorio? Occorre riconoscere che la perimetrazione dell'area è sicuramente da riconsiderare alla luce delle reali caratteristiche dei luoghi, distinguendo meglio quelli degni di tutela dagli altri. Inoltre è emerso il grave problema della mancanza di risorse destinate all'attività del Parco facendo mancare investimenti per la tutela e la valorizzazione della natura e per la fruizione di questo patrimonio da parte dei cittadini. Questa duplice combinazione finisce per rafforzare la sensazione che il Parco sia quella sovrastruttura che si temeva all'inizio. Anche se alcuni sforzi sono stati compiuti nella formulazione del cosiddetto piano del Parco. Personalmente non mi iscrivo al partito degli anti-parco ma, piuttosto, chiedo che esso sia legittimato ad una gestione più dinamica, conciliando le ragioni di tutela naturalistica con quelle del necessario sviluppo sostenibile. Del resto credo che la natura debba ragionevolmente essere posta al servizio dell'uomo e non viceversa. La cosa che è venuta totalmente a mancare all'Elba è una valutazione seria e responsabile sul proprio dimensionamento ovvero sulla necessità di programmare uno sviluppo coerente con i bisogni di vita di una popolazione che non può prescindere da una economia di scala plausibile. Mi spiego meglio: quando il numero dei residenti reali è così basso, saltano i parametri di sostenibilità dei servizi alimentando l'insorgere di malessere sociale. Vengono meno le condizioni della concorrenza fra soggetti economici, insorgono i monopoli, lievitano i prezzi, le tariffe inevitabilmente salgono, i disagi aumentano per le famiglie spesso indotte all'abbandono. Questo fenomeno è appena camuffato dai falsi residenti che in realtà vivono all'Elba solo poche settimane all'anno. I giovani non trovano lavoro stabile, i migliori se ne vanno. Da tempo vado constatando che così com'è la situazione non può andare avanti: l'Elba o cresce o muore. La sfida è dunque questa! Cosa c'entra tutto ciò con il Parco? Il nesso esiste ed è stringente. La visione ambientalista non mi spaventa se si ragiona dalla parte delle persone e delle famiglie perché le due necessità possono conciliarsi. Ciò che mi preoccupa sono gli ambientalisti di professione che per autopromuoversi e sopravvivere scatenano campagne ideologiche che poco hanno a che spartire con i valori di fondo ai quali dichiarano di ispirarsi. È necessario, senza pregiudizi, rimettere in fila le priorità, definire scientificamente il dimensionamento ottimale dell'Elba entro un'economia di scala corretta cui adeguare lo sviluppo compatibile con le esigenze socio-economiche della collettività. Il ruolo e la perimetrazione del Parco dovranno adeguarsi a questa nuova e globale pianificazione. Umberto Mazzantini: Strumento efficace per fermare il cemento Il Parco nazionale dell'arcipelago toscano, nato tra profezie di sventura, si è rivelato un efficace strumento per frenare la cementificazione che, con gli 8 piani strutturali dei Comuni, avrebbe portato all'Elba altri 2 milioni di metri cubi di cemento in un isola con già 20.000 seconde case. Dopo 13 anni dalla sua istituzione si può parlare ormai di una "accettazione" del Parco, ma non ancora di una comprensione delle sue potenzialità. Nel 2008 è stato approvato il piano del Parco che fissa le norme di gestione del territorio, con previsioni che più che equilibrate sembrano equilibriste, spinte come sono sulla stretta fune tesa tra salvaguardia di un ambiente unico e un turismo di massa ma sempre più concentrato in un breve periodo. Manca ancora l'altro strumento essenziale che raccorda il Parco alle attività economiche: il piano pluriennale di sviluppo economico e sociale che la comunità del Parco (che riunisce i 10 Comuni dell'Arcipelago e quello di Livorno, la Regione Toscana le Province di Livorno e Grosseto) non è stata ancora in grado di approvare. Il Parco ha in questi anni messo, anche con il "Walking Festival" primaverile, le isole al centro di un esteso turismo escursionistico e le 7 isole dell'arcipelago sono un vero e proprio scrigno di segreta biodiversità che i turisti ed isolani stanno solo da poco cominciando a scoprire: il santuario delle farfalle di Monte Perone all'Elba, l'area europea con il maggior numero di specie di lepidotteri, il discoglosso di Montecristo, il falco pescatore di Capraia, i rarissimi gabbiani corsi a Pianosa, la foca monaca riapparsa miracolosamente al Giglio, le oltre 1.200 specie botaniche che fanno dell'Arcipelago la zona della Toscana con la maggiore biodiversità floristica, i fondali intatti di Pianosa unici in tutto il Mediterraneo. Gioielli che però stentano ad essere valorizzati appieno, anche se sono sempre meno rare iniziative grande qualità come gli eco-alberghi di Legambiente Turismo o quelle di successo piccoli consorzi di imprenditori turistici, agenzie e guide ambientali che hanno fatto della valorizzazione dell'ambiente e delle vacanze natura il centro di un'offerta che va così ben oltre una "normale" stagione turistica che tende sempre più ad accorciarsi. Per non parlare del turismo subacqueo, che vede già nell'Arcipelago una delle più alte concentrazioni mondiali di diving centers e che potrebbe avere ancora maggiori possibilità e continuità se intoppi burocratico-amministrativi non avessero fino ad ora impedito al Parco di realizzare punti di immersione a Pianosa ed a Giannutri. A questo si aggiunga quelle inespresse potenzialità di un'area marina "monca" che sono di fatto le salvaguardie intorno a Gorgona, Capraia, Pianosa, Montecristo e Giannutri, 60.000 ettari di mare e di vincoli che il Dpr del 1996 ha affidato al Parco, che però non potrà normarli e gestirli fino a che non verrà istituita definitivamente l'area marina protetta dell'Arcipelago toscano prevista addirittura dalla legge 979 del 1982. L'esempio forse più eclatante di questo empasse è Pianosa, completamente del Demanio dello Stato, liberata dal carcere speciale nel 1997, nella quale il Parco non ha nessun potere di intervento su un patrimonio edilizio enorme che sta rapidamente degradando. Un degrado di cui naturalmente si da la colpa all'area protetta. Il problema del Parco e del suo futuro forse sta tutto qui: in un rapporto irrisolto tra protezione e vecchia politica basata sulla rendita e su una scarsa innovazione e sulla cattiva e furbesca abitudine delle istituzioni di utilizzare il Parco come comodo alibi per scaricargli addosso ritardi e colpe non suoi, a cominciare dal record negativo toscano della raccolta differenziata nei comuni dell'Arcipelago per finire ai trasporti o magari all'esplosione delle popolazioni di cinghiali e dei mufloni introdotti molto prima dell'istituzione del Parco a scopi venatori e ornamentali. Insomma, il Parco, quando "usato", è un potente marchio promozionale di cui gli isolani devono finalmente appropriarsi se vogliono trasformare in occasione economica il vincolo di cui spesso si lamentano. Qualche imprenditore lo ha capito, gli amministratori pubblici molto meno.
Il SEnatore Francesco Bosi
cartello parco volterraio
Festa Farfalle 7 Mazzantini