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La foca del Giglio nella guerra anti-sub

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 25 giugno 2009

Centocinquantanove specie di vertebrati più una? L’avvistamento di un rarissimo esemplare di foca monaca nelle acque dell’isola del Giglio ha riacceso i riflettori sullo stato di salute del Mare Nostrum, ma anche su ciò che non funziona nella difesa dell’ambiente. La foca monaca che per due ore si è aggirata tranquilla e indisturbata difficilmente può essere considerata un segnale del ritorno della specie in Toscana ma dimostra che il mare incontaminato esiste ancora. Che l’estate del Tirreno può non essere solo il rischio meduse. «Le foto della foca monaca adulta, probabilmente una femmina, sono un fatto eccezionale — spiega il presidente del parco nazionale dell’arcipelago toscano, che include l’isola del Giglio — e dimostra la qualità delle acque marine del parco. Questi esemplari erranti sono avvistati sporadicamente nel Tirreno, al Giglio o a Montecristo, in Sardegna, sempre in tratti di mare non frequentati. Forse la femmina cercava un posto dove riprodursi, come avveniva in Sardegna fino qualche decina di anni fa. E pensare che qualcuno ha parlato perfino di foto false...». Tozzi sottolineato i paradossali problemi politici nati da un evento eccezionale — la specie è a rischio estinzione, si stima che in tutto il Mediterraneo gli esemplari di foca monaca non siano più di 350 —, anche attaccando le prese di posizione del ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo . «Il segnale è chiaro, vuol dire che le acque sono pulite e la zona non sottoposta a pressione ambientale come ormai avviene quasi ovunque, con sempre più barche, nuovi porti costruiti, pesca selvaggia — aggiunge Tozzi — Ma servirebbe volontà politica per tutelare meglio mare e ambiente. Invece la nuova amministrazione del Giglio non ha detto nulla e anche il 'santuario dei cetacei' esiste solo sulla carta, nonostante il nostro gemellaggio con altre aree protette, l’osservatorio che abbiamo messo in funzione, nonostante le balene siano perfino arrivate due volte negli ultimi due anni fin dentro il porto di Portoferraio ». Tozzi a metà mese ha perfino scritto al Presidente della Repubblica per chiedere che non si aprano le aree marine di riserva integrali e dal suo osservatorio privilegiato traccia la mappa del Tirreno e della sua salute. «Ormai le tartarughe Caretta non nidificano più sull’Argentario e la distruzione di questi rettili marini e dei grandi pesci predatori, tonni e squali, fa sì che non ci sia più chi caccia le meduse e che ci siano allarmi per la loro eccessiva presenza; ma la colpa è nostra, non dei cambiamenti climatici che al massimo sono una concausa. Il problema — sottolinea — è che gli appetiti e le pressioni turistiche ormai hanno fatto saltare gli equilibri. E se la terra è più facile da difendere, penso al ritorno della cicogna o del capovaccaio, ma anche dei lupi, per il mare serve molto di più». In attesa di capire se i banchi di meduse già avvistati in Liguria arriveranno anche in Toscana, e lo faranno anche i manifesti «occhio alla medusa» che indicano le specie pericolose come la Pelagia noctiluna, che frequenta solo le acque alte, o la «Caravella portoghese » che sta colonizzando il Mediterraneo centrale, anche Legambiente chiede un cambio di passo. «La presenza della foca monaca è una buona notizia e anche lo squalo spiaggiato a Baratti dimostra che nel nostro mare possono esserci specie non comuni. Serve subito è una campagna di studio approfondita — afferma Lucia Venturi, di Legambiente — E occorre la perimetrazione delle aree marine protette, cosa che nel parco dell’arcipelago ancora non è stata fatta ovunque». Sperando che la foca monaca diventi testimonial delle 124 specie in grave pericolo in Toscana e di una nuova qualità ambientale.


Foca Monaca Giglio 2

Foca Monaca Giglio 2