Torna indietro

Non firmate quella vergogna

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 20 giugno 2009

Caro Sergio, l’intervento di Leopoldo Provenzali, che sostiene la raccolta di firme per abrogare la legge della Regione Toscana a favore degli immigrati (regolari e non), richiede un’altra risposta, dopo quella a Marcella Amadio. Niente sarebbe peggiore del silenzio rispetto alle gentili mostruosità espresse in quel comunicato. Lo stile più morbido delle parole, che denota l’imprinting democristiano, non rende meno aberranti i concetti che stanno alla base di questa sciagurata azione politica. Concetto numero uno. Nessun allargamento dei diritti potrà mai essere spacciato per “discriminazione alla rovescia”, per giunta “grave”. “Grave” è che si dicano certe cose. Sarebbe come sostenere che l’estensione del diritto di voto al di là del censo fu una “discriminazione al contrario” per i notabili dell’epoca; che riconoscere lo stesso diritto di voto alle donne (solo nel 1946!) fu una discriminazione per i maschi; o che far votare per i neri del Sudafrica è stata una discriminazione per i bianchi. L’esempio del voto non è affatto casuale, visto che la legge della Regione Toscana estende il diritto di voto amministrativo agli stranieri residenti da almeno cinque anni. Forse per questo il mio voto dovrebbe valere di meno? Non scherziamo, per favore. E adesso veniamo ai “clandestini”. Qui occorre ancora più chiarezza e mi rivolgo a tutti, a partire dagli elettori del PDL e della Lega: veramente qualcuno di voi si sente “discriminato” perché un malato grave viene curato, con o senza il permesso di soggiorno? Qualcuno di voi davvero negherebbe l’accesso all’istruzione di un bambino perché figlio di genitori senza il permesso di soggiorno? Perché di questo si tratta, né più, né meno. Chi pensa che negando i diritti a qualcuno si difendono i diritti di altri è vittima di una concezione sbagliata, se appartiene a una fascia debole (altrimenti MENTE, forse anche a se stesso): la guerra dei poveri e fra i poveri non porta vantaggi a nessuno, se non a quelli (e sono tanti) che poveri non sono. L’esempio del lavoro è il più significativo: ci vuole una bella dose di ipocrisia per sostenere che l’espulsione di un extracomunitario equivale ad un posto di lavoro in più per un italiano. O per dire, come fa Provenzali, che la legge Bossi-Fini, ha “aumentato le garanzie dei lavoratori extracomunitari”. Questa è davvero una balla così grossa che grida vendetta a Dio. Lo chiedesse al mio amico algerino Alì, fra i tanti che potrei citare, che grazie ai criteri restrittivi della Bossi-Fini si è visto negare il rinnovo del permesso di soggiorno per “reddito insufficiente”, dopo undici anni di lavoro in Italia, con tanto di codice fiscale, carta di identità italiana e perfino patente di guida italiana. Oggi Alì è un clandestino, per giunta colpevole di reato (grazie al nuovo “pacchetto sicurezza”), senza aver mai fatto nient’altro che lavorare tanto pagato male nelle campagne foggiane. E visto che all’Elba ci si conosce un po’ tutti, e io mi ricordo Leopoldo educatore al campo scuola di don Sergio Trespi (che rimane un punto fermo nella mia formazione), gli chiedo direttamente: abbiamo letto lo stesso Vangelo? Come puoi sostenere un’iniziativa così gretta e meschina come quella che stai sostenendo? Non vi accorgete che con le vostre mistificazioni contribuite a rafforzare quell’atteggiamento che poi a Napoli fa girare tutti i passanti dall’altra parte, mentre una donna piange il marito colpito a morte? La domanda vale per tutti i cattolici, e per i sacerdoti della Toscana: se c’è una legge che almeno per un attimo, fosse anche per sbaglio, ha reso reale l’affermazione di Paolo VI per cui “la politica può essere la più alta forma di Carità” (un’affermazione che detta oggi in Italia può far ridere e piangere allo stesso tempo) è proprio la legge della Regione Toscana sugli immigrati. Mettere il proprio nome e cognome per cercare di abrogarla è un atto così grave che si potrebbe solo dire (ammesso che sia così): “Signore, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.


Immigrati per favore

Immigrati per favore