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A Sciambere: C’era una volta un ghiozzo nero…

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 14 maggio 2009

Dunque dovremo rivedere il nostro giudizio sul “ghiozzo nero” di Giannutri, così sapidamente descritto da quel tuo quasi permanente collaboratore, quel Grondaia jr, che dimostra di saperla lunga sulle vicende elbane e del circondario? Sembra proprio di si, anche se, guardando a fondo, dice solo cose di buonsenso…ma nel miasma generale che avviluppa la politica, anche le cose di buonsenso acquistano una loro consistenza se svincolate dal servilismo imperante. Cosi oggi il “compagno Fini”, come viene ormai comunemente appellato in questo assopito ambiente romano, passa per essere uno coraggioso, uno che, di tanto in tanto, si stanca delle convenienze e dice la sua, con passaggi talora condivisibili (sullo svilito ruolo del Parlamento, ormai ridotto a tappetino per le bizze del Capo), talaltra meno, almeno per quanto mi riguarda, come nel caso del testamento biologico. Anche se poi…il coraggio non lo regge fino in fondo (vedi le storiacce connesse al decreto “sicurezza”) ed è costretto ad accettare, obtorto collo, ripetuti voti di fiducia, in barba al dibattito parlamentare ed ai richiami del Presidente Napolitano. Così è accaduto per questa orribile norma sui cosiddetti “respingimenti”, imposta dalla Lega Nord per motivi elettorali e di bassa macelleria, e del tutto in contraddizione non dico con la carità cristiana ma anche con le tradizionali consuetudini di accoglienza di un Paese, come il nostro, in un passato neanche troppo lontano, costretto ad affrontare le stesse problematiche dalla parte di chi chiede asilo ed accoglienza. Nessuno che si domandi quanto questi “migrantes” abbiano contribuito e contribuiscano alla nostra economia, talora con salari da fame, quante famiglie – anche nella nostra Isola- hanno potuto evitare attraverso le badanti -di mandare i loro anziani in ospizio mantenendoli, di converso, nel loro ambiente naturale, nella loro famiglia! Allora, vivaddio, ben venga anche Fini, se serve a mantenere in piedi un minimo di dignità. On. Pino Lucchesi Presidente Ce.N.I.S. Centro Nazionale Iniziative Sociali Sai cosa mi è venuto da pensare Pino? Alle veline vere quelle con la “v” minuscola che ormai la maggior parte degli italiani non sa cosa fossero, le “care vecchie veline” che giungevano dai palazzi del potere, fogli di sottilissima carta (per essere impressi in più copie possibile dalle antiche macchine da scrivere manuali) nelle quali i giornalisti trovavano “la rigorosa versione ufficiale espressa in rigorosa forma ufficiosa” come acutamente mi pare il compianto Flaiano ebbe a dire. E c’era un’altra parola che si usava allora: “velinaro”, che se fosse resuscitata oggi sarebbe sicuramente riferita all’ambito di qualche zoccoletta in attesa di un “Papi”. Velinaro invece era detto, con molto disprezzo, il giornalista appecorinato e lecchino che più si adeguava al messaggio dei potenti (alla velina appunto) . Arriveremo Pino ad avere nostalgia pure dei velinari. Ci pensavo l’altra mattina dando un’occhiata ad una trasmissione RAI condotta da un quarantenne belloccio (target casalinga di Voghera-Pensionato) una specie di Paolo Frajese dei poveri (ma non meschiamo il piscio coll’orina – avrebbe finemente ammonito Gasparone - come fece in Consiglio Comunale – Frajese era un grande) . Il torzolo in questione cercava di imbeccare un’ospite ingenuo: “Perché .. in Italia c’è la libertà di stampa .. c’è la libertà di stampa in Italia …” attendendosi che il poveraccio annuisse e guardandosi bene da informare il pubblico che giusto il giorno prima un’agenzia non governativa legata alle Nazioni Unite aveva classificato 73° (Settantatreesimo) il nostro paese, nel mondo per libertà di stampa. Ho pensato che uno così zelante nel servire i nuovi padroni non aveva proprio bisogno di “velina” alcuna è un “velinaro autoalimentante”. Ed ero, e qui vengo al punto, reduce da una “scanalata” (zapping mi fa venire in mente il mi’ babbo che faceva i solchi per le patate) che mi aveva condotto ad una delle più vergognose pagine della storia patria: vedere i ragazzi della nostra Marina mandati a “spezzare le reni” agli aspiranti clandestini a ricacciarli sulle spiagge di un paese gestito da un dittatore che ora li deterrà in condizioni spaventose, per rimandarli (sempre che sopravvivano) negli inferni da cui fuggivano. Ho ripensato al cinismo di Mussolini che accoltellava (da quel vile che era) la Francia invasa dai nazisti con una dichiarazione di guerra e affermando “ .. devo avere qualche pugno di morti italiani da gettare sul tavolo delle trattative”, e alla speculare viltà di chi ha eccitato gli animi affermando che quelle barche colme di disgraziata umanità erano piene di criminali, a chi per compiacere ai più bassi istinti xenofobi e razzisti della Lega, per un meschino calcolo elettorale, per compensare la lieve discesa nei sondaggi, tratta queste PERSONE come carne umana, caccia i diseredati della terra senza preoccuparsi di sapere se, meritando lo status di rifugiati politici tanti di quei poveri cristi (uomini, donne, bambini) abbiano o meno il DIRITTO di essere accolti nel nostro paese, a norma della più sacra delle leggi, la Costituzione. E mi sono chiesto cosa sarebbe accaduto se simili rivoltanti provvedimenti li avesse assunti un governo diverso, se questa coltellata ad un uomo morto l’avessero data altri, se una reprimenda come quella che ci siamo beccati dalle Nazioni Unite e dalla Conferenza Episcopale, l’avesse presa il Governo Prodi, mi sono figurato lo scandalo dei benpensanti. Beato – scriveva Bertold Brecht – quel paese che non ha bisogno di eroi. Ci sarebbe da estendere il concetto, accontentandosi di molto meno con un: “e beato quel paese in cui non paiono eroi quelli che si limitano a dire cose dettate dal buon senso e dal semplice sentire umano”.


Ghiozzo nero

Ghiozzo nero