Il grande filosofo francese Jean-Paul Sartre riferendosi all'arte e soprattutto agli scrittori, sosteneva che l'artista non può limitarsi a descrivere; anche se non lo vuole è attore, parte in causa. L'arte è una maniera di esprimere e di trasformare il mondo. Il concetto di impegno sociale viene esplicitato con un esempio. Dice Sartre: "considero Flaubert e Goncourt come responsabili della repressione che seguì la Comune in quanto non hanno scritto un solo rigo per impedirlo". Non è infatti il pensiero che impegna, ma l'atto; e per lo scrittore l'atto è la parola. Tacere con qualsiasi pretesto, su un qualsiasi problema significa rifiutare di assumersi nel suo insieme quel mondo che lo scrittore deve esprimere: significa mutilare il mondo e se stessi. Riportando il discorso ai tempi nostri, dico che di fronte alle leggi razziste e xenofobe che istituiscono ronde di violenti, decreti di espulsione, respingimenti (per dire deportazione) alle frontiere invisibili dei poveri cristi che giungono dal mare, il mondo della cultura, gli intellettuali, gli artisti dovrebbero alzare la voce dell'indignazione e della denuncia per come si sta trasformando l'Italia, da Paese tollerante e accogliente in Paese incivile e impietoso. Con i recenti respingimenti viene negata la speranza di un futuro e di una vita degna a tanta umanità umiliata e offesa. Usciamo fuori dalla nostra pigra opulenza. Non è tempo di starsene alla finestra e guardare esseri viventi sprofondare nel dolore e nella disperazione. Il ministro Maroni, fiero dei suoi ultimi atti, ha trasferito una componente sadica all'interno di un governo che certo non si è distinto per atti di buonismo. E' un salto di qualità, ma la cattiveria non fermerà i viaggi della speranza dei clandestini in cerca di un futuro.
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