Un grande spettacolo al teatro dei Vigilanti di Portoferraio, in scena Marco Paolini con “Album d’Aprile”. Applausi lunghissimi e meritati per l’attore veneto che ha intrattenuto il pubblico per ben due ore (“mi riprometto sempre di essere breve e poi vado lunghissimo”) sul tema del rugby (“non ho mai giocato in vita mia, ma ho molti amici”) dell’impegno politico, con gli striscioni scritti in sezione “Nixon ciucciamentine, azzazzini”, dell’amicizia e del bar da Jole, “un mondo perfetto”. Grande Paolini anche per la sua disponibilità ad incontrare il giorno dopo, in carcere, i detenuti di Porto Azzurro, in particolare il gruppo teatrale de “Il carro di Tespi”. Nel locale che serve sia da teatro che da chiesa, tra pagliacci e santi dipinti sul muro, con l’altare spostato alla parete per liberare il “palco”, Paolini, accompagnato dal suo musicista, ha parlato con cuore ruvido e umanità di suo padre ferroviere sporco di carbone che voleva farlo studiare, e di come invece lui lasciò la facoltà di agraria per fare il clown di strada. Ha raccontato il suo percorso e di cosa significhi per lui essere un bravo attore. “Se guardando un film dici “com’è bravo quell’attore” ecco, vuol dire che è pessimo, perché non ti ha fatto entrare nel film lasciandoti dimenticare tutto il resto”. Paolini deve aver incontrato un’umanità autentica in carcere, perché dopo due ore di racconti e domande ha promesso di ritornare per testare un suo nuovo lavoro. “Nel senso che ti faremo da cavie?” “Sì, perché essere famosi significa essere ingombranti, tutti ti sorridono e ti dicono bravo, ma se si riesce, come qui, a superare questa barriera si arriva al rapporto vero”. Grazie, bis.
marco paolini