Ridiscutere e cambiare le regole nelle acque ricomprese nel Parco nazionale dell’arcipelago Toscano ed esattamente nelle zone di riserva integrale (zone 1m) a Giannutri e Montecristo, come previste dal DPR istitutivo del parco del 1996. E’ l’ipotesi che preoccupa Legambiente e che sembra profilarsi a seguito dell’istituzione di una “commissione di studio sulla subacquea nelle aree marine protette”, che secondo alcuni articoli riportati dalla stampa, sarebbe stata da poco attivata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del teritorio e del Mare. Dalla commissione, composta oltre che dai massimi dirigenti ministeriali, dal capo della segreteria tecnica del Ministro Prestigiacomo, Avv. Pelaggi, dal presidente del Conisma (il consorzio interuniversitario per le scienze del mare, da dirigenti dell’Ispra (ex Icram) e da un ex campione di pesca subacquea, sarebbero stati esclusi, infatti, tutti i soggetti rappresentativi del mondo della subacquea e che hanno adottato di concerto con lo stesso Ministero il “Protocollo tecnico per la subacquea sostenibile nelle aree marine protette”. “Un lavoro durato tre anni – segnala Legambiente - portato avanti da un tavolo tecnico presieduto dalla Direzione per la Protezione della Natura del Ministero dell’ambiente e che ha visto il coinvolgimento di una vasta platea di soggetti, oggi ignorati inspiegabilmente”. A parte l’ICRAM, presente anche oggi con gli stessi dirigenti di un anno e mezzo fa, furono coinvolti il Reparto Ambientale Marino delle Capitanerie di Porto, la Federparchi (in rappresentanza degli Enti gestori delle aree marine protette e dei parchi nazionali costieri), tutte le principali Didattiche e Federazioni Nazionali ed Internazionali operanti in Italia (ADISUB, ASSOSUB, CIAS, CMAS, FIPSAS, HSA Italia), e non ultime tutte le maggiori associazioni ambientaliste in campo marino (Greenpeace Italia, Legambiente, Lega Navale Italiana, Mareamico, Marevivo, Verdi Ambiente e Società e WWF Italia). “Il Protocollo tecnico – prosegue Legambiente - ha consentito di definire regole di riferimento chiare per le attività subacquee ricreative, basate su principi uniformi, da applicare a tutto il sistema delle aree marine protette nelle diverse fasi di istituzione, revisione e gestione delle stesse, nonché un Codice di condotta nazionale da adottare nelle regolamentazioni delle AMP e, su base volontaristica, all’esterno delle AMP. I risultati sono già importanti ed evidenti: i contenuti tecnici del Protocollo vengono adottati dallo stesso Ministero dell’ambiente in tutti i nuovi decreti istitutivi e di aggiornamento delle AMP nonché nei nuovi regolamenti”. A preoccupare l’associazione ambientalista sarebbe in particolare il modello gestionale suggerito dalla commissione per la subacquea ovvero le zone di tutela biologica, che non sono né aree marine protette né parchi nazionali, ma aree dove è vietata la pesca non dal Ministero dell'Ambiente, ma da un altro Ministero, quello delle politiche agricole e forestali. “Ricordiamo al Ministero che per cambiare le regole a Giannutri e a Montecristo non serve una commissione, ma un nuovo Decreto firmato dal Presidente Napolitano d’intesa con la Regione Toscana. Andrebbe poi coinvolto l’Ente Parco nazionale, preposto dal Ministero e dalla legge alla gestione delle aree di mare comprese nel perimetro del parco. Insomma, - conclude Legambiente - se si vuole ragionare sulla subacquea per davvero, il Protocollo tecnico è un prodotto avanzato e condiviso che si può eventualmente aggiornare con il contributo di tutti, ma anziché ridiscutere le regole a Giannutri e a Montecristo sarebbe il momento di istituire una area marina protetta vera e propria, con zone A, B e C, più aperta alla fruizione e più simile al quadro nazionale del mare protetto”.
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