Mentre la televisione rimanda immagini che sembrano quelle successive ad un bombardamento, tra una telefonata e l’altra ad amici e compagni che vivono in Abruzzo per sapere se sono in salvo, il dolore per le vittime, per i feriti e per coloro che non hanno più un tetto sotto il quale stare , provo a mettere in fila pensieri e proposte. Stando distante dalle polemiche che sarebbero offensive verso chi sta soffrendo così tanto e non porterebbero sicuramente pensieri lucidi. Mi avvalgo solo di quel che sappiamo da tanti anni : il territorio italiano è tra i più fragili d’Europa e tre sono le calamità che più lo hanno colpito nell’ultimo secolo e anche in quelli precedenti. I terremoti , le alluvioni, le frane. Mentre penso all’Abruzzo che ho visto solo in televisione mi tornano alla mente la frana di Sarno, il terremoto in Friuli, o quello delle Marche e dell’Umbria, le molte alluvioni in Piemonte. E andando più indietro ancora negli anni.. l’alluvione di Firenze, il terremoto dell’Irpinia, la frana di Soverato, che invece ho purtroppo avuto modo di vedere tutte di persona. Ogni volta sgomenti e atterriti abbiamo detto che non poteva accadere più, che non dovevamo permetterlo. Che non potevamo prevedere terremoti e alluvioni ma avevamo il dovere di salvare la vita umana, i beni culturali e il territorio con opere serie di prevenzione. Dopo i giorni del lutto e del dolore verranno quelli della riflessione e delle proposte e magari anche quelli delle polemiche ( poco utili). Non potendo personalmente fare oggi, 6 Aprile, nulla di concreto, forse è utile mettere di nuovo in fila le cose. Con un impegno poco gridato ma solenne. Questa è l’ultima volta che mettiamo in fila le cose da fare….da domani lavoreremo perché siano fatte. Esigeremo che siano fatte. E se non avremo impegni chiari non staremo in giunte locali che rallentino o tradiscano quegli impegni. L’unico modo di prevenire danni enormi provocati da eventi sismici è quello di mettere in sicurezza gli edifici costruiti prima del 1980 ( prima cioè dell’entrata in vigore delle norme antisismiche) e sono tantissimi, a cominciare dalle scuole e dagli ospedali che si trovano ( secondo la carta nazionale del rischio sismico) in area 1 e 2 ma anche in area 3 e 4 per arrivare alle case e ai monumenti. E vanno controllati anche gli edifici più recenti perché troppo spesso sono stati costruiti non rispettando quelle norme. Mettere in sicurezza vuol dire in tanti casi rafforzare stabili ed edifici ma in altri casi rifare, ricostruire, ripristinando la stabilità in modo strutturale. Un'altra cosa essenziale sono i piani di evacuazione per le aree fortemente a rischio , misura anch’essa necessaria. Per quel che attiene invece il rischio alluvioni e frane anche qui sappiamo da tempo quel che si deve fare : rinaturare corsi d’acqua spesso deviati o tombinati, riforestare con alberi di un certo tipo, rifare le reti idrauliche, fognarie e di scolo, spostare insediamenti civili o industriali costruiti colpevolmente nelle aree di esondazione dei fiumi,evitare ulteriori cementificazioni e impermeabilizzazioni di altri terreni agricoli. La messa insicurezza degli edifici nelle aree sismiche e il riassetto idrogeologico del territorio sono le due opere pubbliche più urgenti, importanti e strutturali per il nostro paese. Lo sono da oltre sessant’anni e purtroppo non vedono la luce. E’ una spesa enorme ( dicono alcuni) ma si potrebbe obiettare che averla rinviata sempre l’ha resa ancora più grande… ma se la rapportiamo a quanto abbiamo speso in questi ultimi 80 anni per intervenire dopo i terremoti e dopo le alluvioni e le frane sono certa che la cifra è notevolmente minore di quella spesa per riparare i danni a posteriori. E le vite perdute comunque non si ripagano mai in alcun modo. Si tratta di due opere civili nel senso alto della parola. E a proposito di sicurezza si tratta di darla, finalmente e stabilmente ,a milioni di persone. La proposta che avanzo è semplice e chiara : se queste che ho detto sono le opere pubbliche più urgenti ( e lo sono) e se per fare queste opere si mette in moto lavoro e occupazione( e si mette in moto) allora bisogna chiedere, per cominciare, che le risorse pubbliche destinate al Ponte sullo Stretto di Messina vengano stornate immediatamente in queste due direzioni. E che altre risorse pubbliche e anche private vengano reperite al più presto. Non mi metto neppure a contestare l’utilità del Ponte, i costi, l’impatto ambientale e via di seguito. Mi limito a dire che rispetto alle due più grandi opere pubbliche che ho indicato il Ponte sullo Stretto non è una priorità e può essere rinviato prima e anche annullato se sarà necessario. Un paese che frana, si allaga, e crolla sotto terremoti è una paese arretrato e insicuro. Infelice e ingiusto verso milioni di cittadini che vivono da decenni nella paura. Perché nel 2009 le cosiddette calamità naturali forse non si possono ancora prevedere ma si possono sicuramente prevenire.
Fulvia Bandoli