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Zermandili entra nel sito del "Pertini" per scrivere su Obama

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 21 febbraio 2009

Onore per il Circolo Pertini dell’Elba. Zarmandili vincitore del Premio letterario Elba nel 2007, con il romanzo"L'estate è crudele" edito da Feltrinelli, mantiene la sua promessa e diventa “collaboratore” del nostro sito, regalandoci i suoi preziosi articoli di politica internazionale. Bijan Zarmandili e' nato a Teheran e si e' trasferito a Roma nel 1960. Da oltre 20 anni si occupa del Medio Oriente per il gruppo Espresso-Repubblica. E' stato capo redattore esteri della rivista Astrolabio e ha collaborato a lungo con "Politica internazionale". E' il corrispondente per l'Iran della rivista di geopolitica "Limes" e tiene una rubrica di analisi delle vicende iraniane e mediorientali per Rainews24. Sfide americane, da http://temi.repubblica.it/limes/usa-iran-la-missione-impossibile-di-obama/Usa-Iran, la missione impossibile di Obama (02/02/09) di Bijan Zarmandili Usa e Iran provano a dialogare in attesa delle elezioni iraniane di giugno. Nel frattempo cercheranno di guadagnare posizioni di forza e quindi attriti saranno possibili prima di sedersi a un eventuale tavolo negoziale. Tre temi: Iraq, Afghanistan e nucleare. Ma come convincere gli altri big della regione? I primi approcci di Barak Hussein Obama con il dossier Iran indicano l'avvio di un nuovo metodo nella politica dell'Amministrazione americana nei confronti di Teheran, ma è presto per giudicarlo anche come una nuova strategia. Lo stesso vale per le reazioni iraniane all'offerta di Obama (Ahmadinejad ha posto delle confuse condizioni per la ripresa del dialogo, mentre il suo ministro degli Esteri Mottaki ha mostrato disponibilità alla cooperazione nel caso che gli Stati Uniti mutino la loro politica verso la Repubblica islamica). In ambedue i fronti si svolgono per il momento grandi esercitazioni di carattere metodologico anziché di merito. E tale situazione è destinata a durare almeno fino al prossimo giugno, quando l'Iran andrà alle urne per scegliersi un nuovo presidente; ma potrebbe durare anche fino alla prossima estate nel caso di un secondo turno per le presidenziali iraniane. Fino a quelle date né Obama né gli ayatollah iraniani azzarderanno una politica strategica compiuta per dar luogo ad un vero e proprio dialogo o negoziato. Nel frattempo però i centri e gli istituti dove vengono elaborate le prospettive geopolitiche e strategiche degli uni e degli altri compiranno ogni sforzo per individuare le priorità meglio congegniate a loro favore e cercheranno di preparare il terreno per giungere ad un eventuale appuntamento negoziale da posizioni di forza. E durante tale riflessione, più che altro di carattere accademico, non è detto che la politica faccia qualche passo in avanti, avvicinando i due paesi; è probabile che invece ci siano nuovi attriti e altra ostilità, anche se ambedue le parti cercheranno di non compromettere definitivamente la prospettiva del dialogo. Superati i preliminari, quali saranno i temi da cui partire per costruire un serio negoziato? (Non sarà indifferente se alla presidenza della Repubblica islamica verrà riconfermato Ahmadinejad, oppure se al suo posto verrà eletto un conservatore pragmatico come Larijani o Ghalibaf, o un riformatore come Khatami o Mussavi). Un articolo sulla "New York Review" del febbraio 2009 dal titolo "How deal with Iran" individua tre temi possibili alla partenza del dialogo Usa-Iran: il nucleare, l'Iraq e l'Afghanistan e stabilisce un nesso tra questi tre argomenti. L'Iran ha un forte ascendente sugli sciiti iracheni (la maggioranza in Iraq) anche perché le principali forze politiche sciite irachene si sono formate in Iran e tuttora sono sotto la sua protezione. Dunque, un negoziato serio con l'Iran per la stabilità irachena dopo il disimpegno militare americano dall'area (non a livello di rango minore come si è fatto fino ad ora) avrà senz'altro un valore strategico sia per l'Iran che per gli Stati Uniti. Lo stesso vale, anche se in termini diversi, per l'Afghanistan, dove l'Iran e gli Usa hanno lo stesso nemico: i Taliban. Ambedue mirano infatti a non riportare la crisi afgana alle condizioni pre-settembre 2001 e ambedue temono un rafforzamento degli "studenti coranici" e dei loro alleati, gli uomini di Osama Bin Laden, nemici giurati degli sciiti. Ma Obama deve tener conto anche della presenza egemonica dell'Iran su alcune importanti regioni nord-occidentali dell'Afghanistan, ma anche del suo bisogno di cooperazione per ridimensionare e arginare la coltivazione e il traffico degli stupefacenti che raggiungono l'Iran dai confini afgani. Ripartire dall'Iraq e dall'Afghanistan, dunque, per arrivare al terzo tema, quello più spinoso, il nucleare. Cercare un terreno d'intesa sull'Iraq e sull'Afghanistan potrà offrire al dialogo Usa-Iran un clima meno teso quando si dovrà trattare il nucleare su cui invece gli interessi reciproci divergono in modo più marcato. Su cosa potrà cedere Teheran riguardo al suo piano nucleare è cosa davvero oscura. Di certo si sa che chiunque arrivi al vertice della Repubblica islamica non potrà e non vorrà rinnegare il proprio diritto all'energia nucleare e di certo si sa che l'Iran da sempre mira a negoziare il suo nucleare direttamente con gli americani. Il problema si dovrà porre quindi, ma sulla base del fatto che l'Iran virtualmente è già una potenza nucleare e a quel punto sarà possibile mettere sul tavolo negoziale una serie di questioni che riguarderanno il futuro del nucleare iraniano. Cioè, nucleare in quali condizioni? Con quali prospettive? Con quali garanzie e per quali usi? Su tali interrogativi si potrà immaginare un vasto spazio per delle trattative reali e non fittizie e mascherate come quelle che si sono svolte fin qui. Paradossalmente il fardello di un negoziato con l'Iran sarà innanzitutto sulle spalle di Barak Obama. Perché sarà lui che dovrà convincere in primo luogo Israele sui benefici di tale dialogo anche per lo Stato ebraico. E che i suoi eventuali frutti potranno far decrescere la pressione e l'influenza iraniana sugli Hezbollah libanesi e su Hamas, agevolando il processo di pace mediorientale. A Obama spetterà anche il compito di far accettare il negoziato con l'Iran all'Egitto, all'Arabia Saudita, ai paesi del Golfo persico, al mondo sunnita in generale e di garantire loro che l'avvicinamento con Teheran non sarà a scapito del tradizionale appoggio degli Usa al mondo arabo. Caso mai, va spiegato agli arabi, lo dovrà consolidare, perché una minore intransigenza iraniana potrà giovare a un livello più elevato di stabilità nella regione mediorientale. Ma i compiti di Obama riguarderanno anche il Pakistan e la Turchia che vorranno avere a loro volta delle garanzie per un futuro in cui la Repubblica islamica uscirà dalla lista "Asse del male" e rientrerà nello spazio dei potenziali cooperanti con l'Occidente. Poi ci sarà il gran lavoro da svolgere in seno al Consiglio di sicurezza, con la Cina e con la Russia in particolare; con lo stesso segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon; con gli europei, con Parigi, Londra e Berlino, cointeressati al problema nucleare iraniano nell'ambito del "5+1". Un ultimo problema da non sottovalutare sarà poi: in quale sede dialogare con l'Iran? Qui davvero servirà una feconda fantasia perché la collocazione ambientale delle trattative stimoli la buona riuscita del dialogo. Intanto è bene ricordare che per il momento, ma forse fino alla fine dell'eventuale negoziato, l'Iran e gli Stati Uniti restano due paesi che hanno rotto le relazioni diplomatiche reciproche e che non hanno alcuna sede idonea per incontrarsi. E' la Svizzera che cura i loro reciproci interessi e ultimamente si parla dell'istituzione di un ufficio americano a Teheran, che tuttavia non avrà alcuno status diplomatico. Dunque, si potrà immaginare l'inizio del dialogo in una sala confortevole del Palazzo di vetro a New York, dove "per caso" si troveranno faccia a faccia un dirigente iraniano e uno statunitense. Oppure ciò potrà verificarsi in un ufficio dell'Onu che si affaccia sul lago di Ginevra. Ma non è detto che a preparare il terreno non siano gli sportivi, gli artisti, i cineasti, oppure gli accademici o i parlamentari dei due paesi che daranno luogo ad una sede bilaterale, dove confrontarsi sull' arte e sulla cultura, lasciando poi che siano i politici ad occupare quella sede.


Zermandili

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