Come molti che si sono espressi in questi giorni, ritengo anch’io impensabile il ritorno di Pianosa alla dimensione di carcere di massima sicurezza per i mafiosi. Sarebbe come tagliare le gambe ad un percorso di riacquisizione e di riuso che, per quanto non completato, ha ormai conferito a questa nostra isola dell’Arcipelago il ruolo di gioiello ambientale e paesaggistico, che non può essere compromesso da scelte sbagliate ed incongrue. Spero veramente che su questa vicenda si usi il necessario buonsenso. E che lo si usi anche non mettendo in contrapposizione chi difende Pianosa così com’è, da ambientalista o uomo delle istituzioni, perché vuole bene a questo pezzo di territorio dell’Arcipelago, e chi vede in Pianosa uno strumento per essere più incisivi nella lotta contro la piaga mafiosa. Siamo tutti dalla stessa parte, tutti contro la mafia, tutti per l’eliminazione di questo cancro della società, anche se proponiamo soluzioni diverse, che non mettano in urto la difesa della legalità e la speranza di salvaguardare un angolo di paradiso. Uno scenario magico che peraltro cade a pezzi e necessita di uno sforzo congiunto di tutte le istituzioni coinvolte per dare gambe a progetti concreti ad una vasta operazione di restauro conservativo e recupero ambientale che ci consenta di consegnare a chi verrà dopo di noi l’identità straordinaria di Pianosa, senza che si corrompa nel degrado. E’ questa la vera scommessa da fare: lavorare a soluzioni diverse dal punto di vista carcerario ed allo stesso tempo investire in progetti per salvare Pianosa ed il suo straordinario patrimonio. Per avere la speranza di poter ancora credere in un Paese dove la difesa della legalità e dell’ambiente sono entrambi valori riconosciuti e dove si capisce che, molto spesso, difendere un promontorio, una spiaggia, un pezzo di mare incontaminato non è solo un punto di vista ambientalista, ma anche un fatto culturalmente importante e persino un segnale di legalità e civiltà.
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