Si è appena concluso il congresso di Federparchi nella più totale indifferenza degli organi di informazione - poco interessati evidentemente al presente e futuro dei parchi- ed eccoti la notizia che il ministero commissarierà l’Asinara. Lo farà -ci assicurano- con persona esperta avendo già fatto il commissario all’Arcipleago Toscano. Un Bertolaso di mare insomma che -se non ricordo male- si occupò già anni fa anche dell’area marina del Conero che da allora è sempre a bagnomaria. Così la Sardegna continuerà a barcamenarsi tra inutili referendum e commissari romani. E chissà se anche in questo caso, come avvenne già parecchio tempo fa con un alto funzionario ministeriale incaricato di seguire una riserva marina sarda, il quale si scriveva da Roma per avere notizie assisteremo ad un simile interessantissimo carteggio. D’altronde se si è riusciti in poco tempo a mettere in crisi anche Ustica l’unica riserva marina che potevamo presentare decorosamente anche all’estero, nutrire timori e preoccupazioni più che legittimo è doveroso. Vorrà pur dire qualcosa che il nostro elenco ufficiale delle aree protette ignori le aree marine nonostante che alla Conferenza di Torino il ministero avesse presentato un importante studio del prof Gambino sulla classificazione poi però del tutto ignorato insieme a tante altre cose e impegni anche di legge. Se il più piccolo comune avesse la sua anagrafe nelle condizioni di quella del ministero sarebbe immediatamente commissariato, invece è il ministero che commissaria; buffo, no? E proprio la Conferenza di Torino con il suo seguito e soprattutto il suo mancato seguito anche per quanto riguarda un tavolo istituzionale per i parchi è bene averla presente in vista anche della terza di cui si è parlato al congresso. Se già queste prime sortite recano il segno allarmante dell’Asinara, Federparchi farà bene a prendere le giuste misure di salvaguardia e alla svelta. Non metto lingua nelle decisioni che dovranno essere prese riguardo la presidenza e l’assetto dei nuovi organi direttivi. Certo è che il confronto con il ministero e più in generale con il governo ma anche con il Parlamento, le regioni e gli enti locali ha bisogno di uscire da un circuito che rischia di lasciare del tutto esclusi momenti e passaggi cruciali e non soltanto per i parchi e le aree protette. Solo qualche esempio. Ho chiesto recentemente ad un autorevole esperto di cose alpine se voleva partecipare ad un dibattito sulla Convenzione alpina; la risposta è stata tagliente; non voglio più sentirne parlare tanto non succede mai niente. Eppure la Convenzione alpina ci impegna sul piano internazionale (come ricordava anche la legge 426 anch’essa finita nel dimenticatoio) in un’area peraltro a forte presenza di parchi nazionali e regionali. Qualcuno ne sa qualcosa e se sta occupando al ministero? L’Italia è stata l’ultima a votare la legge per il cosiddetto Santuario dei cetacei con sede in Italia Quando ha istituito la Cabina di pilotaggio con la solita generosità che contraddistingue lo stato sono stati inseriti 3 o 4 ministeri e una sola delle tre regioni che ne fanno parte. In un dibattito un paio d’anni fa a Camogli dissi che quella cabina era come la tenda al Polo di Nobile; non mandava e non riceveva segnali. Il dr Cosentino mi rispose che non era vero. Domando ora che il santuario ha una bella sede a Genova; cosa sta facendo? Ma soprattutto sta facendo qualcosa? A me non risulta. Eppure parlare di aree protette marine ignorando il Santuario e il Mediterraneo –che non possono restare argomenti per qualche raro comunicato- è un po’ difficile. E le coste di cui parlava anche la legge 426 e prima ancora una legge dell’82, sono oggetto di qualche iniziativa? Di gestione integrata delle coste -termine sempre più ricorrente nelle direttive e documenti comunitari ma anche dell’UICN- non mi pare si parli più, o sbaglio? In un recentissimo libro; ‘Mezzogiorno a Tradimento’, di Gianfranco Viesti ad un certo punto parlando della pianificazione al Sud è detto ‘Si prenda il caso delle aree protette. Nelle regioni del Sud ne sono state istituite 221: decisioni di grande rilievo politico, finalmente volte a tutelare e valorizzare, anche a fini economici, le grandi risorse naturali del Mezzogiorno. Il 23% del Mezzogiorno è oggi protetto, una percentuale significativamente maggiore rispetto al resto del paese. Tuttavia, al 2006, solo per cinque di esse si disponeva di piani da attuazione , con precisi indirizzi e criteri’. C’è qualcuno al ministero che anziché pretendere di scrivere le delibere dei parchi nazionali e fare controlli di tipo prefettizio se ne occupa tenendo conto ( e non vale solo per il sud) che oggi ad un parco non basta più fare due piani (cosa già complicata) ma ben tre dopo che il nuovo codice dei beni culturali ha riportato il piano paesaggistico in collo alle Sopraintendenze? E, soprattutto, in quali sedi nazionali parchi e istituzioni regionali e locali -e non solo del Sud- dovrebbero e potrebbero discutere di queste cose se da oltre 10 anni manca la Consulta tecnica, il piano triennale, il comitato stato-regioni e nessuno ha provveduto a riordinare il tutto come prescriveva una legge di 11 anni fa e persino l’impegno assunto alla Conferenza di Torino di dar vita almeno ad un tavolo non ha avuto alcun seguito? Ecco perché penso che i nuovi organi di Federparchi dovranno partire da qui se non vorranno vedersi ancora una volta snobbati da un ministero che continua a sfornare commissari ma nessuna progettualità politica e culturale.
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