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Controcopertina: emozioni e ricordi degli studenti dal Treno della Memoria

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 30 gennaio 2009

Firenze. Stupore, rabbia, sbigottimento, paura, qualche lacrima, tanti occhi lucidi. Sono queste le espressioni stampate sui volti degli oltre 550 ragazzi durante le visite ai campi di Birkenau e Auschwitz. Il treno della memoria è ripartito ieri sera da Cracovia. Adesso tante facce sono di nuovo distese: la prospettiva del ritorno a casa attenua in parte il contrasto, i sentimenti e le emozioni. In molti si lasciano andare. Qualche scherzo, una partita a carte, una risata. Ma c'è anche chi preferisce starsene in un angolo, a riavvolgere il filo di questi 4 giorni. Irene ha 19 anni. Dello Scientifico Agnoletti di Sesto Fiorentino. Per lei, come per la stragrande maggioranza, è stata la prima volta. «Mi ha colpito la desolazione che ti resta dentro. Ciò che vedi nei campi non ti da una rappresentazione di ciò che è realmente acca duto. Quello che quei poveri disgraziati hanno passato. Sono in parte i sensi a fartelo percepire: il freddo nelle ossa, la nebbia che ti avvolge, l'odore della terra e delle baracche. Ognuno rielabora secondo le proprie emozioni. L'incontro con i testimoni è stato il momento più forte. Loro non sono lì a chiedere la tua pena ma a sperare soltanto che il loro messaggio possa diffondersi». Come trasmetterlo? «Affrontando le piccole cose ad esempio. Come il bullismo. Si parte da lì. Non farò il politico probabilmente, ma se dovesse accadere farei leggi che accettino ed incoraggino le differenze». Lib, 24 anni, viene dal Messico. Studia lettere a Firenze. «La cosa che mi ha dato più fastidio in assoluto è stata la visione degli oggetti personali. Quando poi vedi le matasse di capelli, l'emozione ti colpisce allo stomaco. Nella "Sauna" a Birkenau (il luogo dove le SS accoglievano gli internati pi&u grave; sfortunati, quelli che venivano registrati) non riuscivo ad entrare, mi veniva da piangere. Vedere quel posto umido, nascosto, immaginarsi le scene e i drammi che si consumavano ogni giorno mi ha fatto venire i brividi. Le baracche dei bambini, i loro disegni, sono un altro posto agghiacciante. Non riesco a comprendere come fosse possibile conciliare barbarie e innocenza». Arianna e Francesca, 18 anni, studiano al classico Virgilio a Empoli. Anche per loro è stato il primo viaggio a Auschwitz. «Prima di partire - dice Arianna - sai che non sarà un viaggio di piacere. Leggi libri, guardi film, ti documenti. Ma quando sei lì ed ascolti i racconti di chi ci è passato è tutta un'altra cosa. I campi mi hanno dato l'impressione che non fossero un posto per esseri umani. L'incontro con i testimoni ha dato sfogo a tutte le emozioni accumulate in due giorni. E' in quel momento che percezioni e sensazioni acquistano sostanza. Trasmetterlo ai miei compagni? Non sarà facile. E' come fissare il vuoto e cercare di spiegarlo. Ci proverò, col rischio di essere banale. Occorre essere mentalmente predisposti per recepire». L'anonimato dei posti e il male che trasudano, hanno colpito nel cuore la sua compagna Francesca. «Luoghi e oggetti trasmettono le storie che hai letto e ti fanno rivivere i racconti. Sentire le parole dei testimoni è stata una bella mazzata. Proverò a tramandare ciò che ho visto e imparato ma non sarà facile. Il peso accumulato in questi giorni è enorme». Il treno arriva a Udine, tappa finale del viaggio per il primo dei quattro testimoni, Maria Rudolf. Il suo saluto commuove. A Padova è la volta delle sorelle Bucci. Andra conclude l'addio ai ragazzi con "shalom". E con la speranza che tutto quello che hanno vissuto possa essere l'insegnamento più grande per i ragazzi. E’ probabilment e uno dei momenti più toccanti del viaggio, con tutti i ragazzi affacciati ai finestrini ad applaudire le due sorelle. «Fare il confronto con loro - ha spiegato Ramzi, 22 anni, palestinese, studente all’Università di Firenze - ha in un certo senso annullato la distanza con i luoghi che ho avuto la fortuna di visitare. L'idea che mi ero fatto era di qualcosa di molto lontano. Per me è stata un'esperienza che merita di essere condivisa con altri. Sei a contatto con studenti più giovani di te ed è come se ti sentissi responsabile nei loro confronti». Sul treno ci sono anche Ana e Mihaela, romene. Studiano a Firenze all'Università, hanno 23 anni. «Tanti particolari - ha detto Ana - hanno completato e arricchito le mie conoscenze. Forse in molti libri ci si sofferma più sulla vita nei campi senza spiegare che tante persone , più del 90%, morivano direttamente nelle camere a gas. Oggetti, racconti, luog hi, mi hanno dato un idea più chiara di come funzionasse la macchina della morte». «Era il mio sogno partecipare a questo viaggio - ha confidato Mihaela - Sono fortunata ad essere stata scelta su 160 persone che avevano fatto domanda. Mio nonno era ebreo. Ha sposato una cattolica ed è riuscito a fuggire ma mi ha raccontato che la cosa che lo ha ferito di più era il non poter professare liberamente la propria religione». Sul Treno c'è posto anche per Thomas, 19 anni austriaco. Presta servizio civile al Museo della Deportazione di Figline di Prato. Ha collaborato all'organizzazione del Treno della Memoria. «Anche per me è stata la prima volta ad Auschwitz. La nebbia del primo giorno a Birkenau ha reso tutto ancora più impressionante. Ho provato a chiudere gli occhi per un attimo e a immaginare un istante di vita di quelle persone. Ma è impossibile. Credo che chiunque dovrebbe fare questa esperienza almeno u na volta nella vita. Oggetti e racconti danno sostanza alla storia di ciascuna singola persona».


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