Torna indietro

Controcopertina: Il secondo giorno del Treno della Memoria ad Auschwitz

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 28 gennaio 2009

Oswiecim-Auschwitz (Polonia) Alle 15 del 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, uno dei simboli mondiali dell’orrore e della degenerazione umana. 64 anni dopo, alla stessa ora, gruppi di turisti sciamano, entrando ed uscendo dai ‘Block’ del campo alla ricerca di una risposta a tutto questo. In maggioranza sono ragazzi. E tra questi anche gli oltre 550 studenti toscani del Treno. Una prima risposta è stampata all’entrata di uno dei ‘Block’, il numero 5, quello che ripercorre le modalità di sterminio. La frase è del filosofo, scrittore e poeta spagnolo George Santayana. “Chi non sa ricordare il passato è condannato a ripeterlo”. Di sicuro una risposta non sta nelle parole che danno il ‘benvenuto’ al campo: “Il lavoro rende liberi (Arbeit macht frei)”. Un crudele inganno, per tantis simi dei suoi sfortunati ospiti. Prova a dare una risposta anche l’assessore alla cultura Paolo Cocchi, durante la cerimonia di commemorazione della liberazione, davanti al Muro della Morte. Accanto al ‘Block 11’, quello dove venne rinchiuso e trovò la morte Massimiliano Kolbe, il frate francescano santificato che si sacrificò per salvare la vita ad un altro internato, il polacco Francesco Gajowniczek. «Come è possibile che sia accaduto tutto ciò? Lo riteniamo ancora oggi inconcepibile, incredibile, davvero difficile da spiegare», si chiede l’assessore. «Possiamo oggi, a stento, comprendere le ragioni di una guerra. Ma ancora oggi trovare il perché alla dimensione di questo sterminio resta difficile. Sei milioni di persone uccise, ognuna con la propria storia. Qui la ragione si ferma e prende un senso diverso». Lo scopo del Treno è non tanto riuscire a rispondere al quesito quanto piuttosto fare in modo che il numero più alto di persone visitino questi luoghi e trasmettere ad altri la memoria di un periodo cupo che non si ripeta mai più. «Vedendo questi luoghi – prosegue Cocchi - possiamo però sapere a cosa può portare un’ideologia di stato. E magari possiamo vaccinarci affinché l’ideologia non sfoci di nuovo nella follia. Questo credo sia il segnale più importante, più che una risposta ai nostri interrogativi. Spero perciò che voi, ragazzi, di fronte ad un coro scandito in uno stadio, di fronte ad un simbolo, possiate capire da che parte stare. Che questa esperienza possa sensibilizzarvi davvero. Le persone sopravvissute a questo inferno sono qui con noi per fare in modo che non si dimentichi». Durante la cerimonia sono state poi lette da alcuni studenti delle preghiere del religioso e poeta Davide Turoldo, una poesia ebraica ed una preghiera in romanè da parte del rappresentante della comunità rom di Firenze Demir Mustafà. In serata alcuni dei testimoni che hanno preso parte al viaggio, insieme ad Ugo Caffaz, hanno partecipato ad una trasmissione trasmessa in diretta da RTV38 dagli studi della tv polacca Tvn.


arbeit mach frei

arbeit mach frei