Non capisco l’ansia di protagonismo del Presidente di ESA, Frangioni, che, nel dare notizia del ricorso alla Magistratura per incamerare i presunti crediti nei confronti dei Comuni, si permette di avanzare censure anziché preoccuparsi del buon funzionamento dell’Azienda che presiede. Infatti l’oggetto del contendere si riferisce in parte a disservizi rispetto ai quali l’Azienda non ha mai accettato un tavolo di confronto per definire le penali dovute a riscontro di fatture emesse. Inoltre ai Comuni viene fatturato l’ammortamento del mutuo per l’acquisto del vecchio impianto del Buraccio e la remunerazione del capitale, non già nella misura pari alle azioni che possediamo, ma nella ben più alta percentuale dei rifiuti conferiti. Ripetutamente ho chiesto che ESA stimasse il valore della società per acquisire la quota ( per Rio Marina il 7%) della società medesima, ovvero per quanto concorriamo a pagare il debito. In sostanza i comuni pagano e la società acquisisce indebitamente il proprio patrimonio. Ma al di la di questi aspetti, di cui si dovrà occupare il Tribunale, ciò che più desta meraviglia è la domanda retorica di Frangioni quando dice che i comuni la TARSU la riscuotono, i cittadini pagano: che fine fanno questi soldi? Qui si sfiora la provocazione dal momento che il Comune si deve sobbarcare sul proprio bilancio oltre il 20% di differenza fra le fatture di ESA e quanto i cittadini pagano. Tutto questo Frangioni lo sa, ma evidentemente preferisce il mestiere del demagogo che mal si concilia con quello di Presidente di un’azienda di servizi, i cui costi incidono per quasi un quarto sui bilanci dei Comuni.
buraccio cancello