La complessa storia di Achille emerge dalla lontana mitologia e si scaraventa nella cronaca per impartire la sua lezione. Per le molteplici ragioni che si possono leggere in un qualunque dizionario enciclopedico (http://it.wikipedia.org/wiki/Achille), appena nato la madre stilò il “Lodo Teti” che rendeva il pargolo invulnerabile, invincibile, spocchioso, invadente, presuntuoso, egoista, “primadonna” pronto a ficcarsi sotto la tenda e offendersi alle legittime e doverose offese che gli venivano indirizzate. Non aveva nessuna voglia di rischiare, per cui preferiva starsene nascosto, travestito da donna, in mezzo ad altre fanciulle che ingravidava regolarmente. Ma il furbo Ulisse, gran maestro della organizzazione creata per impossessarsi di ampi territori, conoscendo il suo debole, lo scovò e gli disse che c’era da combattere per una troia; la cosa eccitò Achille, il quale si armò e partì; ma solo giunto sul posto scoprì l’inganno: non si trattava di combattere per una troia, bensì di rischiare la pelle a Troia. La cosa lo innervosì non poco e se ne andò sotto la tenda. Ma, travestito con le sue armi, si fece ammazzare il suo amante maschietto (perché Achille, dannunzianamente, non disdegnava anche altri piaceri), tale Patroclo, scudiero e stalliere del prode Achille; lo stesso Achille lo elevò al rango di ”eroe” e corse a vendicarlo uccidendo Ettore. Il Lodo Teti funzionava perfettamente: niente e nessuno lo poteva battere, anche perché il pieveloce (così lo chiamavano per la grande velocità con la quale si allontanava dai rischi) sapeva ben proteggersi, mandando avanti i suoi numerosi ammiratori, adusi a fargli da claque quando decideva di apparire in pubblico. Ma il semprefurbo Ulisse maturò una brillante idea per entrare nella città assediata; sottopose tale idea a referendum fra gli assedianti ed ebbe la meglio; fu così che riuscirono a entrare a Troia e riprendersi la ragione del contendere, fin allora ben nota come “quella troia di Elena”, per passare alla storia come “Elena di Troia”. Ma il destino era in agguato; a causa di quel referendum anche Achille dovette entrare in città, armi in pugno; nascosto dietro un anfratto Paride aspettava l’occasione opportuna; vide Achille e lanciò maldestramente una freccia, che mancò il “bersaglio grosso” e andò a conficcarsi in quel tallone rimasto il solo punto mortale. La leggenda si ripete ai nostri giorni, ma ancora non compare nessun Paride, sia pure abilmente mimetizzato. Rosario Amico Roxas Mi pare che ci siamo andati un po' sul pesantuccio con gli appellativi riservati alla signora Elena coniugata Atridi, che magari qualche buona ragione per piantare quel palloso di Menelao ce l'aveva pure. Quanto al parallelo tra il Pelide e il Pelato qualche identità è vero si riscontra: il lodo Teti, l'essere primadonna e circondato di leccaculo e l'essere un inguaribile puttaniere, però poco o nulla di tutto ciò riscontro dal lato dei difensori di ilio. Chi dovrebbe essere il nostro coevo "domatore di cavalli Ettorre"?, Tra i due campioni in lizza, uno è così greppo che mi pare ci azzecchi più coi somari che coi cavalli, l'altro è così latticinoso e svuotato di energia che al massimo può provare a domare i fermenti lattici dello yogurt. Mi spiace, non potremo aggiungere un capitolo all'opera di Plutarco.
omero statua busto