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Controcopertina: Lettera aperta di Tozzi e Zanichelli a Federparchi

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 23 gennaio 2009

Il Presidente del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, Mario Tozzi e il Direttore Franca Zanichelli, prendendo spunto dal documento "I Parchi a misura di futuro" pubblicato sul sito www.parks.it, esprimono di seguito alcune valutazioni per avviare un positivo dibattito all’interno del mondo dei parchi e per far emergere un nuovo slancio ideale e dare concretezza e fiducia all’operato delle Aree protette In riferimento al documento "I Parchi a misura di futuro" adottato dal Consiglio Direttivo di Federparchi e, in vista dell'elaborazione del definitivo documento istituzionale, dedicato alla funzione e all'organizzazione della Federparchi, intendiamo sottoporre alla vostra attenzione alcuni punti critici che andrebbero presi in considerazione e sviluppati adeguatamente. In più di un passaggio del testo di Federparchi si parla ancora di "sfruttamento" delle aree protette: è un termine che, a nostro avviso,va decisamente abbandonato perché introduce un approccio riduttivo e che non vorremmo vedere nei documenti ufficiali, in quanto portatore di una logica pericolosa per la salvaguardia della natura. La parola utile sarebbe “beneficio”. Il richiamo allo sfruttamento delle potenzialità induce sempre l’aspettativa di risposte di tipo economico nei soggetti a vario titolo coinvolti, intossicando in tal modo la crescita di progetti culturali di più ampio respiro. E’ di questo che abbiamo bisogno: la sfida più significativa è la promozione dello sviluppo culturale coltivando l’arte dell’apprendere da grandi per trarre un reale beneficio dalle scelte che si compiono. In tempi di crisi economica, la conservazione della natura ci rimette sempre, nell'ottica incredibilmente miope di considerarla qualcosa di separato da noi. Se non è di tipo economico, una scelta non passa. Ci piacerebbe sottolineare che i parchi sono una parte del Patrimonio del Paese. Sono i gioielli di famiglia, almeno quanto lo sono i monumenti e i capolavori dell’ingegno artistico di questo Paese che un tempo era chiamato il giardino d'Europa. Vorremmo che fosse esplicitato il fatto che, se i parchi portano sviluppo economico va benissimo ma è bene ricordare che ciò si deve al prezioso lavoro di tutti gli uomini e le donne che concorrono a questo scopo. Le risorse e un capace staff operativo sono tuttavia immersi in un contesto locale dal quale dipende la fiducia e la capacità di comprendere e di superare la proiezione antagonista e ipercritica. Il Parco può funzionare realmente se si costruisce una partecipazione culturale locale ad un progetto di portata collettiva. Valutare tutto in termini di introiti è, a nostro avviso, molto pericoloso. Se il Parco è immaginato esclusivamente come azienda, vale il principio che, se non funziona si chiude! La tentazione è di azzerare e di privatizzare per risparmiare! La discussione si focalizza sui costi, irrisori al confronto con altre attività pubbliche, perdendo completamente di vista i valori di cui i parchi sono quotidianamente gli ultimi custodi. Insomma va rafforzato il concetto di tutela del patrimonio naturale, in quanto patrimonio, ricordandoci quanto ha scritto E.Wilson per quanto riguarda la percezione del valore del patrimonio: grande consapevolezza per quello economico, minore comprensione per quello culturale e minima percezione per quello naturale. Questo concetto dovrebbe emergere nel documento. Pur riconoscendo la improrogabilità della conservazione e della difesa della biodiversità e degli equilibri ecologici naturali e pur affermando che "I Parchi sono insomma al centro dell'attenzione generale” (di recente il Congresso mondiale dell'IUCN di Barcellona ha sostenuto che i parchi devono essere potenziati e sostenuti in via prioritaria) nel testo non ravvisiamo alcuna critica alla ben nota posizione del Governo italiano sui provvedimenti per contrastare il riscaldamento globale. A nostro parere bisogna consolidare un fronte di opposizione che respinga con forza una logica di continua diluizione delle scelte di tutela ambientale. Si deve sostenere, con adeguate argomentazioni, la necessità di assumere comportamenti responsabili per mantenere gli impegni presi nell’interesse collettivo del diritto alla salute, alla qualità della vita, come dovere primario di chi governa. Va ancora rafforzato il concetto che i Parchi sono da considerare “custodi del territorio”, sottolineando che ovunque si riscontri un maggiore degrado ambientale al di fuori dei confini delle aree protette, ciò non è altro che il risultato positivo di un controllo efficace attuato all’interno. Allora dobbiamo noi stessi smettere di dire che “occorre sburocratizzare i parchi” Diciamolo nel modo più corretto. Come si può attuare una reale custodia quotidiana quale risposta concreta all’erosione della biodiversità? Come consideriamo il fallimento del Countdown 2010? I parchi hanno norme e indirizzi da applicare al pari di tanti altri Enti che utilizzano regole e norme di pianificazione. Tutti gli Enti locali adottano misure per rendere organiche le decisioni assunte per far coesistere le pluralità di interessi in un’ottica di comunità. Tale principio non deve forse valere per i parchi? Come si potrebbe attuare una efficace custodia quotidiana del territorio senza la produzione di pareri di conformità e nulla osta tesi ad arginare le pressioni di uso del suolo? Si tratta di condizioni spesso molto problematiche, sospinte talvolta da amministrazioni locali in balia di poteri forti che stanno con un piede nel Parco (faccia propositiva) e con l’altro fuori (faccia rivendicativa). Tutti ne sono consapevoli, ma è un vero tabù parlarne. Non si fa mai riferimento alla gravosa azione di gestione ordinaria e si banalizza la complessità procedurale, invocando la sburocratizzazione. Anche in questo documento si usa questa scorciatoia. Sarebbe stato molto più interessante lavorare al concetto del miglioramento della funzionalità decisionale messa in atto attraverso procedure come lo sportello unico, le conferenze di servizi, ecc oppure porre l’accento sul miglioramento delle azioni di coordinamento ministeriale. C’è poi il tema apertura alle privatizzazioni. Il ricorso alle risorse economiche private è già ampiamente sperimentato dalle aree protette più mature. Ci piacerebbe sottolineare che da tempo molti parchi si appoggiano a sponsorship private per dar vita a singole iniziative e eventi o per restauri del proprio patrimonio. Una privatizzazione degli Enti parco è impensabile perché significherebbe affondare tutti quei valori di cui i parchi sono strenui difensori, forzandoli a diventare solo soggetti di mercato, di cui viene valutata solo la convenienza rischiando la mercificazione dell'ambiente al servizio di cordate di interessi. Se poi cerchiamo di visualizzare cosa significhi nella sostanza un parco privatizzato, basta fare un minimo di conti. Nella cattiva sorte (la “natura maligna” è una facile immagine cui attribuire tutte le colpe) si possono verificare gravi problemi quali frane, straripamenti, incendi, ecc. Il valore economico dell’area diminuisce repentinamente ed è necessario perciò drenare risorse per aggiustare, riqualificare, ecc. Chi paga? E se non si trova denaro, si chiude? Se non riesce a fare reddito, il Parco si estingue come se fosse un esercizio in perdita perché non genera profitto? Dato che i parchi sono stati istituiti su basi scientifiche, mediante processi di analisi del territorio, attraverso i quali sono stati formulati appropriati progetti di tutela (in quanto Enti che possono mettere in atto idonei provvedimenti per ottenere il mantenimento dei valori naturalistici) come si può minare la loro esistenza solo perché mancano i guadagni? Proviamo ad usare lo stesso ragionamento per un museo o un monumento. Il Colosseo, eventualmente privatizzato, fosse trasformato in albergo e di conseguenza non dovesse garantire profitto ai concessionari che ne sarebbe? Un altro punto di cui non si fa menzione è la denigrazione associata agli esiti delle presunte verifiche ispettive messe in atto come visite collaborative, nelle quali si è vista un’ostilità a priori con accuse di poltronificio. Senza accertare correttamente compensi e spese degli amministratori, si persiste nel concetto della “sburocratizzazione”, quindi del taglio di personale che è supporto indispensabile per il funzionamento degli Enti. Bisogna dirlo: i parchi, a differenza di altre Istituzioni, sono condotti da amministratori che partecipano ai lavori dell’Ente quasi a titolo di volontariato, hanno meno personale rispetto alle loro esigenze di funzionamento, hanno insufficienze di tecnici e talvolta addirittura mancano di direttore. E’ necessario trovare nuovo slancio al rilancio delle aree protette, mentre il tono del documento ci appare sommesso. La Federparchi non esprime in questo documento una volontà di osare impegnandosi a recuperare una stagione troppo defilata per non aver espresso posizioni nette e dirette a fronte di un momento di grande difficoltà per i parchi e per l'ambiente in generale. In definitiva, davanti agli attacchi dei partiti al sistema delle aree protette ci sembra improcrastinabile una radicale riforma dell'Associazione delle Aree Protette italiane perché si rafforzi e acquisti nuova autorevolezza. Non si tratta di fare estremismi di un colore invece che un altro, ma di ottenere risultati su un tema trasversale: la difesa dell'ambiente, che non avrebbe bisogno di mediazioni o di etichette per essere considerato prioritario. Federparchi deve premere affinché questa priorità, oggi sancita e confermata dalla scienza, non dalla politica, costituisca una parola d’ordine per affermare il proprio ruolo, anche alzando la voce dove necessario. Riconosciamo a Federparchi il merito di avere fatto comprendere l’importanza dei parchi anche a forze politiche che prima si dimostravano ostili o disinteressate, ma questo ora non basta più: è arrivato il momento di fare un salto di qualità. E' urgente il rilancio dei parchi e della loro federazione per affrontare con strumenti efficaci un momento di grandi difficoltà economiche, logistiche e culturali. Infine si sottolinea che invocare il ricorso ai percorsi di Agenda 21 come luogo per far emergere istanze e aspettative è una prospettiva molto parziale rispetto al quadro delle relazioni da sviluppare per supportare questi Enti. Ad ogni buon conto abbiamo espresso una concreta aspettativa di crescita del ruolo della Federazione in quanto soggetto rappresentativo della pluralità degli Enti. Un soggetto che deve potersi imporre con funzione di leadership carismatica sugli associati, che deve promuovere con più determinazione momenti di confronto nel quadro operativo strategico, che deve essere in grado di indurre l’aggregazione e lo scambio tra le figure che operano negli Enti e che deve sapere interagire con forza nel quadro delle relazioni di rango ministeriale.


portoferraio tramonto rosso panorama

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