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Controcopertina: Ragionando con Lorenzo

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 11 gennaio 2009

In questi giorni sono stato colpito da due frasi attribuibili, presumibilmente, l’una all’amico Fabrizio Prianti e l’altra al compagno Sergio Rossi. Scorrendo la prima ho avuto la sensazione di una popolazione elbana che collettivamente vive, e accetta, una sorta di passiva fatalità. Nell’altra si ricorda, poeticamente, un passato che non c’è più, ma si ha l’impressione di una comunità che oggi, al contrario, si caratterizza per l’inospitalità e l’intolleranza verso l’altro, il differente. Questo è quanto riportato nel sottotitolo di www.camminando.org «…vogliamo vivere la nostra isola, ma inconsapevolmente scivoliamo senza sosta verso l’assistenzialismo mentale, incapaci di reagire, contestare, andare controcorrente…». Mentre, nell’articolo di www.elbareport.it si dice «…rappresentavano un ponte col migliore passato dell'Elba, quello dell'Isola accogliente e tollerante nella quale si immigrava individualmente o a frotte e che era per tutti nuova terra madre, supplente e non matrigna… Un posto dove cattolici, protestanti e non credenti potevano lavorare da fratelli...». Io, e credo di non essere il solo, sono orgoglioso di vivere all’Isola d’Elba per la sua storia, la sua cultura, i suoi beni naturali. Sono compiaciuto della nostra identità: l’andare controcorrente, l'essere accoglienti e rispettosi di tutti gli altri, indipendentemente dal colore della loro pelle, dalla lingua parlata, dalla religione praticata, ecc. E incazzarsi quand'è necessario. L’Elba, fra l’altro, dispone di talenti e di bellezze davvero uniche che sono la chiave per affrontare le sfide del futuro. Lorenzo Marchetti Temo caro Lorenzo (e neanche io lo temo da solo), che di quelle antiche "virtù" se mi consenti tutte riconducibili a concetti quali la fratellanza, l'operosità e la sacralità del lavoro, oltre che della solidarietà sociale, valori tutti riconducibili all'etica di cattolici e protestanti come di anarchici e comunisti, nell'Isola che viviamo ci sia rimasto ben poco, per cui pure io mi ritrovo ad essere orgoglio delle radici di una buona pianta che trascurata non potata e non nutrita attualmente fruttifica male, anzi peggio. La "qualità" media della nostra accoglienza lascia a desiderare ma non perché sia espletata in modo "simpaticamente rustico", gli utenti sanno perfettamente distinguere (e ce lo fanno vedere un anno dopo l'altro) tra folklore e pura ignoranza, strafottezza (e spesso esosità). Idem dicasi la classe degli amministratori-politici, che magari fosse una "casta" e non la "casticchia" che risulta dallo svuotamento (non solo in termini numerici) dei partiti che non formano più nessuno e che si limitano a pescare dalla cosiddetta "società civile" personaggi di dubbio spessore (e molto spesso dai dubbi interessi e motivazioni) riverniciandoli con incerti esiti come "guide" amministrative r/o politiche. Vedi Lorenzo io sono pessimista, credendo di trovarmi al cospetto di una classe dirigente isolana complessivamente di pessima qualità, ma non lo sono del tutto perché credo appunto che le radici culturali di questa pianta potra tornare a fruttificare bene, dopo le opportune "potature" che, se non gli isolani stessi saranno la storia, il mercato, l'economia a dare (sono sempre stato convinto che le crisi non vengono solo per nuocere). Fatalista non mi sento, se lo fossi me ne andrei al giardino a far giocare i nipoti o a pescare o meglio ancora farei scendere l'altezza dei libri in attesa sul mio comodino, e non starei qui una notte dopo l'altra (gratuitamente) a confezionare un giornale (criticabile, amato, odiato, comunque "pesante") senza badare troppo a chi raccoglierà i frutti di questa micidiale fatica. Mi tiene in piedi l'etica di quello che fu il Partito Comunista Italiano, dove ho imparato che non è rivoluzionario il coglioncello piccolo-borghese che chiede tutto, subito, comunque, spesso senza sapere neppure cosa vuole, di che tratta, di che parla. Rivoluzionario non è Amleto che rimane indeciso, rivoluzionario è chi comunque decide di resistere agli strali dell'avversa fortuna, rivoluzionario è il contadino che pota basso la pianta malandata, magari pure privandosi del poco che attualmentegli dà, ma contando che tornerà da dare buoni frutti, per lui o per chi verrà dopo.


pero fiorito albero

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