Negli ultimi giorni due elbani ci hanno lasciato, erano tra di loro profondamente diversi, per collocazione geografica, attività, indole e perfino fede religiosa. Ma tanto Andrea Nomellini quanto Fulvio Acinelli rappresentavano un ponte col migliore passato dell'Elba, quello dell'Isola accogliente e tollerante nella quale si immigrava individualmente o a frotte e che era per tutti nuova terra madre, supplente e non matrigna, un posto dove si poteva respirare boccate d'aria profumate di mosto e/o di salmastro, dove si poteva trovare seduto in riva al mare, quasi confuso tra i pescatori che tiravano uno sciabichello in secco, un Plinio Nomellini puntiglioso "pointilliste" o un Paul Klee intento a schizzare le linee-essenza di Portoferraio. Un posto dove cattolici, protestanti e non credenti potevano lavorare da fratelli ".. dai campi al mare, alla miniera. Lasciamo che ce li ricordino, questi due elbani, Luigi Totaro e Lorenzo Marchetti. Andrea Nomellini se ne è andato nel modo discreto con cui aveva vissuto. Era un amico semplice e lieto, benvoluto da tutti, affettuoso e generoso. Disponibile allo scherzo amicale –nelle interminabili partite a carte nel bar di Sant’Ilario, quando la presa in giro finisce per essere il fine unico del gioco–, mai l’ho visto adombrarsi, mai inquietarsi. Ma non era solo questo: si interessava alle persone e alle loro vicende, curioso ma capace di discrezione e discernimento. E se la sua semplicità lo faceva essere sempre ‘alla mano’, come si dice, non dimenticava d’essere nipote di Plinio Nomellini, il grande pittore ‘divisionista’, del quale seguiva le numerose mostre organizzate dalla sorella, e collezionava le pubblicazioni. Anche suo padre era pittore, e aveva insegnato all’Accademia di Belle arti di Firenze. Alle memorie collegate alla famiglia –il nonno Plinio costruì una delle prime ville sul lungomare di Marina di Campo, dove trascorreva lunghe vacanze– Andrea era molto legato, con giusto e misurato orgoglio. Lo prendevamo in giro per essere solo un bravo e richiesto decoratore, lui figlio e nipote di artisti. La natura non gli aveva consegnato l’arte della pittura come ai suoi maggiori, ma sicuramente gli aveva donato l’arte del ben vivere, che lo ha accompagnato, accanto alla sua sposa, fino all’ultimo giorno, permettendogli di lasciare a tutti coloro che lo hanno conosciuto e ai molti che lo hanno amato un dolce ricordo. Luigi Totaro Fulvio Acinelli: i numeri della fede e quelli della politica. A me piace ricordarlo così Il giorno dell’Epifania nel Tempio Valdese di Rio Marina abbiamo reso l'estremo saluto a Fulvio Acinelli, classe 1915, comandante marittimo in pensione, e ultimo rappresentante di quelle famiglie che nel 1853 diedero vita alla presenza protestante all’Isola d’Elba. Toccante il sermone del Pastore Klaus. Le ali della memoria mi hanno riportato indietro nel tempo. Venti anni fa discutevamo della trasformazione del PCI in PDS. Io ero riluttante. Fulvio, con poche parole (com'era nel suo stile), mi disse come fosse indispensabile distinguere fra fede e politica: «Vedi, io appartengo alla Chiesa Valdese, siamo in pochi, però dove sono due o tre riuniti nel Suo nome, Lui è in mezzo a loro. Ma un partito è tutt’altra cosa, ha bisogno di gente, di tanti voti. Per questo bisogna cambiare. Solo così si può rendere migliore questa società». Questo era Fulvio. Io, nel corso degli anni, ho fatto tesoro di quel ragionamento. Grazie Fulvio. Mi stringo al dolore di Tina, Giorgio, Giacomo, Andrea e di tutta la Comunità Valdese, e questo sicuro d'interpretare anche il sentimento di altri compagni, Lorenzo Lorenzo Marchetti
Paul Klee città su due colline