Caro Sergio, l’altro giorno chiudevi un tuo saluto a un amico che non c’è più affermando: “ti dico solo, pure se all’esistenza dell’anima non credo, che ti sei portato via un pezzo della mia anima. Ciao Teo”. Mi sono trovato a riflettere a questa faccenda del credere o meno all’esistenza dell’anima, e alla contraddizione logica cui hai affidato la tua commozione. Perché “esistenza” o no (mi importa pochissimo addentrarmi nell’argomento), intanto l’“anima” è una “presenza” forte nel linguaggio con cui spieghiamo aspetti complessi della nostra vita, e quindi una presenza nella nostra vita stessa, e da tempi remotissimi. Mi sono rammentato il passo biblico sulla creazione: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen. 1, 27); “allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gen. 2, 7). L’antico scrittore (Mosè, per la tradizione) sottolinea il momento in cui l’uomo “polvere del suolo” diviene “essere vivente”, simile e somigliante a Dio, quando Dio stesso “soffia” nelle sue radici l’“alito di vita”. Eccoci. L’“anima”, dunque, è il soffio di Dio, il respiro di Dio. ‘Anemos’, in greco, è il soffio del vento; ‘animus’, in latino, è il soffio vitale, il respiro, lo ‘spiritus’; quando l’uomo “lascia” la vita, “spira”, “rende l’anima a Dio” (restituisce a Dio il suo respiro vitale, perché torni a essere respiro cosmico); e per accertarsi della morte avvenuta, un tempo si avvicinava alle labbra una candela, per vedere se il respiro ne muoveva o meno la fiammella. Dunque l’“anima” appare essere il principio vitale trasmesso da Dio all’uomo come si fa con il respiro insufflato nel corpo inerte del tramortito, per “ri-animarlo”, per fargli prendere il respiro, “tirargli su lo spirito”. L’“anima” è il respiro vitale di Dio donato all’uomo per amore (“Spirito santo, amore”, recita la liturgia), che così diviene vivo, simile e somigliante a Dio perché respira col respiro di Dio. Trovo molto bella questa immagine della creazione, questo Dio che si china sul simulacro di se stesso fabbricato di polvere, e lo “anima” con il suo respiro, quasi un bacio d’amore casto e pur vitale, un gesto d’amore che inaugura la storia umana. Questa immagine, descritta dall’antico ebreo che attraversa il deserto della sua vita, intanto ci dice del suo Dio che è vita generatrice di vita, amore generatore d’amore, respiro capace di generare respiro. Perciò si adira quando, scendendo dal Sinai, vede i suoi compagni di viaggio proclamare che Dio è una statua d’oro: cioè un oggetto sterile, addirittura incorruttibile nella sua inerzia essenziale, capace di rappresentare la potenza, il potere, la ricchezza che tutto può comprare, ma assolutamente privo di vita e incapace di trasmettere vita (“dai diamanti non nasce niente”, dirà poi il Poeta). Il rapporto privilegiato che Dio ha stabilito con l’uomo è proprio questo, e questo il legame che ha con lui: “Egli ha in mano l’anima di ogni vivente e il soffio d’ogni carne umana” (Gb. 12, 10); “Pensavo: parlerà l’età e i canuti insegneranno la sapienza. Ma certo essa è un soffio nell’uomo; l’ispirazione dell’Onnipotente lo fa intelligente” (Gb. 32, 7-8). E non si può dimenticare “il suono come di vento che soffia impetuoso” e riempie la casa dove gli apostoli si trovano a celebrare la Pentecoste, “sicché tutti furono ripieni dello Spirito Santo e incominciarono a parlare lingue diverse, secondo che lo Spirito Santo dava a essi di esprimersi” (At. 2, 2-4): il misterioso dono –che affascinò il Manzoni− di parlare senza ambiguità, in modo che ogni ascoltatore, capendo “nella sua lingua”, possa ricevere a sua volta il respiro di Dio. Sono una cinquantina i passi della Scrittura che consolidano questa idea. Ma anche la letteratura ‘profana’ la richiama, sempre collegandola al dono divino della vita. Per tutti ricorderei il celeberrimo sonetto di Dante, “Tanto gentile e tanto onesta pare”, laddove il Poeta dice: “E par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare / <…> E par che de le sue labbia si mova / uno spirito soave pien d’amore / che va dicendo a l’anima: sospira”. La donna, dono inviato dal cielo “a miracol mostrare”, muove dalle sue labbra uno “spirito”, un respiro soave pien d’amore, che induce il respiro dell’amato a farsi più pieno e commosso (se non è un bacio questo…!), in qualche modo ripetendo l’atto creativo di Dio. Quante canzoni antiche e moderne ricordano, ancora in questo senso, l’anima, sempre collegandone l’idea all’amore, al respiro, al bacio vitale! Come vedi, la presenza dell’anima nella nostra mente e nel nostro “discorso” è costante e vitale; e nel senso “spirituale” che abbiamo definito è anche difficile, se vogliamo, dubitare della sua esistenza. I problemi nascono quando le si dà un senso materiale, come talvolta fanno i teologi (e anche Dante delle “Commedia”), sempre gli spiritisti, di necessità coloro che giocano con i fantasmi (gli “spiriti”, appunto): ma quello è il campo della gestione della vita, delle vite (altrui), delle norme e delle regole che la vita disciplinano o vorrebbero disciplinare. A me –“ateo, grazie a Dio”, come diceva Luis Bunuel− interessa poco. Resto affezionato a questa immagine, con cui l’antico scrittore si è spiegato la nostra origine, di Dio chino con amore sull’uomo ancora imbambolato −modello e invito per ogni uomo a piegarsi sul suo “prossimo”, a scorgere in lui l’impalpabile “presenza” di quel soffio vitale, e in virtù di quella a “rianimarlo”, a donargli amore−; che scende dalle stelle e si pone al livello della sua creatura per dargli la vita con il suo respiro soffiato nel naso: solo perché Dio non aveva la bocca, se no gliela dava con un bacio.
la creazione bassorilievo