Caro Teo, mi hai fatto l'ultimo scherzo: approfittando delle bufere, delle notizie "importanti", delle linee che non mi funzionavano e della mia quasi proverbiale distrazione, quella per cui mi prendevi per il culo al bar roma, quando dopo aver pagato alla cassa a Gigi, mi mettevo nella tasca ladra della giacca il tovagliolino di carta unto del tramezzino e buttavo nel cestino il portafoglio o arrivavo con ai piedi uno stivaletto e un mocassino, approfittando di tutto ciò mi hai fatto credere che te ne stavi ancora bello tranquillo sotto le Apuane, mentre invece te ne eri andato alla zitta. Sulla tua dipartita ci avevamo scherzato diverse volte, immaginando la tua lapide con il "Qui riposa chi ha sempre riposato", o quando Massimo Scelza ipotizzò che ti avremmo inumato nella nicchia della "sala televisione" lato mare, in piedi ed esposto ai fedeli, ipotizzando pure il periodico ripetersi di un miracolo decisamente osé, così come si può parlare di un evento impossibile, fuori di ogni logica per considerarlo come ipotesi credibile. Invece è successo e sono così tanti i ricordi che ho, tutti o quasi legati al tuo regale "stare" al bar roma, che il flusso si intasa, le dita mi si paralizzano sulla tastiera. Emerge solo il più lontano dei ricordi, quando ti scoprii (indovina dove) dal basso dei miei sette anni, costatando sbalordito che a Portoferraio c'era uno perfino un po' più alto e un po' più grosso di Tardò che mi portava per mano tutto fiero alla mia "prima" al bar. E "Tardò" avresti sempre chiamato anche me, incominciasti allora dandomi una affettuosa strapazzata con quelle pale di mani, come avresti continuato a fare anche quando non ero più un gingillino. In questi casi è facile, Teo, cadere nel luogo comune, del "pezzo di storia che se ne va", ti dico solo, pure se all'esistenza dell'anima non credo, che ti sei portato via un pezzo della mia anima. Ciao Teo
Bar Roma Portoferraio