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A Sciambere di Cimabue

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 05 dicembre 2008

Tra i nostri ricordi più vivi di un tempo lontano c’è un antico “carosello” promozionale di una mistura assolutamente improponibile: Dom Bairo l’Uvamaro, capace di farti rimpiangere anche l’antico “aleatico (si fa per dire) bastonato”, spacciato ai milanesi per decine di anni. Il raccontino a cartoni animati era incentrato sulle imprese di un fraticello decisamente pasticcione, imbranato come una foca (monaca) chiamato “Fra’ Cimabue (che se una cosa fa ne sbaglia due)”. Costui dopo aver combinato una serie di casini reagiva alle proteste ed alle reprimende degli altri frati con una formula fissa, minimizzante e serafica: “Eh che cagnara! Sbagliando s’impara”. Ma evidentemente Cimabue non traeva mai positiva esperienza dalle sue avventure, perché continuava a far disastri. Orbene oggi sistemando per l’ennesima volta in apertura di giornale la cronaca di un “pasticcio marinese” c’è venuto di pensare: “Ma possibile che questi, che devono amministrare un comune che su una carta geografica d’Italia risulta esteso come una cacatina di mosca, che dopo Ghilarza è per territorio il più ristretto d’italia, e che ha un numero di abitanti evacuabile con un viaggio di un vapore (nemmeno tanto grosso), riescano a stampare tutti giorni un casino novo? ma chi so’, Cimabue?”


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