In quella stipata classe terza elementare fruivo di una maestra unica e pre-montessoriana (che peraltro mi aveva impedito di scrivere con la sinistra perché era "la mano del diavolo"), mi fu affibbiato ad anno iniziato un compagno di banco che all'appello veniva chiamato sempre con i suoi due cognomi. Era figlio di qualche temporanea autorità locale, probabilmente militare e ci misi 10 minuti a capire come poteva essere inquadrato e cioè come un immenso rompicoglioni, dispettoso, prepotente, bugiardo, copione, spia e rofiano (ruffiano per gli italici) della maestra, odiato da tutti i figli del proletariato colà raccolti. Si divertiva a buttarmi a terra la cartella e la penna, mi macchiava deliberatamente quaderni e grembiule con l'inchiostro, mi "pillottava" con un dito tra una costola e l'altra. Essendo di indole piuttosto tranquilla tendevo solo a difendermi e a limitare i danni, pure perché si era visto immediatamente che la maestra, tra il figlio del pozzaiolo cavatore Tardò e il figlio dell'ufficiale (e di quella signora che spesso si tratteneva in classe con lei a chiacchierare), non era molto imparziale. Ma un giorno quell'essere me la fece proprio grossa, piantandomi nel dorso della mano appoggiata al banco l'acuminato pennino che inzuppavamo nell'inchiostro per scrivere. Avvertii un dolore lancinante che rivegliò di colpo i cromosomi cavatori cazzottatori di casa e i suoi due cognomi sotto la spinta del volatone ferajese, precipitonno di culo sul pavimento, tra le tifose risate di classe, il lamento da chiappa contusa, e tra le forti strida della educatrice che ovviamente punì adeguatamente l'episodio, facendo sospendere me e indultando la lieve colpa del suo cocchetto. Ieri sera vedendo Capezzone (ex radicale ora famiglio del berlusca) impegnato nel suo incivile, provocatorio, idiota show, against Marco Travaglio, sono stato all'improvviso folgorato, ho capito perché, ben prima che costui vendesse i suoi servigi a Re Piporitto, provassi un inspiegabile istintivo senso di repulsione appena si parava l'imago sua innanzi alle viridescenti mie luci. Fatte le debite proporzioni stesso sorrisetto ebete da saponetta, stessi capelli leccati da una mucca, stessa "cara de mosca muerta" (faccia da mosca morta)dicono gli ispanici, stessa odiosa petulanza, di Conti Sprovieri o Ponti Gualtieri o Fonti Prodieri o come diavolo si chiamava la carognetta del mio tempo che fu (non bellissimo che all'epoca passavano bassi). E una grande tristezza mi ha subito pervaso con la certezza che quel giovin signore che è Marco Travaglio (che veniva offeso e provocato in modo osceno dal raccattascorregge prezzolato di sua maestà) non si sarebbe mai alzato per fargli il battuto che si meritava, neppure se per miracolo avessero entrambi avuto il grembiule nero e il fiocco azzurro. E ho quasi pianto.
Travaglio dito