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Perché la protesta della scuola non può essere portata avanti solo dagli studenti medi

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 04 novembre 2008

E’ notizia di poche ore fa che il governo abbia deciso di rinviare il decreto sull’università e che abbia scelto la strada del disegno di legge discusso in parlamento con le altre forze politiche. E’ un fatto, dunque, che le proteste e le mobilitazioni dei giorni scorsi abbiano dato un segnale positivo, incidendo e modificando le linee delle politiche sull’istruzione universitaria. Ma se il richiamo ad un discorso unitario sull’università e la ricerca pare essere accolto dal governo, per quale motivo lo stesso principio non è stato applicato al decreto 137 che reintroduce il maestro unico nella scuola primaria? Sembra che, alla fine, l’unico settore dell’istruzione sul quale non è stato necessario dibattere a lungo e in modo condiviso sia proprio la scuola dell’obbligo. A conti fatti, sembra che sia soltanto il sistema-scuola a subire le decisioni unilaterali e le “urgenze finanziarie” dei taglia alla spesa. Ma perché? Eppure la protesta è partita proprio dalla scuola primaria? Eppure il legame più sentito, le preoccupazioni più forti dell’opinione pubblica, delle famiglie e dei docenti erano legate al ritorno ad una didattica anni ’50, alla riduzione del tempo scuola a 24 ore settimanali, alla reintroduzione di un maestro tuttologo quando la contemporaneità determina invece una sempre maggiore specializzazione dei saperi? Quale è il motivo principale dunque? La colpa maggiore, penso, è da ricercare nel comportamento dei sindacati confederali e nell’amorfismo del corpo docente. Esemplare è la mancanza generalizzata dei rappresentati sindacali e degli insegnanti nelle trasmissione televisive di approfondimento politico che hanno trattato il tema della scuola in queste settimane. Da “Anno zero” a “Ballarò” non c’è stato mai un ospite in studio che fosse un lavoratore o una lavoratrice del mondo scolastico. Mai un “addetto ai lavori” che portasse una conoscenza specifica e approfondita delle ricadute “oggettive” che il Piano Programmatico della ministra Gelmini andrà a determinare nei prossimi anni. Ospiti erano invece: politici, giornalisti, genitori e studenti. E’ evidente dunque che il copro docente di questo paese non è riuscito a ritagliare, all’interno dell’immaginario dell’opinione pubblica, un suo spazio definito e omogeneo, non ha saputo essere rappresentabile, è stato incapace di descriversi come categoria lavoratrice unita, con degli obiettivi comuni, delle strategie, un’idea di scuola forte e, soprattutto, non è stato in grado di rivendicare e difendere i propri diritti di professionisti della conoscenza. Di fronte ad un taglio di quasi novantamila posti di lavoro, il corpo docente pare inabile a difendersi, a trovare la strada giusta per la tutela del proprio lavoro. Sembra piuttosto una categoria divisa, disomogenea, individualista, rassegnata e fatalista. Un universo lavorativo dove si può, e così difatti stanno facendo, tagliare senza troppe preoccupazioni, senza troppi riguardi, con la convinzione di avere a che fare con un corpo molle, abituato ad essere battuto, sconfitto e umiliato. L’altra colpa, più profonda e consapevole, è quella dei sindacati confederali. I sindacati, rappresentanti dei diritti e degli interessi dei lavoratori, hanno adottato una strategia di lotta incomprensibile. Hanno indetto uno sciopero generale contro il decreto Gelmini all’indomani della sua approvazione. Il decreto, presentato agli inizi di settembre, doveva rispettare il termine del 31 ottobre per poter essere convertito in legge. Oltre non si poteva andare. I sindacati confederali, con lungimiranza e astuzia strategica, hanno indetto lo sciopero al termine dei tempi legali. Non in ritardo, ma direttamente “a babbo morto”. Quando ormai non sarebbe servito a nulla. Il corto circuito che si è creato è tra docenti disinteressati, delusi e rassegnati e un sindacato che, attraverso scelte intempestive, incomprensibili e perdenti, alimenta l’amorfismo negativo dei lavoratori della scuola. Post Scriptum: per tutti i lavoratori e le lavoratrici dell'universo scolastico che non si sono ancora rassegnati a perdere il posto i lavoro e a vedere destrutturata dalle fondamente la scuola pubblica, ricordo l'appuntamento dell'Assemblea di Mercoledì 5 novembre presso la sala della Provincia di Livorno, Portoferraio, dalle 17:00 alle 19:00.


manifestazione studenti

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