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A Sciambere della non discesa in Campo e delle discese nell'orto

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 23 ottobre 2008

Gent.mo Direttore seguo il suo lavoro su Elbareport con interesse e riconoscenza per la possibilità di crescita e di dibattito che lei ci offre. Sinceramente devo ammettere che non sono quasi mai d'accordo con gli articoli da lei firmati, ma mi piace leggerla e ormai mi sono affezionato al suo stile e ai suoi punti di vista, anche nei confronti del sottoscritto. Su una cosa comunque siamo d'accordo: io non sono adatto a fare il Politico e infatti non ho nessuna intenzione di candidarmi in qualche lista. All'Elba i politici sono già troppi, e alcuni sono di qualità, ci sono anche dei Sindaci che sono stati rieletti in modo plebiscitario. Inoltre conosco varie persone che hanno dimostrato grande capacità e se entrassero in politica farebbero molto bene. Non vedo dunque perchè debba candidarmi io che non ho ne la vocazione ne l'esperienza, ne il tempo. Io vorrei continuare a svolgere il mio ruolo di imprenditore, segnalando i problemi con cui tutti i giorni gli imprenditori dell'isola si scontrano inevitabilmente. Il primo problema è la frammentazione amministrativa, ma anche su questo argomento credo che siamo d'accordo, visto che lei ci è arrivato molto prima di me. Sul Parco stendo un velo pietoso e temo che continueremo a pensarla diversamente, ma mi creda: esistono modi più efficaci ed economici per proteggere la Natura e valorizzare la nostra terra che continuare a costruire apparati politici e burocratici, governati dall'esterno. A questo proposito vorrei ringraziare il Comandante Busdraghi e tutta la Capitaneria che ha dimostrato con i fatti grande efficenza e determinazione nella tutela del nostro mare. Concludo con una preghiera: mi aiuti a chiarire a tutti, anche a Beneforti, che non sto... "scendendo in Campo". Grazie. Cordiali saluti Marco Mantovani Ringraziandola per le buone parole, prendo atto di quanto afferma, trovandolo saggio e citando Roberto Saviano "questo Paese si salva se tutti fanno bene il loro mestiere ed il loro dovere". Giro la notizia a quegli scapestrati ambosessi che irriverentemente usano fotovignettare su questo giornale, facendole comunque presente che, visto la frequenza con la quale la si è invocata come Uomo della Provvidenza in salsa campese era più che umano cadere in errore. Mi permetta però, dopo aver notato che almeno su un'altro punto c'è vicinanza tra quanto ha scritto e quello che penso (vale a dire la dannosità di una portualizzazione turistica massiccia), di ragionare su un concetto che pone anche in questa sua ultima: quello della "colonizzazione politico-decisionale esterna". Orbene qualche tempo fa un mio amico decisamente incline a farsi rapire dal fascino muliebre, tanto da meritare la cittadinanza onoraria di una tribù "Arrapaho", fu apostrofato da un più anziano compagno di lavoro che, riferendosi alla grazia (davvero notevole) della legittima consorte dell'inseguitore di gonnelle, gli disse: "Tonto, zappeti il tuo d'orto, sennò te lo zappeno l'altri". Come dire che se gli elbani non fanno politica seriamente, che significa stare (a destra come a sinistra) al pezzo un giorno sì e l'altro pure, e non svegliarsi, magari spinti da qualche ambizioncella, solo a ridosso delle elezioni, la politica e le scelte qualcuno le farà per loro, e poiché l'orto elbano ha terra ricca, i volontari zappatori non mancheranno. Sul Parco continueremo a pensarla in modo diametralmente opposto, ma la invito a considerare una cosa: gli organi di governo del parco (oltre il presidente) sono due: il direttivo e la Comunità del Parco, a questa ultima la legge affida compiti molto importanti di indirizzo, oltre che la nota funzione di eleggere la componente degli enti locali nel direttivo. Siamo sicuri che questi compiti siano stati assolti e come? La realtà, caro Mantovani (io sono molto meno ottimista di lei) è che anche in questo settore l'Elba paga il suo deficit di classe dirigente, come dire che oltre ad avere poca voglia di zappare l'orto, ci mancano pure le zappe. E se non facciamo in fretta a forgiarle saremo sempre più tragicamente dipendenti da attrezzati zappatori esterni. La saluto cordialmente


zappa

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